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► LA SITUAZIONE IN SICILIA L ESPANSIONISMO SIRACUSANO E IL PROBLEMA DI MORGANTINA

L’equilibrio era stato turbato a favore di Siracusa dopo l’improvvisa morte di Ducezio nel 440 ca. e il

conseguente blocco della colonizzazione greco-sicula di Kalé Akté, antica meta ionica. Ma tale equilibrio era

stato già irrimediabilmente compromesso dalla vittoria di Siracusa su Agrigento alcuni anni prima, in una

guerra dovuta ufficialmente per l’indulgenza mostrata da Siracusa verso il vinto Ducezio nel 451, in realtà

dall’invidia di Agrigento per la recuperata egemonia siracusana sulle comunità e le terre dei Siculi in

direzione della di Agrigento.

chora

Ormai la minaccia dello schiacciante espansionismo siracusano incombeva sulle città calcidesi della Sicilia

orientale e stringeva da presso, da Messana ad Imera, l’altra città calcidese, Reggio, nonostante la decisa

opposizione dei Siculi settentrionali guidati da Arconida di Erbita.

Per il controllo della piana di Catania (territorio fertile adatto alla coltivazione del grano e zona di enorme

punto chiave era Morgantina, un tempo perno della penetrazione

importanza economica e strategica)

calcidese sia verso l’interno della Sicilia sia verso l’alta valle del Simeto e intermediaria di prodotti di

importazione provenienti da Atene, prima che essa cadesse sotto il dominio di Gela e di Siracusa.

Tale era la situazione in Sicilia quando gli ambasciatori Leontini cercarono un’alleanza con Atene in funzione

antisiracusana, e gli ateniesi decisero di garantirsi una base sicura di operazioni come Reggio. Gli ateniesi

diedero infatti maggiore ufficialità a quest’ultimo patto che dava loro più garanzie, data la tensione sociale

3

S. Cataldi, Prospettive occidentali allo scoppio della guerra del Peloponneso

presente nella città dei Leontini fra nobiltà e demos, con il rischio di un voltafaccia da parte della prima.

3. ’

► LE RAGIONI DELL ALLEANZA DI ATENE CON REGGIO

A Reggio era tornato al potere l’elemento calcidese che quasi tre decenni prima era stato espulso dalla

componente messenica. Già allora Atene cercò di inserirsi negli affari d’Occidente, ma i Reggini pare si

mostrarono ostili. Nel contempo Atene aveva tentato di installarsi al posto di Siracusa nel golfo in cui

sorgeva Neapolis, erede di Cuma e del suo commercio marittimo, sostenendo demograficamente la

compagine civica della nuova città con un rincalzo di suoi coloni. Tutto ciò mentre Atene era impegnata sul

doppio fronte del Nilo e della penisola greca, e subì un rallentamento dopo il disastro dell’isola di

Prosopitide e la conseguente risposta di Siracusa alla crescente interferenza ateniese nel Tirreno.

Il successo delle spedizioni siracusano contro le zone minerarie etrusche (in quegli anni gli etruschi e i

combinato con la fase di

romani avevano mostrato interesse per Atene, le sue leggi e le sue istituzioni),

ripiegamento e riorientamento della politica estera ateniese verso l’Egeo e con la decisiva influenza

antiateniese esercitata a Reggio dagli esuli pitagorici fin verso la ½ degli anni Trenta, potrebbero spiegare la

crisi dei rapporti politici di Atene con le città calcidesi d’Italia e Sicilia, con Reggio e il mondo tirrenico.

In seguito, al fine di estendere l’influenza di Reggio sul Tirreno, la componente calcidese della città doveva

essere riuscita a far prevalere la linea politica di ricercare ed ottenere la solidarietà e l’alleanza della

potenza ateniese, frustrata nella ripresa delle sue mire espansionistiche verso il Tirreno dal responso

sfavorevole dato dall’oracolo delfico ai suoi coloni di Turi nel 434. Fu così che l’Atene di Pericle (che

prevedeva non lontano lo scoppio di una guerra con Corinto nello Ionio) accolse più che volentieri la

richiesta di alleanza da parte dei Reggini che le offrivano la possibilità di proseguire un impegno

diplomatico teso ad unire alle città italiota della costa tirrenica la ionica di Turi.

