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II
Pietro III e che:
‣ Confiscò le proprietà ecclesiastiche.
‣ Fece sì che il clero venisse stipendiato dallo stato.
‣ Concesse l’istruzione elementare statale e gratuita in ogni città.
‣ Rafforzò talmente tanto la nobiltà che nel 1767 vietò ai contadini di fare
appello alla giustizia regia contro i tribunali signorili ed istituì una carta della
nobiltà nel 1785 con ulteriori privilegi. Vietare ai contadini di appellarsi alla
giustizia regia significò permettere ai contadini di esser giudicati dai propri
padroni. La giustizia regia invece avrebbe potuto garantire una forma di
maggiore eguaglianza perché non c’era un interesse diretto.
!
- Nell’Italia i luoghi interessati dal processo riformista furono:
‣ Lo Stato sabaudo che, dopo la guerra di successione spagnola, diventò tale a
causa del passaggio da ducato a regno sotto il re Vittorio Amedeo II.
Nello stato sabaudo il modello di riforme fu essenzialmente simile a quello
portoghese caratterizzato dalle riforme senza lumi, cioè riforme che venivano
fatte senza appellarsi a principi illuministici.
‣ La Lombardia austriaca in cui il catasto di Pompeo Neri (1760) fu
un’aggiunta per le materie ecclesiastiche e si occupò di riorganizzare i rapporti
tra potere statale e potere ecclesiastico.
‣ Il Granducato di Toscana sotto Pietro Leopoldo (1765-1790) e poi sotto
Leopoldo II che fu caratterizzato dal liberismo economico in quanto:
Soppresse le corporazioni nel 1770.
➡ Abolì le dogana interne nel 1781.
➡ Abolì la pena di morte e la tortura grazie al codice penale del 1786.
➡ Avviò un nuovo progetto di costituzione (1779-82) in direzione
➡ liberale. Questo progetto non venne attuato.
!
!
! 96
I processi di riforma furono eterogenei e si distinsero due modelli di riformismo, ovvero:
• - Modello di riformismo senza illuminismo.
- Modello in cui riforma ed illuminismo sono intrecciati.
! Perché è avvenuto questo grande processo di riformismo in Europa? la parola chiave è il
• giurisdizionalismo che è quella teoria politica che comportò il rafforzamento del potere dello
stato contro ogni tipo di particolarismo ecclesiastico. Essere giurisdizionalisti significò essere
favorevoli al potere dello Stato contro il potere della Chiesa. Questa politica giurisdizionalista
prese piede nel mondo cattolico e non nel mondo protestante perché nel mondo protestante il
rapporto tra politica e religione si era già risolto.
1. L’obiettivo del giurisdizionalismo: era la riorganizzazione e rafforzamento dello Stato che si
ottenne combattendo ogni tipo di particolarismo e di privilegio. Combattere ogni tipo di
privilegio significò cercare di arrivare ad un’un’uniformità dei sudditi che non erano affatto
uniformi. Dunque si combatté contro i poteri della Chiesa e della nobiltà, ovvero contro le
cosiddette “giustizie particolari”, in alcuni modi:
- Abolendo o restringendo il foro ecclesiastico e il diritto d’asilo. Il foro ecclesiastico
indicava l’insieme dei tribunali ecclesiastici e per ristringerlo si inventarono delle
norme che fecero sì che fosse lo Stato ad intervenire contro di esso.
- Riducendo o sopprimendo la sfera degli interventi dell’Inquisizione. Ciò poteva essere
fatto infilando all’interno dell’Inquisizione uno o più funzionari statali.
- Sopprimendo gli ordini contemplativi e i conventi.
- Emanando i codici e tentando di imporre il diritto regio (codificazione). Nel corso del
600, non mancarono interventi legislativi da parte dei sovrani, ma si trattò solo di
un’opera di sistematizzazione delle leggi esistenti. La differenza tra sistematizzazione e
codificazione consiste nel fatto che la prima indica il mettere in ordine l’esistente, la
seconda invece indica l’emanazione di nuovi codici come per esempio il diritto penale.
L’emanazione del diritto penale fu un momento che segnò la stretta relazione tra il
mondo dei Lumi e il mondo delle riforme. La giustizia in Antico Regime fu terribile e
trovò il suo momento chiave nel “supplizio” che possedeva una natura pubblica molto
influente perché si pensava che avesse un effetto deterrente. Dunque più il supplizio era
pubblico e più si pensava che fosse efficace. La pena di morte era quindi una sorte di
“festa collettiva” in quanto vi partecipavano bambini, genitori etc.
Per tutte queste ragioni, un giovane milanese di nome Cesare Beccaria scrisse nel 1764
Dei delitti e delle pene e lo pubblicò a Livorno sia perché vi era l’editore Aubert, che
portava avanti una politica culturale decisamente aperta al mondo dei lumi, sia perché
nel Granducato di Toscana era possibile evitare le censure.
Dei delitti e delle pene conteneva il pensiero di Beccaria che andava contro:
La pena di morte e contro la tortura: Beccaria ritenne che la pena di morte
‣ fosse inutile ed ingiusta perché era violenta, non era legittimata e non
costituiva un deterrente, anzi costituiva una forma di eroismo per colui che
sfidava la legge. Secondo Beccaria quindi era necessario ricorrere ad altri
sistemi come il carcere e l’idea della presunzione di innocenza, ovvero l’idea
che un individuo sia innocente fino a prova contraria.
