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L’Inghilterra sassone fu conquistata dal danese canuto il grande e i variaghi contribuirono alla creazione dei
principati russi. Nella regione di caux (Normandia) il normanno rollone ottenne dai franchi la zona come
beneficio. Qui i normanni si integrarono con gli autoctoni e si convertirono al cristianesimo. Altri normanni
invece scelsero l’attività di mercenari e conquistarono la Sicilia sottraendola ai musulmani e imponendosi
sui bizantini. Grazie allo stretto legame con il papato i normanni si affermarono in tutto il mezzogiorno. Gli
ungari, stabilitisi in pannonia, compivano raid stagionali verso l’impero e imponevano pesantissime tasse
alle popolazioni aggredite. Ottone 1, re teutonico, li sconfisse definitivamente al Lechfeld nel 955 e gli
ungari vennero a patti coi re tedeschi, interrompendo le periodiche scorrerie fino alla conversione-
integrazione con il loro re Stefano il santo.
L’irruzione di queste popolazioni alla ricerca di ricchi bottini fu resa possibile da nuove tecniche militari e fu
facilitata anche dall0incosistenza della difesa dei poteri centrali. Alla debolezza del potere pubblico era
sorto un movimento spontaneo di autodifesa, come Carlo il calvo che emanò la distruzione di castelli
illegalmente edificati sì contro le invasioni, ma soprattutto per evitare lo sfruttamento di residenti e vicini.
Signoria e incastellamento non sono dipendenti l’un l’altro e non sono stati totalmente favoriti dalle
invasioni, anche se questa fase di incertezza del potere centrale ha sicuramente favorito la crescita di
poteri centrifughi. Nell’incontro-scontro tra invasori e paesi aggrediti le strutture del potere subirono una
sostanziale trasformazione, dopo che vennero integrati. In Inghilterra, con la conquista di Guglielmo il
conquistatore si era importato un modello di schema politico impostato sui rapporti feudali (baroni,
domesday book) incorporando elementi anglosassoni come gli shires e gli sherifs. Anche in Italia i
normanni importarono istituzioni feudali. Ruolo centrale aveva il sovrano che controllava il regno attraverso
una rete amministrativa, le dohanae e giustizieri provinciali.
Le scorrerie provocarono una capillare militarizzazione del territorio accentuando lo sviluppo autonomo del
potere. C’era una pluralità di centri di potere autonomi. Molti possessori ricchi si appropriarono di poteri,
accantonando l’autorità regia. Conseguenza di tale processo fu una profonda alterazione della
popolazione. Il sistema signorile si stava ponendo come intermediario tra potere centrale e sudditi. E per
fare ciò i signori cominciarono ad usare indiscriminatamente la violenza, provocando la sottomissione dei
contadini per paura. Ciò portò alla scomparsa dei liberi nomines e della schiavitù rurale. Si creò una nuova
categoria, detta rustici, completamente sottomessi. Ultima fase fu l’equilibrio tra governanti e governati con
l’affermarsi di precise consuetudines loci che segnarono la definitiva sottomissione anche degli arimanni,
allodieri che erano riusciti a conservare ristretti spazi d’autonomia.
Una crescita demografica ed economica caratterizzò l’Europa del 11 secolo fino alla metà del 13.
L’aumento della popolazione delle campagne, favorì il consolidamento della signoria locale o territoriale,
tramite un modello di villaggio accentrato, in cui, tutti i residenti soggiacevano al potere del dominus loci. Il
signore viene ora definito signore di banno e il locus solitamente è controllato dal castello. Nel regno di
Francia si erano affermati centri di potere connessi con dinastie nobiliari, collegate al re da vincoli
vassallatici, ma a lui pari. All’interno dei nuovi principati si andò sviluppando una progressiva
frammentazione signore, senza alterare la funzione pubblica del conte. Solo dopo la metà del 10 secolo
sorsero nuovi castelli non dipendenti dal conte e quindi si svilupparono signorie autonome. Il regno di
Francia era diviso in una dozzina di principati. Il termine comitatus/contea indicherà ora non più una carica
pubblica ottenuta per delega sovrana, ma un territorio ed un insieme di poteri che costituiscono un
patrimonio ereditario e il rapporto con il re è solo vassallatico. In tutto il regno si moltiplicano i gruppi armati
che collaborano con il signore locale: sono i milites delle guarnigioni dei castelli. In Germania c’era già una
forte aristocrazia, che ovviamente favorì la signoria territoriale dinastica che deteneva castelli e controllava
monasteri, anche se ancora dipendente dal re. In seguito i principi dell’impero assunsero autonomia politica
ed esclusivo vincolo feudale con l’imperatore, costituendo il collegio dei grandi elettori imperiali. A loro volta
i principi potevano contare su una clientela feudale composta da signori locali fondiari. Nel regno d’Italia la
situazione era molto più disgregata e complessa. Nei secoli x e xi in Italia era consuetudine attribuire il
titolo comitale o marchionale anche a figli e nipoti. Alla fine del secolo le dinastie italiane si erano schierate
o a favore o contro l’imperatore, impegnato nel conflitto con il papato romano. Nel 1037 Corrado 2 con
l’edictum de beneficiis aveva distinti i seniores (vescovi o marchesi o conti) dai milites, a loro volta divisi in
maiores o minores, garantendo così a tutti il diritto ereditario dei benefici. Da questo momento il beneficio di
cui godeva il vassallo divenne la signoria stessa. Diffuso era il caso del feudo oblato in cui una signoria
allodiale veniva donata ad un signore superiore e da lui restituita in feudo al donatore creando un rapporto
di dipendenza vassallatica. Così il feudo si signoria era diventato in tutta Europa lo strumento più diffuso
per la ricomposizione politica. Specialmente al tempo di Barbarossa, che proprio su base feudale tentò di
impostare la restaurazione del regno d’Italia, si manifestò la vocazione principesca delle dinastie. Le
famiglie aristocratiche seppero accortamente rendere patrimoniale e dinastico il loro potere, così il territorio
del marchese divenne marchesato, e quello del conte, contea (presero così forma marchesato di Saluzzo,
Monferrato ecc).
