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LE MONTAGNE, LUOGHI SACRI PER LO SCIAMANESIMO
L’entrata del mondo Ōmine (attualmente considerata una sorta di mecca per lo Shugendō), è rialzata
rispetto al resto del paesaggio e per due terzi è ricoperta da prato e fiori, per un terzo da rocce. E’
circondata da un profondo dirupo e soltanto una strada porta a sud, a Kumano. Il resto del territorio
richiama la desolazione e le grotte sono temute in quanto ritenute entrate per un altro mondo.
Le quarantotto cascate di Nahi si dice arrivino dal paradiso e anticamente ospitavano le pratiche degli
shugenja. Sono il simbolo della convivenza tra il nostro mondo e quello degli spiriti e si dice siano abitate
dai kami.
Le condizioni impervie dei dirupi e delle catene rocciose che circondano i luoghi sacri, hanno portato gli
stessi ad essere considerati come tartarughe o draghi, animali che supportano il cosmo.
Stando a quanto scritto nello Shozan engi (Storia delle Montagne), opera compilata nel periodo Heian, i
Buddha del mondo dell’utero proteggono le vette dell’area di Kumano, quelli del mondo del diamante sono
invece assegnati all’area di Yoshino. Col tempo, questa netta divisione si perse e si confuse, e sorse un
luogo sacro tre le due vette che funzionasse da mediatore. Inoltre, il mineiri (l’entrata) di Kumano fu
associata al mondo del grembo (junbu), viceversa quella di Yoshino al mondo del diamante.
Già dalla fine del periodo Heian fiorì un centro per le pratiche ascetiche nel villaggio di Zenki, sul monte
Ōmine. Qui erano raccolti diversi luoghi legati al paranormale, come il Kontai no Kutsu (la cava dei mondi
del diamante e dell’utero) e l’intera zona era ritenuta un cosmo a sé stante. Nel posto chiamato Ten no
Nijuhasshuku vi era una corda attaccata ad una ripida parete di roccia, che apparentemente conduceva in
paradiso, mentre nel Chi no Sanjuroku c’era una strada angusta lungo un precipizio che sembrava scendere
direttamente all’inferno. Il Mie no Iwaya consiste in tre cave, l’inferiore delle quali è considerata il mondo
di Amida, quello al centro il mondo dell’utero, quello superiore il mondo del diamante.
Il Monte Ōmine e il monte Sumeru sono considerate montagne d’oro, in quanto fondamentali nella
cosmologia buddhista e luogo scelto da Buddha per manifestarsi. Il fiume Tenkawa, che scorre sul monte
Miseru, bagna anche le rive di Yamato, Ise e Kumano, quindi la montagna è anche considerata fonte di
acqua.
IL MITO ORIGINARIO DEL COSMO
L’area di Yamato sul monte Katsuragi, dove pare che il fondatore dello Shugendō En no Ozunu svolgesse le
sue pratiche ascetiche, è uno siti sacri collegati al monte Ōmine. Secondo la leggenda, l’acqua è la fonte del
paradiso e della terra. All’inizio apparve un germoglio (Ame no Nuboko) e da esso nacque uno spirito santo
(kami). Esso aveva mille teste, duecento mani e piedi e fu chiamato Jihi Shin Ō. Dal suo ombelico fiorì un
fiore di loto, che ospitava Bonten Ō, un kami in forma umana che irradiava luce. Quest’ultimo diede alla
luce otto figli, tra cui il sole, la luna, le stelle e gli antenati della famiglia imperiale. Più tardi, le due divinità
Izanami e Izanagi, usarono l’Ame no Nuboko, un’asta con gioielli, per donare poteri sovrannaturali agli
elementi della natura. Finita questa operazione, conficcarono la lancia nel cuore di Yamato, rendendolo il
pilastro sacro del Paese.
