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COME SALVARE

IL MERCATO DAL

CAPITALISMO

Di Massimo Amato e Luca Fantacci

Riassunto a cura di Gabriele Pelli

114 Dispensa a cura di Gabriele Pelli

Università commerciale Luigi Bocconi

I. Perché non riusciamo ad uscire

dalla crisi?

In risposta alla crisi finanziaria del 2007-2008, sembra che l’orientamento

più diffuso sia quello verso il risanamento finanziario degli stati e delle

economie, visto come condizione per uscire dalla crisi e rilanciare la

crescita. status quo

Si tratta, tuttavia, del semplice tentativo di ritornare allo

precedente alla crisi, ostinandosi nel negare che la crisi abbia messo in

dubbio tutto quel modello istituzionale-ideologico di relazioni fra

economia e finanza che ha caratterizzato la globalizzazione finanziaria

degli ultimi trent’anni, che possano esistere alternative al sistema

finanziario quale noi lo conosciamo.

Tutto ciò è dettato principalmente dalla paura, che impedisce una

visione realistica della situazione. Per uscire dalla crisi, il primo passo

dovrebbe invece essere quello di riconoscere il problema senza negarlo.

Occorre poi trovare il coraggio e la "speranza" necessari per riformare

davvero la finanza, senza attendere oltre.

Fino al 2007, la crescita è stata resa possibile dall’accumulazione

sistematica di squilibri finanziari, la cui esplosione è all’origine

dell’attuale crisi dei debiti pubblici. Il rigore che ora si invoca per

riequilibrare tali conti non fa che allontanare sempre più la possibilità di

organizzare una ripresa: finché ci si ostina a stimolarla attraverso

iniezioni di liquidità, la cura stessa genera il male, in un circolo vizioso

che assoggetta ancora di più le economie ai mercati finanziari.

Si tratta dunque di invertire l'attuale rapporto tra finanza ed economia

reale, riformando le istituzioni finanziarie sulla base di un principio che

sia diverso da quello della "liquidità".

I. La fine della finanza della liquidità.

di

Quella che iniziata nel 2007 come una crisi liquidità dei mercati

della

finanziari sia ben presto rivelata una crisi liquidità come

fondamento della finanza di mercato. Dal 2007 a oggi la crisi è poi stata

affrontata con gigantesche iniezioni di liquidità che hanno consentito di

finanziare l’aumento dei debiti sovrani.

115 Dispensa a cura di Gabriele Pelli

Università commerciale Luigi Bocconi

La liquidità trasforma il rischio inerente a ogni atto di credito (cioè il

rischio che il debitore non possa pagare), nel rischio che i titoli che

rappresentano il credito non trovino più acquirenti.

Finché gli acquirenti ci sono, nessun debito è eccessivo, dal momento che

può essere rinnovato emettendo altro debito, all’infinito. Quando però

non ci sono più acquirenti per quei titoli, il debitore si manifesta

insolvente, anche se in realtà lo era fin dall’inizio. I debiti da sempre

impagabili diventano anche invendibili: si ha una crisi di liquidità.

Le crisi di liquidità si hanno solo in una finanza che pone la liquidità

come suo principio. E le iniezioni di liquidità non le risolvono, bensì il

trappola della

loro unico effetto è quello di gettare il sistema nella c.d.

liquidità : ossia quella situazione in cui nessun aumento della liquidità

complessiva del sistema, nessuna creazione di moneta, può indurre coloro

che la ricevono a usarla, mettendola in circolazione.

Questa è la situazione che si è avuta quando la BCE ha prestato circa

1000 miliardi di euro alle banche commerciali europee, le quali li hanno

prontamente ridepositati presso la BCE, con una conseguente stretta

creditizia che ha colpito le imprese e l’economia reale.

Emerge così come sia il rapporto stesso tra finanza ed economia reale ad

essere "difettoso", basato sulla deresponsabilizzazione dei creditori, i

quali non devono informarsi delle reali condizioni di solvibilità dei loro

debitori, almeno finché il mercato è disposto ad assorbire i titoli creditizi

di cui vogliono liberarsi.

Ma cos’è che ha portato a tutto ciò? Il bisogno di rassicurazione, che è

inversamente proporzionale alla capacità di fronteggiare il rischio insito

in ogni attività economica.

Lasciato a se stesso, ogni uomo ha la tendenza a rifuggire le

responsabilità. Per fare del male, non occorre affatto essere cattivi, basta

lasciarsi andare: da qui la necessità della Legge. Ma che dire quando è la

legge stessa che autorizza a non assumersi alcuna responsabilità?

Nel mondo finanziario questa deresponsabilizzazione diffusa ha dato

luogo alla costruzione di un gigantesco apparato di rassicurazione, che ha

fatto della liquidità il suo strumento e il suo principio. Pertanto, una

riforma del sistema finanziario deve necessariamente partire dal

riformare questo principio, che mina alla sua base il rapporto

fondamentale di ogni sistema economico: quello fra debitori e creditori.

