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Bauhaus celebre scuola d’arte fondata nel 1919 a Weimar, in
cui la fotografia ebbe un ruolo particolare, poiché vide la nascita di
autori significativi della fotografia tra le due guerre. La stagione
delle avanguardie storiche è stato un allenamento fondamentale per
la crescita di un’intera generazione di autori.
Nel dopoguerra, alcuni di loro creano a Parigi l’agenzia fotografica
Magnum, una cooperativa di giornalisti. Altrettanto importante però
è il nuovo atteggiamento del mondo culturale nei confronti della
fotografia. Nascono i primi musei interamente dedicati alle opere
fotografiche, compaiono i primi volumi riassuntivi di una storia
ormai centenaria, si aprono numerosi corsi di fotografia nelle
università e in altri istituti. Un altro dato significativo è relativo
all’introduzione di una nuova tecnica fotografica. Dal 1941 la
nascita della Kodacolor, darà il via all’utilizzo della fotografia a
colori. Qualche anno dopo la Kodak produrrà la pellicola
Ektacrome, grazie alla quale il fotografo può sviluppare da solo i
negativi a colori, si assisterà a una nuova rivoluzione nell’ambito
dell’utilizzo quotidiano della fotografia. Nei primi anni di
diffusione della fotografia a colori, ci furono molte resistenze da
parte di quegli autori che consideravano la fotografia una forma
d’arte. Solo nel corso degli ultimi decenni si è superato questo
pregiudizio, e si è compreso che la natura dell’immagine
fotografica dipende dalle intenzione e dalle scelte di ogni singolo
fotografo. Intorno alla metà degli anni Cinquanta, la fotografia
vive una stagione di rinnovato fermento creativo e alcuni fotografi
vengono spinti a riflettere sul significato stesso dei termini
fotografia e realtà. Nessuno dei due può ormai avere un senso
univoco, nessuno dei due può piegarsi ad una sola definizione
(“questa è una realtà tra le tante possibili e questa fotografia è una
delle interpretazioni che se ne possono dare”). Lo stesso periodo è
segnato da un altro evento fondamentale: la pubblicazione a Parigi
del libro del giovane fotografo Robert Frank, dal titolo “Gli
americani”. Si tratta di un volume rivoluzionario, che modifica
radicalmente il concetto della fotografia documentaria. Frank
coglie momenti all’apparenza insignificanti della vita quotidiana, e
usa una tecnica volutamente molto semplice. La fotografia quindi
rivela come l’esistenza stessa si compone di infiniti momenti privi
di senso, che hanno significato in quanto esperienza del vivere.
Durante i primi anni Sessanta, il fenomeno culturale più
significativo è rappresentato dalla Pop Art. Nata alla fine del
decennio precedente in Inghilterra, si caratterizza per l’uso di
immagini e di modi espressivi tipici della cultura popolare, come i
fumetti, la pubblicità e le grandi star del cinema. L’affermarsi di
questa tendenza coinvolge direttamente anche la fotografia, poiché
spesso questi autori per realizzare le loro opere si servono di
fotografie originali, o di fotografie tratte dai giornali. Tra gli anni
Sessanta e Settanta, diventa importante l’idea di sequenze o di
composizione di diverse fotografie. Molti autori si rendono conto
che l’opera fotografica non si esaurisce in un’unica immagine, ma
che può avere invece uno sviluppo narrativo. Un artista molto
importante in questo senso è Duane Michals. In questi anni sono
attivi autori che proseguono il linguaggio ereditato dalla tradizione,
aggiungendovi una nuova sensibilità. Franco Fontana ad esempio
fu tra i primi a concepire il colore come autentico tramite per
interpretare la realtà contemporanea, altri come Annie Leibovitz si
inseriscono nel grande filone della natura morta, del ritratto, della
fotografia di moda. Altri ancora raccolgono l’eredità dei grandi
fotoreporter del passato, testimoni non più degli eventi, ma dei
drammi e delle vicende quotidiane di luoghi e popolazioni ai
margini della società. Non è da dimenticare inoltre l’opera dei
cosiddetti “nuovi topografi”, che propongono una visione analitica
del paesaggio, letto in tutti i suoi aspetti. Gli elementi che per
primi emergono da un’analisi di questi anni sono senza dubbio
due: da un alto l’ulteriore successo della fotografia, dall’altro il
progresso della tecnica che incide profondamente sul linguaggio
fotografico. Per quello che riguarda il primo aspetto, i motivi che
permettono questa affermazione sono di natura sia economica che
culturale. Attorno alla fotografia infatti si è ormai costruito un
solido contesto economico, in cui le opere fotografiche vengono
valutate a cifre paragonabili a quelle della grandi opere della
pittura. Questo nuovo interesse ha favorito la nascita di musei
specializzati o la costituzione di specifici dipartimenti fotografici
all’interno dei musei di arte contemporanea. I nuovi procedimenti
di stampa, le tecniche legate al computer, hanno contribuito a
modificare la figura stessa del fotografo e la sua collocazione
all’interno del panorama artistico. Accanto a questo lo sviluppo di
queste nuove strumentazioni tecnologiche permettono di
manipolare all’infinito l’immagine, con la sostanziale perdita di
significato del concetto di negativo originale.