Tale impegno era stato interrotto in seguito ad una in questa città tra coloni di origine attica e coloni

stasis

di estrazione peloponnesiaca, finita con la vittoria dei secondi grazie al decisivo intervento dell’oracolo

delfico, che proclamando Apollo ecista della città, aveva sottratto Turi all’ipoteca ateniese e ne aveva

sancito il carattere panellenico. Ne era conseguita una riconciliazione tra Turi e Taranto, conclusasi con una

soluzione di compromesso in base alla quale gli abitanti delle due città avrebbero dovuto abitare insieme a

Siris. Ma quando Taranto poco dopo mise i Turini di fronte al fatto compiuto della fondazione di Eraclea, i

rapporti tra le due città si incrinarono.

4. 433/2

► LA SITUAZIONE POLITICA INTERNA DI ATENE NEL

Al momento della stipula dei trattati aveva fatto ritorno ad Atene, dopo 10 anni di ostracismo, Tucidide di

Melesia, il massimo oppositore di Pericle. Egli vagheggiava nel 433/2 una politica di conio antico: e

l’ήσυχία

una vita “dolce come il miele” per Atene e l’aristocrazia mercantile di Egina (dove aveva trascorso gran

parte dei 10 anni), tutta dedita ai traffici e ai guadagni, aliena da avventurose iniziative politiche come le

recenti alleanze difensive con Corcira, Reggio e Leontini, che rischiavano di compromettere

irrimediabilmente le relazioni tra Atene e Corinto.

Di fronte alla prudente politica di Pericle, che considerava ineluttabile la guerra con i Peloponnesi, è

4 S. Cataldi, Prospettive occidentali allo scoppio della guerra del Peloponneso

verosimile che nel 433/2 Tucidide di Melesia si ponesse ancora una volta come il baluardo dell’opposizione

aristocratica e fosse l’ispiratore dei processi contro gli amici di Pericle, allo scopo di indebolirne la

posizione. Vi riuscì solo in parte, ma verso la fine dell’inverno subì un processo rovinoso e dovette

riprendere la via dell’esilio, probabilmente non più verso Egina, ormai invischiata in trame di guerra contro

Atene, ma nella panellenica Turi, a promuovere una politica fondamentalmente filoateniese. All’inizio della

primavera, la politica di Pericle si fece progressivamente più energica e risoluta nei confronti delle

conseguenze sempre più gravi innescate dalla catena delle ostilità con Corinto e con i suoi più stretti alleati.

5.

► IL DECRETO DI ESCLUSIONE CONTRO I MEGARESI E I SUOI CONTRACCOLPI SULLA POLITICA OCCIDENTALE

A questo periodo risale il decreto, proposto da Pericle, mirante ad escludere i Megaresi dall’accesso ai porti

dell’arche e dell’agora attica, decreto il cui obiettivo immediato era essenzialmente economico, anche se

con implicazioni politiche e strategiche. Suo effetto era l’esclusione dei Megaresi dal traffico nell’Egeo,

privandoli di contatti commerciali e anche politici non solo con le colonie megaresi del Mar Nero e della

Propontide (Bisanzio, Calcedoni…), ma anche con le località della Tracia (Potidea, Eno) dove sboccava il

legname da costruzioni navali proveniente dalla Macedonia e dall’entroterra tracio.

Tale decreto, anche se non fosse scoppiata la guerra, sarebbe risultato problematico sul lungo periodo,

poiché il territorio era appena sufficiente a sfamare la popolazione. E forse già prima esisteva un altro

decreto che prevedeva sanzioni penali per che commerciasse merci megaresi in Attica. Nel 432 i Megaresi

chiesero ai Lacedemoni che tale legge fosse cambiata.