Una duplice difficoltà ritardava quindi i progetti signorili delle dinastie italiane: la concorrenza fra signori
locali e il rischio dell’annientamento politico da parte dell’espansionismo territoriale delle città comunali. Il
ricorso al feudo oblato benne individuato come soluzione a questo problema. Diventando il beneficium
qualcosa di reale, aumentò la sua importanza e anche un maggior rispetto all’omaggio e alla fedeltà. Se
prima era qualcosa che remunerava l’attività militare di un vassallo ora se si poteva subentrare
ereditariamente nel godimento del bene la situazione si capovolse. Si indebolì infatti il nesso personale fra
concedente e beneficiario. Così un medesimo vassallo poteva essere vassallo di più seniores. L’insieme
dei vassalli di un signore formava la sua clientela o curia vassallatica. La curia fungeva da tribunale
arbitrale e il vassallo aveva anche l'obbligo di prestare un servitium che consisteva in auxilium e consilium:
il primo difenderlo con la spada e il secondo finanziarlo. Il senior invece aveva come obblighi fornire loro i
mezzi di sostentamento e difenderli in caso di bisogno.
Fra i secolo 11 e 12 si consolidò in tutta Europa l’assunzione dei poteri sugli uomini da parte dei detentori
dei castelli. I diritti del signore erano il bannum (il potere, prima esercitato dalle autorità regie) e il dominum
(la gestione patrimoniale e dinastica). Le principali competenze delegate dal re al conte erano state
l’amministrazione della giustizia e la connessa autorità di costringere al giudizio e di trattava di competenze
remunerate. Al venir meno della nomina regia di ufficiali pubblici, esse vennero assunte dai signori che così
ottennero la possibilità di imporre l’ordine ai sottoposti e di ricavare una fonte di reddito. L’autorità di
costringere al giudizio venne immediatamente utilizzata per assoggettare i rustici a prelievi di risorse, come
frodo e albergaria. Tutte le altre tasse erano dette bannalità, che erano prestazioni d’opera per la
manutenzione delle infrastrutture pubbliche e che coinvolgevano tutta la comunità. Una novità era la taglia.
In origine era un’imposta straordinaria, ma tese a diventare ordinaria, accompagnata da focatico (riscossa
su intere famiglie) o il testaticum (su un singolo individuo). Se poi un dipendente moriva, gran parte del suo
patrimonio passava, secondo il diritto di manomorta, al signore. Quando una donna usciva, causa
matrimonio, dai confini signorili si esigeva il formariage. Queste tasse si aggravarono durante il 12 secolo,
con lo sviluppo di una certa prosperità contadina. C’erano anche tasse a chi confluiva nei mercati signori,
sia sui prodotti pervenuti (telonea) che su quello commerciati (curadia). Non mancarono sollevazioni
popolari alimentate anche dalla ius prime noctis, improponibile in una società cristiana.
In questo periodo ci fu un notevole sviluppo demografico, la cui domanda alimentare poté essere
soddisfatta dalla dilatazione delle superfici coltivabili a discapito del bosco. Presero avvio quindi grandi
dissodamenti che intaccarono il manco selvoso altomedievale, per iniziare a coltivare cereali. Il motore di
questa agrarizzazione fu l’iniziativa signorile. Si signori fondiari fecero fronte alla crescita demografica
prima frazionando il manto in quarti, affidati ciascuno ad una famiglia diversa. Si cominciò ad intaccare
anche il dominico. Furono i signori bannali a ricorrere spesso a contratti con signori fondiari, detentori di
terre incolte, per creare nella nuova are di insediamento (Villanova) in cui fare lavorare i dipendenti e sulla
quale avrebbero esercitato il potere i domini loci. L’affermazione signorile riguardò anche il controllo di
vaste aree selvose, sia per affermare la loro autorità, sia per evitare che i contadini ne usufruissero
liberamente, come facevano prima. Numerose furono le contese fra le comunità di villaggio e i signori. Con
la riduzione del dominico anche le corvees tendevano ad essere ridotte e commutate in canoni in
numerario. Questa formula favorì il lavoro salariato che veniva a colmare l’esaurirsi di manodopera
schiavile. A questa trasformazione contribuì anche un perfezionamento delle tecniche agrarie, come un
miglioramento strutturale dell’aratro. Tuttavia la produttività agraria era ancora lontana dal rispondere alle
esigenze di una popolazione in crescita. Le rese insufficienti restarono infatti un grave problema. Con il
coltivato a maggese i cereali producevano poco più del doppio della quantità seminata. C’erano quindi
ancora casi di carestia. Qualche miglioramento avvenne con il passaggio dalla rotazione biennale a quella
triennal