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DALL’EMBLEMA AL RITRATTO:
È una tela, un dipinto. È un’impresa in cui è rappresentato un leone, con alcune frecce che cercano
di colpirlo. Il motto, che è espresso nel cartiglio in alto (DANT VULNERA VIRES), fa in modo che si
interpreti quello che vi è rappresentato: “le ferite inferte da quelle frecce danno forza”, cioè
rendono più forte la risposta. La parte sottostante è una parte scritta e c’è il nome IOSEPH
PELOSIUS CONVICTOR ACADEMIAE PRINCEPS EMERITUS, 1739: “Giuseppe Pelosi convittore,
Maria Concetta Carugno Pag. 30
principe emerito dell’accademia, 1739”. È un elemento ulteriore rispetto agli esempi visti fino ad
ora: mentre nelle immagini precedenti avevamo dei quadri anonimi, qui, abbiamo un’immagine
eloquente che è riferita esplicitamente ad una persona, è riferita ad un soggetto in carne ed ossa
perché questo Giuseppe Pelosi è uno studente che, avendo vinto la gara, viene proclamato
“princeps academiae”, cioè vincitore e il premio della vittoria è questa impresa: gli viene dedicata
un’impresa dipinta (questo è un quadro).
La chiave di lettura di questa forma impresistica è una sorta di autorappresentazione perché il
soggetto che è qui rappresentato in una forma simbolica è ciò che è scritto, è il soggetto che è lì
indicato. Chi ha ideato questa immagine (che non sappiamo chi è perché questa immagine non è
firmata) ha attinto dalla gran quantità di informazioni, di quei repertori di immagini e di detti che
facevano parte della cultura comune e nello stesso tempo li ha uniti per ideare un’immagine
parlante del soggetto, cioè di costui che ha vinto la gara e che è stato nominato princeps
academiae.
È un’immagine che ha i medesimi elementi dell’opera precedente. In questo caso è evidente che il
quadro è dedicato al soggetto rappresentato perché c’è la sua effige. Nella parte superiore
abbiamo il nome del soggetto e il nome in accademia. Ritrae un giovanissimo Giuseppe Prina che
negli anni del regno napoleonico fu il ministro delle finanze del regno italico.
Si tratta di una riproduzione accademica di questo giovane studente il quale viene rappresentato
con gli abiti propri del suo ceto e con alcuni elementi distintivi e con in mano una cetra, segno
della sua particolare abilità nella musica.
Ci troviamo di fronte a due modalità di esprimere un medesimo soggetto che è il soggetto
nominato. La finalità è la stessa: è la rappresentazione di una virtù; il contenuto è lo stesso. Nel
primo caso, è espresso simbolicamente, attraverso quel meccanismo di organizzazione
dell’emblema. Nel secondo caso, nella forma più realistica del ritratto: è un ritratto diffusissimo di
molti principes studiorum: era una tradizione dei grandi collegi, secondo il sistema attuato dalla
Ratio studiorum, di indicare chi al termine di un anno di lavoro otteneva il risultato migliore come
somma di tutti i risultati migliori delle varie gare. Era una modalità di insegnamento normale,
istituzionale.
Maria Concetta Carugno Pag. 31
È necessario sottolineare la medesima organizzazione sintattica di queste forme di
rappresentazione tra una forma totalmente simbolica dove non c’è l’immagine e la forma
realistica (riproduzione diretta dell’immagine); la finalità di queste due immagini è la stessa.
Questo indica anche come nel 1739/1789 la cultura simbolica tramonta e si afferma, invece, la
rappresentazione realistica del ritratto. Prima di quella data, non ci sono ritratti di PRINCIPES
ACADEMIAE e successivamente, dopo la metà del Settecento e agli inizi dell’Ottocento, non ci
sono più rappresentazioni emblematiche. È un momento in cui questa cultura si trasforma, passa,
cambia.
Attraverso queste forme di rappresentazione culturale veniva fatta passare un’immagine, una
virtù che, di fatto, legava l’insegnamento e la formazione ad una determinata visione
antropologica.
DANT VULNERA VIRES: rappresenta la situazione della gara accademica: il leone è il soggetto
principale, cioè quello studente che è colpito dalle domande, dalle osservazioni, che è incalzato
dagli altri oppositori, che cercano di metterlo in difficoltà ma poiché il soggetto è dotato di una
particolare virtù accademica, è particolarmente coraggioso e tenace, resiste, anzi, risponde in
maniera molto più efficace alle provocazioni dei suoi avversari. È proprio l’ambiente della GARA
che qui viene rappresentato come luogo di espressione della virtù.
È un albero con fiori e frutti con un uccello appollaiato su un ramo. Si intitola “STATIO TUTISSIMA”.
Sopra c’è il cartiglio con il motto, sotto c’è il cartiglio con il nome e il cognome del soggetto. “Statio
tutissima” vuol dire “luogo sicurissimo”, luogo di posa in cui si sta assolutamente sicuri, quindi, il
collegio, la scuola. Peccato che lo firmano con il 1772 e l’anno successivo la compagnia viene
soppressa. Quindi, proprio Tutissima non doveva essere questa Statio. Ma forse l’anno prima si
sentivano perfettamente sicuri, cosa che poi non si verifica.
