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PARTE II – DELLA PRINCIPALE QUESTIONE TRASCENDENTALE
- Come è possibile la scienza pura della natura? –
14. La natura è l’esistenza delle cose in quanto determinate da leggi universali.
Se “natura” significasse l’esistenza delle cose in sé, dice Kant, non potremmo
conoscerle né a priori, né a posteriori. Infatti, dal momento che il nostro intento è
quello di giungere alla conoscenza delle caratteristiche della cosa in sé, di certo non
possiamo giungervi in modo analitico, cioè tramite la scomposizione dei nostri
concetti: io, infatti, non voglio sapere cosa sia contenuto nel mio concetto di una cosa,
ma che cosa venga ad aggiungersi a questo concetto nella realtà della cosa.
Anche a posteriori la conoscenza delle cose in sé è impossibile.
Infatti l’esperienza mi dimostra che un certo oggetto esiste e mi insegna come esso
esiste, ma non mi dimostra mai che questo deve essere così, in maniera necessaria.
15. Tuttavia esiste una scienza pura della natura che illustra a priori e
necessariamente le leggi a cui la natura è sottomessa.
Tra i principi della fisica ve ne sono alcuni, dice Kant, che hanno quell’universalità che
noi esigiamo (ex- la proposizione che la sostanza permane e non si distrugge ecc…).
Leggi di questo tipo sono leggi universali di natura e sussistono a priori.
Esiste, dunque, davvero una fisica pura.
Riconoscere come un fatto incontestabile che vi è una dottrina formale della natura
significa tuttavia interrogarsi ancora una volta sulla sua possibilità. Come per la
matematica, così anche per la fisica pura occorre chiedersi: com'è possibile tale
dottrina?
17. La conoscenza della natura a cui ambiamo pervenire non è quella della cosa in sé,
ma quello del suo esistere formale, cioè l’esistere in conformità a leggi universali di
tutti gli oggetti dell’esperienza.
Avremo a che fare, dunque, soltanto con l’esperienza e con le condizioni universali
date a priori.
18. Kant qui distingue tra “giudici empirici”, che sono giudizi di esperienza e hanno
validità obiettiva e “giudizi di percezione”, che sono validi solo soggettivamente. Kant
fa l’esempio di alcuni giudizi di percezione : “la camera è calda, lo zucchero è dolce
ecc..”.
Tali giudizi sono validi solo soggettivamente perché esprimono soltanto una relazione
di due sensazioni su uno stesso soggetto.
I primi, per sussistere, richiedono sempre, oltre alle rappresentazioni dell’intuizione
sensitiva, la presenza di concetti originari dell’intelletto, che fanno sì che il giudizio di
esperienza sia oggettivamente valido.
20. Dovremo, dunque, indagare come sia possibile lo stesso giudizio di esperienza.
Esso muove, innanzitutto, a partire dall’intuizione (percezione) legata ai sensi. In un
secondo momento interviene il giudicare, compito che spetta all’intelletto.
Questo giudicare, però, può essere duplice: o confronto le percezioni e le collego in
modo che siano valide per me, oppure le collego in una coscienza generale.
Ne primo caso avrò un giudizio di percezione, mentre nel secondo, uno di esperienza.
L’intuizione data dai sensi deve essere sussunta sotto un concetto che determina la
forma del giudicare in generale: collega la coscienza empirica dell’intuizione in una
coscienza in generale, dando validità universale ai giudizi empirici.
Gli stessi giudizi della matematica pura valgono perché non costano mai di semplici
intuizioni collegate in un giudizio solo attraverso il loro confronto.
Anzi, i giudizi sintetici non sarebbero possibili se, ai concetti tratti dall’intuizione non
fosse venuto ad aggiungersi un concetto puro dell’intelletto, sotto al quale quei
concetti sono stati sussunti e collegati in un giudizio oggettivamente valido. (ex. P
111- 112).
21. Per poter spiegare quali sono le categorie dell’intelletto, Kant inizia con lo stendere
una tavola dei giudizi, da cui verranno tratte le categorie (p. 113 -115)-
A partire da questi concetti saranno anche i principi a priori della possibilità di ogni
esperienza come conoscenza empirica oggettivamente valida (p. 117).
22. I sensi hanno dunque il compito di intuire, mentre l’intelletto ha quello di pensare,
ovvero quello di unire delle rappresentazioni in una coscienza.
L’unione delle rappresentazioni in una coscienza è il giudizio.
PENSARE = GIUDICARE
Pertanto i giudizi saranno solamente “soggettivi” se le rappresentazioni sono riferite
ad una coscienza in un soggetto o “oggettivi”, se esse risultano unite in una coscienza
in generale, necessariamente.
23. I principi dell’esperienza possibile sono leggi universali della natura che possono
essere conosciute a priori. È così risolta la questione di come sia possibile una scienza
pura della natura.
27. Hume affermava l’impossibilità di dimostrare la relazione dell’esistenza di una cosa
con l’esistenza di qualcos’altro.
Kant aggiunge che, allo stesso modo, da questo punto di vista risulta difficile
comprendere il concetto di sussistenza, cioè della necessità che a fondamento
dell’esistenza delle cose ci sia un soggetto che non possa anche essere predicato di
qualche altro e la stessa inconcepibilità riguarda anche quelle che il filosofo definisce
“comunanza” (azione reciproca).