116 Dispensa a cura di Gabriele Pelli

Università commerciale Luigi Bocconi

II. Andava già male quando andava bene

Finché la crisi non è scoppiata, la rendita finanziaria, e con essa i

mercati finanziari che la producevano, ha potuto passare per socialmente

a tutti

sostenibile, perché questi ultimi facevano affluire denaro , senza

democratizzazione della finanza

alcuna distinzione. Si tratta della c.d. .

non prestare niente a nessuno,

La massima finanziaria in vigore oggi, è

dunque esattamente speculare a quella in vigore prima della crisi, ed è

l’unica a cui ci si può ottenere quando la liquidità si trasforma in

trappola della liquidità.

La relazione tra debitore e creditore è colpita da quella che Keynes

chiamava "incertezza fondamentale", e il mestiere dell’intermediario

finanziario, del banchiere, dovrebbe essere proprio quello di valutare

professionalmente il merito creditizio degli aspiranti debitori, e non

quello di "venditore di prodotti finanziari".

Oggi l’umanità intera è ossessionata dal bisogno di sicurezza. Quando

però tale bisogno si assolutizza, perdiamo il contatto con la realtà e

diventiamo potenziali prede di ogni tipo di illusione. La peggiore delle

quali è quella di poter calcolare ogni rischio e di potersene dunque

assicurare.

Con la liquidità, diventa possibile "vendere" il rischio ad altri disposti a

comprarlo, i quali possono a loro volta "rivenderlo", in una catena che

non conosce fine, e che al limite porta letteralmente ad un

"annullamento" di ogni rischio. Ciò fa si che tutti siano propensi a

rischiare, poiché ha maggiori rischi sono associati maggiori guadagni.

Ma solo finché dura.

Quando poi tutto crolla, ci si ritrova a non voler rischiare più niente,

viene meno la fiducia verso gli altri e così quella condizione fondamentale

per ogni scambio economico e il prosperare dell'economia.

III. Il principio di un'altra finanza

La base dell’economia di mercato non è la concorrenza, bensì è la

cooperazione, ed in particolare il rapporto debitore-creditore. È

necessario e rischioso allo stesso tempo, esso inevitabilmente genera il

bisogno di un'assicurazione, che però non può e non deve avvenire al

prezzo della dissoluzione del rapporto stesso.

117 Dispensa a cura di Gabriele Pelli

Università commerciale Luigi Bocconi

Questo è invece quello che si verifica sui mercati finanziari fondati sulla

liquidità. Nel 2007, i debiti accumulati fino a quel momento, la cui

variabilità non costituiva un problema solo grazie all'illusione della

liquidità, sono apparsi come impagabili, divenendo così anche invendibili.

Con la liquidità, ci si assicura dal rischio pesante ma sopportabile

creandone un altro che sembra leggero, salvo poi diventare

improvvisamente insostenibile.

Tuttavia, un modo intelligente per assicurarsi esiste, ed è quello dato dal

insieme

sopportare il rischio , da parte di debitore e creditore, la

cooperazione , che fa si che detto rischio venga minimizzato.

di per

Una finanza alternativa, che sia non mercato ma il mercato

esiste, e si basa sulla simmetria delle obbligazioni: il debitore deve

pagare, il creditore deve mantenere la responsabilità che deriva dal suo

rapporto con il debitore, rendendo possibile a quest'ultimo il pagamento

del debito.

IV. Vendi e lascia vendere

Numerosi esempi dimostrano la necessità, per i creditori, di disfarsi della

moneta accumulata, prima di tutto nel proprio interesse. Marshall nel

1947 convinse il congresso a finanziare a fondo perduto la ricostruzione

europea, dal momento che ciò avrebbe giovato prima di tutto agli Stati

Uniti, ai quali la ripresa dell'economia europea avrebbe offerto uno

sbocco per le proprie esportazioni. Allo stesso modo, Keynes qualche

anno prima diceva:

"Un paese che si trovi in posizione di creditore netto rispetto al resto del

mondo dovrebbe assumersi l’obbligo di disfarsi di questo credito e non

dovrebbe permettere che esso eserciti nel frattempo una pressione contro

attiva sull'economia mondiale e, di rimando sull’economia dello stesso

paese creditore".

È da chiedersi perché oggi in Europa si faccia fatica a vedere che siamo

nella medesima situazione. Una camera di compensazione multilaterale

permetterebbe ai paesi bisognosi di importare, di farlo senza restrizioni

diverse dalla loro capacità di esportare a seguito delle importazioni, e ai

paesi in grado di esportare, di farlo senza che i vuoti di liquidità dei loro

potenziali clienti impediscano loro di comprare. Unica condizione: i paesi

creditori devono spendere i loro crediti all'interno del circuito di

compensazione. 118 Dispensa a cura di Gabriele Pelli

Università commerciale Luigi Bocconi

Si tratta di un'economia utile tanto al debitore quanto al creditore,

perché riduce al contempo il rischio per il debitore di non poter pagare e

per il creditore di non essere pagato, dal momento che se i creditori

spendono, evitano di creare una pressione contro attiva che a sua volta

ricadrebbe su di loro.

La proposta di Keynes si fonda sul riconoscimento di una parità

essenziale di tutti gli attori, senza moralismi di ritorno. Oggi invece, si

assiste ad una sorta di "connotazione morale" dei problemi economici: si

parla di paesi virtuosi ed i paesi "spendaccioni", con una logica di

contrapposizione del tutto contraria agli obiettiv

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Publisher
A.A. 2014-2015
156 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/11 Economia degli intermediari finanziari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fenix91s di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario globale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Amato Massimo.