6.

► LA SPEDIZIONE DI FORMIONE IN ACARNANIA

L’opportunità di un ulteriore ed energico intervento nel Mar Ionio, nella diretta sfera di Corinto, fu offerta a

Pericle dal piccolo popolo degli Anfilochi, stanziati sulla sponda settentrionale del medesimo. La loro

capitale, Argo, antico insediamento greco in territorio barbaro, aveva richiesto ai propri vicini di Ambracia

di unirsi con loro in sinecismo. Ma intorno al 433 gli Ambracioti, coloni di Corinto, avevano espulso gli Argivi

originari e avevano preso interamente possesso della città. Allora gli Argivi si erano rivolti ai loro vicini

Acarnani e insieme avevano chiesto soccorso ad Atene. Gli ateniesi risposero inviando in loro aiuto una

squadra agli ordini di Formine. La città fu presa e venne abitata in comune dagli Anfilochi e dagli Acarnani

che divennero allora fermi alleati degli ateniesi, che in tal modo acquisirono un’ulteriore base da cui poter

infastidire i Corinzi nella loro sfera di influenza.

Fu probabilmente solo dopo questa acquisizione che lo stratego ateniese Diotimo mosse con una squadra

di trireme dalle coste acarnane verso l’Italia, avendo come meta quel golfo di Neapolis che già antiche rotte

e tradizioni univano all’Acarnania e alle isole Ionie.

► 3. . 67

LA SPEDIZIONE DI DIOTIMO IN ITALIA P

1.

► IL PROBLEMA CRONOLOGICO *scòlio : nome di annotazioni scritte da lettori

Da uno scolio* di Tzetze all’Alessandra di Licofrone antichi in margine a testi classici, per lo più a

carattere esegetico, frequenti specialmente

veniamo a sapere che lo stratego Diotimo penetrò con una nell’età di passaggio fra la cultura ellenistica e

quella bizantina. Dal greco skhòlion “commento”

squadra di trireme nel Tirreno e si spinse fino a Neapolis, 5

S. Cataldi, Prospettive occidentali allo scoppio della guerra del Peloponneso

“quando combatteva con i Sikeloi”. In realtà si è datata la spedizione di Diotimo al tempo dell’unica sua

strategia nota, nel 433/2 o sul finire degli anni Trenta, cmq prima dello scoppio della guerra del

Peloponneso. Altri studiosi hanno ritenuto di poter datare la spedizione di Diotimo in Italia agli anni

Cinquanta del V sec, mettendola in connessione con le alleanze che sarebbero state stipulate, a loro avviso,

in quegli stessi anni con Reggio, Leontini e Segesta.

Scopo dichiarato della missione di Diotimo doveva essere aiutare Reggio e le sue alleate nella guerra contro

i “Sikeloi”, ma si può credere che essa fosse più diplomatica che militare.

Altrove si è indagato sull’etnico “Sikeloi”, la cui definizione è evidentemente determinante al fine di

intendere i reali obiettivi politici e militari di questa missione: ci si è domandato se sotto il nome di questo

etnico nello scolio di Tzetze non si nascondesse una parte almeno della complessa realtà indigena del

Bruzio, anzi dell’Italia.

La probabile identificazione della fonte di questo scolio con Antioco di Siracusa, sia pure attraverso una

serie non meglio precisabile di mediazioni, porterebbe a ritenere che, nel V sec a.C., questo etnico fosse

usato per definire ancora unitariamente e sinteticamente le popolazioni indigene dell’Italia, forse non solo

del Bruzio ma anche della Basilicata e della Campania. Lo stratego Diotimo dovette operare alcuni sbarchi

dimostra

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Publisher
A.A. 2006-2007
18 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher moondrop di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Cataldi Silvio.