L’eguaglianza giuridica: originariamente l’uguaglianza non era uguale per
‣ tutti, infatti i nobili non potevano essere torturati e quando venivano condannati
a morte subivano forme più dolci di uccisione come la decapitazione e non
forme violente e lente come la lapidazione.
97
La sacralizzazione: il concetto di reato era strettamente connesso al concetto
‣ di peccato e quindi commettere un reato significava andare ad infrangere
l’origine divino ovvero significava “peccare”. Beccaria per tali ragioni
desacralizzò il nesso tra reato e peccato, che era uno dei fondamenti della
giustizia, affermando che il peccato riguardava la sfera della coscienza
religiosa, mentre il peccato riguardava la sfera civile. Per Beccaria chi
commetteva un atto criminoso, commetteva un reato contro la società, non
contro Dio.
La vendetta: per Beccaria era inutile ed era più importante risarcire la società
‣ attraverso il carcere e i lavori forzati.
! La lezione di Beccaria venne recepita sia dal il codice penale di Giuseppe II del 1787 e
sia dalla Leopoldina di Pietro Leopoldo di Toscana del 1786. Non a caso entrambi i
codici abolirono la pena di morte e la tortura. La Leopoldina e il testo di Beccaria
avevano in comune:
La pena non concepita come una vendetta, ma come una forma di risarcimento.
‣ L’eguaglianza di tutti i sudditi di fronte alla giustizia.
‣ Il reato non più concepito come il peccato contro il sovrano e contro Dio, ma
‣ contro la società.
L’idea di una pena che doveva essere mite e non eccessiva rispetto al reato
‣ commesso.
L’idea di una proporzionalità delle pene rispetto alla gravità dei delitti.
‣ L’idea di prevenire il reato attraverso l’istruzione in quanto il delitto spesso
‣ nasceva da situazioni di ignoranza e di povertà.
L’idea di una rapidità processi e di un’emanazione delle sentenze.
‣ L’idea che a costituire un deterrente fosse il fatto che esisteva una legge chiara
‣ e certa. Non si commettevano reati non perché la punizione era terribile, ma
perché si era certi che ci sarebbe stata una punizione. Ad un certo reato
corrispondeva una certa punizione.
!
2. La politica giurisdizionalistica: ebbe a che fare con la politica fiscale, ma i tentativi di
imposizione fiscale andarono incontro a molte resistenze.
- Gli strumenti della politica fiscale erano principalmente due:
‣ La stesura del catasto, che mirava a riformare il fisco e tassare coloro che
fuggivano alla tassazione e l’abolizione del sistema degli appalti con cui si
procedeva in Antico Regime. L’appaltatore, in Antico Regime, anticipava allo
stato un tot di soldi e poi l’appaltatore si rifaceva sui vari sudditi che dovevano
pagare le tasse. Questo significò un controllo del privato in uno stato pubblico.
Successivamente si cercò di eliminare questo sistema per utilizzare funzionari
di stato che andassero a riscuotere le tasse.
!
3. La sfera culturale: il processo di riformismo colpì:
- L’istruzione: lo stato influenzò la sfera dell’istruzione, che era in origine appannaggio
della Chiesa, attraverso l’allontanamento dei gesuiti dagli Stati europei con le scuse più
disparate, in quanto vennero accusati di atti che non avevano mai compiuto.
I gesuiti vennero indotti a lasciare l’Europa perché in questo modo gli stati europei
avrebbero potuto incamerare le loro ricchezze.
98
L’allontanamento dei gesuiti dall’Europa incominciò a partire dal Portogallo nel 1759
quando, dopo esser stati accusati di attentato al re, vennero cacciati dal paese.
Da questo momento i gesuiti si sposarono in Francia, in Spagna, a Napoli, in Sicilia, a
Parma e in altri stati italiani fino a quando, per ordine di Clemente XIV nel 1773,
l’ordine venne soppresso. Il Papa li soppresse perché i gesuiti crearono problemi alle
autorità politiche e religiose sia in Sud America (Paraguay), sia in Oriente, dove
crearono una forma di sincretismo chiamata“i riti cinesi” (cioè un miscuglio tra
cristianesimo e confucianesimo) perché l’obiettivo dei gesuiti era quello di fare
proseguiti cercando di mescolare i riti cristiani con altri riti. Nel 1814 con Pio VII la
compagnia venne restaurata con la Restaurazione.
‣ Dopo la cacciata dei gesuiti, si utilizzarono i loro soldi per attuare una
riorganizzazione delle scuole secondarie e delle Università.
Le scuole:
servirono per creare un ceto dirigente che fosse funzionale al processo
➡ di riorganizzazione dello stato.
Non erano laiche
➡ Non prevedevano la libertà insegnamento che si pose con la
➡ Rivoluzione Francese.
! - La censura di Stato:
‣ Nel corso del 700, attraverso l’intervento dello Stato, si riuscirono a garantire
maggiori spazi di libertà.
‣ Nel modello Piemontese, invece, la censura di stato venne affiancata alla
censura di Chiesa e portò ad un rafforzamento del controllo.
! - La tolleranza religiosa: avvenne con le riforme asburgiche di Giuseppe II. Qui la
tolleranza religiosa si tradusse in norme che però durarono poco tempo.
!
4. La sfera sociale: riguardò il problema dei ceti subalterni.
! Un bilancio complessivo:
• - Rispetto al rapporto Lumi-riforme:
‣ Le riforme che vennero accolte furono le riforme moderate, ovvero tutte quelle
ri