Un’altra leggenda racconta che all’inizio dell’universo ci fosse solo una massa di caos senza senso,
marchiata dalla sacra lettera “a” di Dainichi Nyorai. Da essa nacquero la terra e il paradiso e le due forze
cosmiche dello yin e dello yang. Questa storia costituì le fondamenta della filosofia dello Shugendō.
LA COSMOLOGIA NELLE PRATICHE MISTICHE DELLO SHUGENDŌ
Le origini del paradiso, della terra e degli dei sono anche presenti nella meditazione e negli altari venerati,
un rito che raffigura la creazione del sito cerimoniale per la divinità principale.
L’Ōmine kai’e mangyō jizai shidai istruisce i fedeli sul come diventare Buddha. Una delle sue sezioni spiega
che gli asceti si sedettero in silenzio visualizzando di fronte a loro la terra: dall’acqua al centro di
quest’ultima apparve la sacra “a” di Dainichi Nyorai, che divenne il monte Sumeru. Dal monte sbocciò un
fiore di loto con la lettera “a”, che durante la luna piena si trasformò in un vajra e soltanto allora divenne
esso stesso una divinità.
Sull’altare per il rito del rituale dello Shugen saishō e’i sanmayaho rokudan, sono poste sei divinità (Dainichi
Nyorai, Nagarjuna, Aizen Myōō, Kongō Dovji, Kinshadaishō e Benzaiten). In questo caso, la lettera “a” da
alla luce sia al monte Ōmine che al monte Katsuragi, sul quale apparve un palazzo. Dentro questo palazzo
sbocciò una lettera sacra per ciascuna delle divinità venerate, che poi si trasformò a sua volta in oggetto di
venerazione.
In entrambi i casi, quindi, l’ordine di apparizione è simile: la lettera sacra di Dainichi, la montagna cosmica,
il palazzo, il seme sacro, il vajra e le divinità. Il seme di Dainichi da il via alla creazione partendo dal caos e le
montagne appaiono dall’acqua.
Ci sono anche altri rituali che mostrano l’idea che lo Shugendō ha della creazione. E’ il caso
dell’hashiramoto goma, il rituale dell’erezione del pilastro, il cui scopo è di permettere al praticante di
diventare un Buddha. L’interazione degli elementi materno e paterno permettono di far lue nel caos iniziale
e il fedele rinasce. Se davvero tutto è nato così e tutte le cose possiedono la natura di Dainichi Nyorai, con
questa nuova nascita lo stesso praticante ottiene la sua natura e diventa l’asse che collega il paradiso e la
terra.
ELEMENTI SCIAMANICI NELLA COSMOLOGIA SHUGENDō
Il cosmo, che inizialmente si trovava in uno stato di caos, riuscì a trovare il suo ordine grazie alla lettera
sacra di Dainichi Nyorai. Terra e paradiso furono separati, sbocciò un germoglio e divenne una divinità. Lo
stesso vajra era l’asse che collegava la terra e il paradiso e si trovava al centro del mondo. Secondo alcune
leggende l’oggetto cerimoniale avrebbe addirittura dato i natali a Fudō Myō-ō.
La cosmologia dello Shugendō, quindi, è divisa in terra e paradiso, collegati dalle montagne. L’oggetto di
venerazione è l’axis mundi, o il Buddha che rappresenta il cosmo. Attraverso il ritiro sulle montagne,
l’asceta entra in contatto con il cosmo e diventa egli stesso l’axis mundi. Simbolicamente questo significa
che gli esseri umani possono varcare le soglie dell’altro mondo e gli spiriti possono entrare nel nostro.
IL DIVIETO PER LE DONNE SUL MONTE SANJō
L’accesso al monte Sanjō, nel complesso di Ōmine, è vietato alle donne. Gli altri luoghi sacri hanno ormai
fatto a meno di tale proibizione, al punto che alcune cerimonie vengono spesso inaugurate dalle donne.
Storicamente, è risaputo che anche sul monte Kinbu, nella provincia di Yamato, vi era il divieto per le donne.