Tuttavia egli nega che questi concetti sono esclusivamente prodotti dell’esperienza,
ma anzi ritiene di aver sufficientemente dimostrato che essi e i principi che ne
derivano stanno a priori, prima dell’esperienza.
29. Il dubbio di Hume si dissolve se lo si considera dalla giusta prospettiva. Noi, infatti,
possiamo benissimo comprendere il concetto di causa, in quanto appartenente alla
pura forma dell’esperienza.
Ciò che non possiamo comprendere è la possibilità di una cosa in generale come
causa, proprio perché il concetto di causa non indica una condizione inerente alle
cose in sé, ma solo una condizione inerente all’esperienza.
Ne consegue che se tra le forme a priori della natura vi è il suo essere retta dal
principio di causalità, allora di questo principio dovremo fare una forma del nostro
conoscere. Proprio come la forma della nostra sensibilità determina la struttura
spazio-temporale della nostra esperienza, così il concetto di causalità come forme
pura del nostro intelletto diviene il filtro attraverso il quale intendiamo il mondo
fenomenico. La struttura a priori della causalità è dunque innanzitutto una struttura a
priori della conoscenza.
30. Questa è la ragione per cui i concetti dell’intelletto (le categorie) non hanno alcun
significato se li si separa dall’esperienza per riferirli alle cose in sé. Queste
considerazioni risolvono il problema di Hume e permettono di salvare la condizione di
a priorità dei concetti dell’intelletto e di necessità e universalità dei principi di questo.
Tutto ciò, però, a patto che ci si limiti ad applicarli all’esperienza.
36. – Come è possibile la stessa natura?-
La questione riguardante la possibilità stessa della natura si scompone in due quesiti:
come è possibile la natura in senso materiale, cioè secondo il dato dell'intuizione e
come è possibile, invece, in senso formale.
La risposta al primo quesito è data, nella Critica, dall’Estetica trascendentale: essa è
infatti possibile grazie alla nostra sensibilità e alle sue forme a priori con cui
percepiamo i fenomeni del mondo esterno.
La seconda questione ci porta, in generale, a domandarci come sia possibile la natura
nel significato formale, ovvero come insieme di regole alle quali devono sottostare
tutti i fenomeni affinché siano pensati come connessi in un’esperienza.
In questo caso la risposta (Logica trascendentale nella Critica) va ricercata
nell’operazione del giudicare condotta dall’intelletto per mezzo delle sue categorie e
dei suoi principi.
Kant sottolinea, però, che non ci è dato conoscere come sia possibile questa proprietà
della sensibilità o del nostro intelletto: infatti, per ogni risposta possibile, dovremmo
comunque ricorrere a quella stessa proprietà.
Esistono molte leggi della natura che possiamo conoscere solo per mezzo
dell’esperienza, ma non possiamo, tramite questa, conoscere la natura in generale,
poiché l’esperienza stessa ha bisogno di tali leggi che stanno a priori, a fondamento,
della sua possibilità.
La possibilità dell’esperienza in generale è, dunque, allo steso tempo la legge
universale della natura e i principi dell’esperienza sono quelle stesse leggi di natura.
L’unico modo per conoscere la natura è infatti quello di considerarla come insieme di
fenomeni, cioè delle rappresentazioni in noi.
Dal momento che possono essere conosciute a priori leggi universali della natura,
giungiamo alla conclusione che la legislazione universale della natura vada ricercata in
noi stessi, cioè nel nostro intelletto e che noi dobbiamo cercare le leggi universali
della natura mediante l’esperienza, ma, allo stesso tempo, dobbiamo cercare la natura
nella sua conformità alle leggi universali solo partendo dalle condizioni sotto le quali è
possibile l’esperienza e che si trovano nella sensibilità e nell’intelletto.
L’intelletto, dunque, non attinge le sue leggi (a priori) dalla natura, ma le prescrive ad
essa.
Kant chiarisce questo concetto p. 155-158.
APPENDICE ALLA SCIENZA PURA DELLA NATURA
- Del sistema delle categorie –
39. Già Aristotele aveva individuato 10 concetti puri a cui aveva dato il nome di
“categorie”.
Ma non si trattava di un vero e proprio sistema.
Kant dichiara di aver ricercato un atto intellettivo che potesse contenere tutti gli altri e
si distinguesse solo per le diverse modificazioni o momenti nel sottoporre il molteplice
della rappresentazione all’unità del pensiero in generale e di averlo trovato nel
giudizio.
Tra i concetti puri dell'intelletto e le forme logiche del giudizio deve sussistere una
relazione di corrispondenza. La funzione logica delle categorie deve pienamente
corrispondere con la funzione logica che struttura il giudizio nelle sue differenti forme.
Stilando una tavola dei giudizi e riferendo le varie funzioni del giudicare ad oggetti in
generale, o meglio, alla condizione di determinare i giudizi come oggettivamente
validi, ne sono scaturite le categorie dell’intelletto.
La differenza di questo sistema di categorie, rispetto a quello aristotelico,