Gli ultimi due decenni sono stati caratterizzati dalla presenza di
diverse tendenze, si è quindi assistito e si sta ancora assistendo ad
una rielaborazione dei diversi linguaggi emersi nel corso del
secolo. A questo vanno aggiunti il rifiuto delle antiche divisioni tra
fotografia artistica, documentaria o professionale, finalmente
considerate come parti inseparabili di un unico operare, e
l’accentuazione dell’aspetto spettacolare della fotografia. In
quest’ultimo caso spicca una fotografia di carattere più visionario,
che evidenzia la natura ambigua dell’immagine riprodotta e che ha
fatto del travestimento e della perdita di identità, il suo nucleo di
ricerca (Cindy Sherman). All’interno di un linguaggio visionario
privo di tensioni affettive, si possono inserire anche gli esponenti
della fotografia costruita, che costruiscono appunto scene
immaginarie attraverso l’utilizzo di tecniche di manipolazione sia
tradizionali che recentissime. Tra gli autori che invece continuano a
privilegiare una fotografia legata al dato di realtà, ci sono Bernd e
Hilla Becher, che alla capacità di guardare senza filtri la realtà
hanno aggiunto l’utilizzo delle fotografie a color e di grande
formato. La fotografia continua ad essere uno dei mezzi privilegiati
per confrontarsi con il mondo nel quale viviamo, per riflettere su di
esso e imparare a guardarlo da angolazioni sempre diverse. Nel
dopoguerra sorgono due distinti schieramenti: uno appoggiato
ufficialmente dal Partito comunista, vede nel realismo l’unico
modello artistico praticabile; l’altro invece vede come inseparabili
il rinnovamento della società e quello del linguaggio artistico e
rifiuta qualsiasi imposizione politica nell’ambito della creazione.
Per inquadrare complessivamente il panorama di questi anni, è
necessario anche ricordare che alcuni dei protagonisti della
fotografia italiana del dopoguerra erano già attivi negli anni
precedenti come quella di Vincenzo Carrese, il titolare
dell’Agenzia Publifoto. Con questa agenzia, anche in Italia si
afferma definitivamente il giornalismo fotografico, che avrà i suoi
momenti di punta nel corso degli anni Cinquanta, con settimanali
come Epoca e Il Mondo.
La fioritura del fotogiornalismo privo di ogni pretesa artistica,
raggiungerà il suo culmine in un fenomeno che in tutto il mondo
sarà conosciuto con un termine italiano, quello dei paparazzi: nati
nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando Roma divenne
una delle capitali mondiali della mondanità legata al cinema.
Il fotoreportage raggiunse i suoi esiti più alti nel corso degli anni
Cinquanta e Sessanta, con i servizi dall’Ungheria invasa dalle
truppe sovietiche nel 1956, dalle fabbriche italiane, dall’Africa, dai
ritratti delle città, che rimangono ancora oggi esemplari di un modo
di intendere la fotografia come testimonianza del presente.
A fianco di queste esperienze correva un filone parallelo, quello
della fotografia di ricerca, attenta più ai valori formali che a quelli
esplicitamente documentari. Esemplare è a questo proposito
l’affermazione poetica di Giuseppe Cavalli (gruppo fotografi La
Bussola) che si concludeva dicendo “in arte il soggetto non ha
nessuna importanza”. Gli autori che si ispiravano a questa
affermazione non rinunciarono mai al soggetto e alla sua
riconoscibilità, ma lo usarono come un pretesto per dare vita a
composizione di grande suggestione formale.
La figura che in questo senso avrà maggiore successo, sarà quella
di Mario Giacomelli, che ha incentrato gran parte della sua ricerca
sugli aspetti umani e paesaggistici della propria terra natale. Le sue
immagini trasformano luoghi e persone in apparizioni astratte, con
una perfetta padronanza della tecnica del bianco e nero. La figura
più significativa del passaggio agli anni Sessanta è senza dubbio
quella di Ugo Mulas, che in questi primi anni inizia un
approfondito lavoro a fianco dei maggiori artisti del tempo. Nelle
sequenze realizzate viene colto nel momento dell’azione.
Esemplare è la sequenza che vede l’artista Lucio Fontana nell’atto
di realizzare uno dei tagli che lo hanno reso celebre. Dopo questa
esperienza Mulas si rivolge ad un ambito più sperimentale,
realizzando la serie delle Verifiche. Si tratta di una riflessione della
fotografia su se stessa, sui propri strumenti e sulla propria natura.
Egli riuscì a dimostrare che la divisione tra fotografia documentaria
e sperimentale poteva essere abbattuto, che non c’era nessuna
ragione per schierarsi da una parte o dall’altra.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, si ha la
prima autentica affermazione della fotografia all’interno del mondo
artistico italiano. Gli elementi che invece appaiono ancora deboli,
sono il mercato e gli studi intorno alla fotografia, alla sua storia e
alla sua attualità. Questi ritardi pesano ancora oggi sul mondo della
fotografia e sulla sua capacità di imporsi fuori dai confini nazionali.
Tra le tante opere realizzate nel corso degli anni Settanta, alcune
appartengono ad autori i cui modi espressivi sono tipici dell’area
concettuale: il frequente ricordo alla sequenza di immagini, fino a
creare in alcuni casi, un vero e proprio racconto accomp