Ai piedi delle montagne che praticavano il divieto, erano stati costruiti posti appositamente per le donne:
erano detti Fushioagmi o Boshidō.
Soltanto con il governo Meiji si ottenne il decadimento ufficiale della proibizione, insieme al permesso, per i
monaci, di sposarsi, lasciar crescere i capelli e indossare vesti civili quando non impegnati negli impegni
clericali. Di fronte a questo mandato, molti a Yoshino (e in particolare sul monte Sanjō) si ribellarono finché,
nel 1878, il governo non chiarì che il precedente atto non aveva intenzione di modificare le costituzioni
delle singole sette, che avevano quindi una loro indipendenza. Da quel momento imporre il divieto alle
donne divenne quasi una legge per gli asceti del tempio Sanōzaō, tanto da costringere le strutture limitrofe
a garantire uno spazio margine di confine così che le donne fossero abbastanza lontano dal territorio a loro
proibito.
A parte rarissimi casi, pare non ci siano stati veri e propri tentativi da parte delle donne di rompere il divieto.
Nel 1932 le vette di Ōmine sono state designate come Parco Nazionale, per cui è stato riproposto di
permettere alle donne di accedere almeno alle aree “civili”. Anche in questo caso non sono state ricevute
concessioni: una presenza femminile potrebbe infastidire gli asceti durante le loro pratiche.
Col tempo sono stati tenuti diversi meeting per abbattere il divieto, e in tutta risposta i praticanti sul monte
Sanjō hanno inviato una petizione al Governo di Nara per richiedere l’allontanamento delle donne persino
dalle aree confinanti.
Nel secondo dopoguerra, fomentate dalle promesse di pari opportunità del governo e dalle forze occupanti
occidentali, molte donne cercarono di abbattere il divieto, ribellione che sfociò in diversi incidenti.
Finalmente i praticanti dell’Ōmine-san ottennero anche dagli americani il riconoscimento come zona
vietata alle donne.
Nel 1947, una donna tentò di raggiungere il monte, adducendo di aver ottenuto il permesso addirittura da
En no Gyōya. Pare che una volta giunta all’entrata del luogo sacro, le fosse apparsa una luce che l’avesse
convinta a tornare a valle.
Quando il numero di donne che veneravano gli dei i cui santuari erano nei distretti proibiti aumentò, nel
secondo dopoguerra, il tempio Ryusen, a Dorogawa, decise di permettere loro l’accesso almeno nelle
cerimonie ufficiali e mise a disposizione un edificio per le loro preghiere.
E’ anche vero che esistono templi in cui è la presenza maschile a non essere accettata. Chi si dedica alle
pratiche ascetiche, fa voto di rinuncia anche per i piaceri carnali e lo stesso En no Gyōja pare sia stato
costretto a cacciare sua madre dal sito sacro. Aprire le porte di questi luoghi potrebbe inoltre scoraggiare il
ritiro di coloro i quali sono tradizionalisti e vorrebbero praticare la loro fede secondo gli storici principi.
MOTIVI RELIGIOSI
La zona di Ōmine è storicamente chiusa alle donne fin dal periodo Heian ed è legata ad un episodio della
vita di En no Gyōja, costretto a lasciare sua madre per percorrere la sua strada.
Alcuni racconti tramandati oralmente e il Shozan engi (Storia delle Montagne), però, raccontano che la
madre dello storico fondatore abbia in realtà vissuto sul monte Hōtō in una casa di pietra ad un giorno di
viaggio dal monte sacro. Il figlio devoto, ogni giorno, dedicava tutti gli onori necessari per sua madre presso
l’altare principale, e pare avesse costruito un memoriale chiamato Sentō tōba kuyō per sua madre presso il
monte Dainichi, a sud di Jinzen.
Una volta esiliato da Izu a causa delle calunnie di Hitokotonushi no Mikoto, En no Gyōja tornò a Jinzen. Qui,
dopo aver affidato la guida dei suoi seguaci al demone Zenki, si rasò, nascose sua madre i