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Il libro di Lucia Moholy, “a hundred yeas of photography” è uscito nel centenario dalla
nascita della fotografia, nel 1939. In italia è stato Mollino il primo a proporre la
necessità di uno studio sulla storia della fotografia con il suo libro “Il messaggio della
camera oscura”. La prima storia della fotografia fu fatta da Maria Elderne 1932 che
parlava di tecniche e tecnologie, Potonniè invece nel 1939 parla invece di tecnica ed
estetica che per la prima volta si fondono in un unico percorso. Lucia invece afferma
che lo scopo del suo lavoro sia quello di delineare la connessione tra fotografia e vita
perché le fotografie sono dentro le nostre vite come le nostre vite sono dentro alla
fotografia.
Per molti anni a Lucia è spettato un posto marginale all’interno degli scrittori della
storia della fotografia, forse perché era una donna (e come in tutti i settori le donne
sono condannate ad un ritardo sociale) o forse perché viveva sotto l’ombra del marito.
BIOGRAFIA
Lucia Moholy nasce a Praga nel 1894 con il nome di Lucia Schulz; frequenta un liceo di
lingua tedesca, poi studia filosofia e storia dell'arte Università di Praga. Insegnerà
inglese e tedesco che fa la traduttrice. Si trasferisce a Wiesbaden dove c'era il suo
interesse per la fotografia. Successivamente si trasferisce a Lipsia dove lavora come
redattrice. Infine ha perfino dove conosce il giovane artista ungherese Laszlo Moholy
Nagy. Lui ventiseienne, lei ventisettenne. Si sposano e lei oltre a cambiare i liquidi,
acquisisce anche la cittadinanza ungherese. L'impulso creativo di lui si unisce al
metodo di lavoro razionale e fondato di lei. I siti teorici del testo riguardano l'uso
sperimentale del mezzo fotografico attraverso il fotogramma: una fotografia ottenuta
senza l'uso della macchina, ponendo oggetti opachi o trasparenti a contatto con una
carta sensibile. Il marito viene poi chiamato come insegnante al Bauhaus; scuola che
ha segnato architettura, design, arti figurative e canoni estetici del 20º secolo più di
ogni altra istituzione, fondata dall'architetto Gropius nel 1919. I due coniugi vengono
invitati a creare un catalogo per il nuovo programma riformativo della scuola. Il
programma dietro lusso sostiene fermamente la necessità dell'unificazione di arte e
artigianato anche se non considerava ancora il potenziale della fotografia. Lucia si
trova ad utilizzare il mezzo fotografico per la documentazione dei prototipi industriali
prodotti dalla scuola. Proprio in questi scatti la sua creatività emerge con evidenza.
Mentre Gropius insiste sull'importanza di un nuovo statuto estetico per la produzione
di oggetti d'uso la cui bellezza deve trasparire dalla razionalità della forma, la
prospettiva artistica legata alla presentazione dell'oggetto viene totalmente affidata
alle espressività fotografica. Lucia sceglie di seguire la contemporanea pendenza della
fotografia oggettiva in cui la percezione si compie senza alcuna finalità artistica: gli
oggetti sono denudati davanti all'obiettivo. Scattò un ritratto anche a Julia Feininger,
moglie del noto pittore Lyonel. Lucia si dedica con particolare impegno alla fotografia
ritrattistica rappresentando quasi tutti i componenti della scuola in una serie di
immagini concepite al di fuori della ritrattistica convenzionale. Il colore bianco del
vestito della donna fotografata illumina la parte inferiore dell'immagine mentre i
capelli scuri sopra la metà dell'inquadratura si dissolvono nell'oscurità dello sfondo. Il
volto di Julia è rischiarato da una luce teatrale creata dal riflesso del vestito chiaro, gli
occhi guardano l'osservatore e danno l'impressione di essere fissi e trasmettono una
sensazione di profondità dello spazio. Questa immagine che riassume le qualità
artistiche di Lucia rispecchia il ruolo di intellettuale e fotografa scarsamente
riconosciuta negli anni del Bauhaus. E la fotografò anche uno scorcio in diagonale