Maria Concetta Carugno Pag. 32
C’è un alveare con una serie di api che anche in lontananza vanno a raccogliere il polline dai fiori e
poi lo riportano. Il cartiglio riporta il motto FERVET OPUS: la virtù che qui viene rappresentata è la
laboriosità, il fatto che non si sta con le mani in mano ma si lavora. All’interno dell’alveare c’è
molto lavoro e il lavoro cresce. Questa è la rappresentazione della laboriosità di questo
personaggio, di questa virtù del personaggio. È la rappresentazione dell’attività che è oggetto delle
scuole. Sotto c’è il cartiglio con il nome e la data.
Queste immagini sono un esempio della circolarità dei soggetti: le fiere, le api, gli alveari, gli
utensili, le frecce, cioè un soggettario circolare che fa parte di una cultura circolare, che viene
declinata in varie occasioni in base alla capacità dell’autore, di colui che crea questi soggetti. Se noi
non studiamo queste immagini ci dicono pochissimo ma per coloro che vedevano queste immagini
il significato era chiarissimo ed era anche attribuito al soggetto perché il soggetto era una persona
conosciuta, una persona in carne ed ossa.
Tra gli emblemi ci sono una serie di immagini floreali accanto agli uccelli e agli altri temi. Ad
esempio, in un emblema il cartiglio riporta il motto VI PRAECOCE, cioè una virtù, una capacità
precoce. Forse, il vincitore, quell’anno doveva essere un ragazzo molto giovane (Giorgio Guaita).
Sullo sfondo ci sono delle montagne ghiacciate che possono indicare o il luogo di provenienza di
questo giovane che probabilmente veniva da località di montagna o il fatto che questo è uno di
quei fiori che spunta in anticipo rispetto alla primavera e quindi rappresenta in questo modo la
precocità della virtù del soggetto.
Il volume “LA VOCAZIONE” di Adriano Prosperi ha come obiettivo e come strumento di indagine
quello di mettere in luce i contenuti della vocazione religiosa dei giovani (o dei meno giovani)
gesuiti. L’oggetto di questo volume è quello di mettere in luce la natura dell’adesione di gran parte
dei gesuiti con una sorta di finalità preordinata a partire dall’azione di Ignazio di Loyola e destinata
al controllo del mondo. Qual è la fonte che usa prosperi per costruire questa sua immagine?
Ad un certo punto, nella Compagnia si sviluppa la pratica della MEMORIA: ai giovani gesuiti viene
chiesto, secondo un determinato modus, come esercizio, di descrivere il proprio avvicinamento
alla Compagnia e la natura della propria vocazione.
Maria Concetta Carugno Pag. 33
Nell’esame di queste memorie, Prosperi trova delle ricorrenze: trova, cioè ricorrenze di situazioni
e condizioni all’interno delle quali si sono ritrovati gli aspiranti gesuiti. Questo gli fa dire che c’è
una sorta di coazione della compagnia rispetto all’intelligenza dei singoli per la predisposizione di
un corpo unico predisposto alla conquista del mondo.
MANUALI ED ENCICLOPEDIE EMBLEMATICHE
Questa pratica era esercitata attraverso manuali che raccoglievano e descrivevano simboli, oggetti
e motti come “Felicibus auspiciis” dandone la spiegazione complessiva. Uno dei più importanti è il
volume di Filippo PICINELLI, Mondo simbolico, del 1653: è un’interpretazione cosmologica del
mondo intero, attraverso i simboli.
Spesso si trova il testo di Francesco PICCINELLI e questo ha portato ad una confusione tra Filippo
Picinelli e Francesco Piccinelli. Da alcuni documenti si vede come il Filippo Picinelli sia stato allievo
nelle scuole di Milano di Francesco Piccinelli e quindi abbia conosciuto il primo in quanto suo
allievo.
1) Il volume di Picinelli, MONDO SIMBOLICO, è la descrizione dell’immagine di una nave così come
riportata all’interno del volume stesso. Picinelli non è un gesuita.
«La nave, con maggiore felicità e velocità camina, quand’è carica, che quand’è vuota, perciò ne’l
fondo sogliono mettervi la zavorra, che serve, come di contrappeso per assicurarla, e di strumento
per renderla più disposta al corso, che però le diedi: onerata felicius, o veramente onerata securior
[…]». Questo è un tipico esempio di rappresentazione simbolica verbale. Dovendo spiegare
l’immagine, la rappresenta come una nave appesantita dalla zavorra attraverso la quale si dice,
perché tratta dalla tradizione marinara, che la nave appesantita nel mezzo corra più veloce. Alla
fine, mette il motto, cioè dopo aver descritto l’immagine mette sotto “onerata felicius” (=la nave
naviga più favorevolmente perché è appesantita). C’è un secondo motto: “onerata securior”
(=procede più sicura perché appesantita).
2) Il passo di Piccinelli è tratto da un’orazione che si intitola VITUPERATIO IGNAVORUM. La
vituperatio è il biasimo di coloro che hanno sbagliato ma non per altri motivi ma per pigrizia, è il
biasimo di coloro che si sono dimostrati negligenti, che non hanno fatto il proprio dovere. Piccinelli
non è un gesuita ma è un professore delle scuole palatine di Milano.
Alla sua morte, i suoi allievi hanno raccolto il materiale che utilizzava durante le sue spiegazioni e
lo hanno pubblicato in un’opera omnia di Franciscus Piccinelli