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CINEOCCHIO E RIVOLUZIONE: DZIGA VERTOV
L’attività registica di Vertov (1896-1954) si fonda su una concezione teorica del cinema fortemente politica,
aderente ai principi rivoluzionari dell’Unione Sovietica. Alla base del pensiero vi è la convinzione di dover
costruire un’alternativa ai film di finzione cioè produzioni cinematografiche precedenti, che derivavano da
altre forme d’arte come il teatro o la pittura e in particolare dalla letteratura.
Il nuovo cinema “non recitato”:
• avrebbe dovuto prodursi portando alle estreme conseguenze le capacità della macchina da presa, definita
dal regista come cineocchio in grado di mostrare l’invisibile, ovvero tutto ciò che l’occhio umano non può
vedere. Il cineocchio, detto anche occhio meccanico ci illustra il mondo come solo lui può vederlo, ed è in
gradi di liberarsi dell’immobilità umana essendo in continuo movimento (si avvicina e si allontana, si muove
fianco a fianco a un cavallo in corsa, si leva in volo con gli aereoplani…)
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• altro elemento fondamentale era l’esigenza di una “cinematizzazione delle masse” ovvero fornire
un’educazione cinematografica agli operai e ai contadini dell’URSS.
Vertov sottolinea l’importanza dell’ INTERVALLO, cioè dello scarto tra 2 immagini in relazione come principio
di un film che non sia di finzione.
Sempre secondo il regista per restituire la realtà nella sua completezza l’elemento fondamentale diventa il
MONTAGGIO, chiamato da Vertov “ organizzazione del mondo visibile”, molto lontana da una concezione
che ne evidenzia le finalità narrative, che era al centro di alcuni autori sovietici a lui contemporanei come Lev
V. Kulesov, ricordato per un suo celebre esperimento:
EFFETTO KULESOV: lo stesso primo piano delll’attore Mozzuchin, montato accanto a diverse immagini
(una scodella di minestra, un cadavere, una bambina) produceva nel pubblico interpretazioni differenti della
stessa espressione (fame, dolore, tenerezza)
Nel 1924, la realizzazione insieme al gruppo dei Kinoki (cineocchi) di La vita colta sul fatto, una serie di film
che avrebbe dovuto essere seguita da altre 5, costituendo nell’insieme il MANIFESTO cinematografico del
Kinoglaz ( Cineocchio), metteva in pratica questi principi.
Il progetto non ebbe seguito a causa della mancanza di fondi.
Il testo I KINOKI. UN RIVOLGIMENTO, pubblicato nel 1923 è un manifesto in cui il gruppo guidato da Vertov
annuncia l’essenza del nuovo cinema.
• l’introduzione dichiara la fine dei vecchi principi cinematografici ( dichiarando “ tutto ciò che abbiamo fatto
fin ora in campo cinematografico è un errore al 100%) la cinepresa copiava il lavoro dell’occhio
• si afferma l’esigenza di fare del cinema uno strumento AUTONOMO che possa manifestare fino in fondo le
proprie facoltà naturali.ovvero distaccarsi dallo “scheletro letterario”
• il testo è composto da 5 paragrafi, al centro troviamo: esaltazione della cinepresa come superiore all’occhio
umano nel decifrare la realtà. La macchina da presa deve essere perfezionata e usata in tutte le sue
potenzialità. Il cinema è in grado di riorganizzare il reale attraverso il montaggio nel tempo e nello spazio,
operazione che può creare una nuova percezione del mondo, si possono creare collegamenti tra luoghi
diversi e distanti,importanza del montaggio come nuova percezione del mondo
• il testo si conclude con una critica nel confronto del teatro, a causa dei nuovi metodi usati come la
biomeccanica( teoria dell’organizzazione dei movimenti dell’attore nello spazio teatrale)
I KINOKI: organo direttivo “il consiglio dei 3”. Era composto da Vertov, Skilova, Kaufman. La loro funzione
avrebbe dovuto estinguersi quando il gruppo si sarebbe trasformato in un movimento cinematografico in
grado di autogestirsi.
IL MONTAGGIO COME PRINCIPIO GENERALE: SERGEJ M.
EJZENSTEJN
Sergej M. Ejzenstejn (1898-1948) è considerato tra i più importanti ed originali nell’ambito dell’estetica del
cinema.
La sua base teorica era basata sulla convinzione che l’arte in generale ,e non solo quella del cinema,
provochi nello spettatore un’esperienza emotiva, “psico-sensoria” che però ha bisogno della sollecitazione di
un pensiero, di un elemento ideale.
Questa convinzione emerge in uno scritto del ’23 Il montaggio delle attrazioni che ha come oggetto il
TEATRO, se l’attrazione è il momento “aggressivo” del teatro, in grado di scuotere e modellare lo spettatore
verso la ricezione dello spettacolo, il montaggio indica il processo compositivo delle singole e autonome
azioni che orienta l’insieme verso l’effetto desiderato.
In un saggio successivo Il montaggio delle attrazioni cinematografiche il cinema viene descritto come “arte
delle combinazioni” per eccellenza, infatti secondo l’autore l’arte cinematografica trova il suo significato
nell’essere una “forma di violenza” che sollecita la psiche dello spettatore attraverso le combinazioni dei
singoli elementi attuata nel montaggio. In un teatro si crea un rapporto di prossimità fisica con gli attori, cosa
non possibile con il dispositivo cinematografico, possiamo quindi ricorrere al montaggio che eviti do filmare
l’intero corso di un’azione ricorrendo a un unico piano totale, ma usando brevi inquadrature ravvicinate e
proponendo successivamente il piano totale.
Nella produzione degli anno 20 come Sciopero, La corazzata potemkin, Ottobre.. emergono le
considerazioni teoriche interne al movimento dell’avanguardia sovietica.
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La libertà di pensiero di Ejzenstejn emerge anche con la reazione avuta con l’avvento del sonoro nel
cinema: in un panorama ostile nei riguardi della nuova invenzione.
Lui insieme ad altri autori scrisse “Manifesto dell’asincronismo” in cui sottolineavano come le potenzialità del
suono del cinema servissero come alternanza rispetto all’elemento visivo, da realizzare con un adeguato
montaggio sonoro.
L’opera cinematografica realizzata con il sonoro e poi il colore ha una natura “polifonica” e si mostra come
un’unita sintetica di diversi piani grazie al procedimento di MONTAGGIO VERTICALE.
Un esempio di “polifonia audiovisiva” possiamo trovarla nel suo ultimo capolavoro Ivan Groznyj, uscito in
Italia con il titolo Ivan Il Terribile (la seconda parte, vietata, La congiura dei Boiardi)
A partire dagli anni 20 si dedicò a un lungo testo che rimase incompiuto e pubblicato dopo la sua morte
MONTAZ ’37, tradotto in Italia TEORIA GENERALE DEL MONTAGGIO.
In particolare vediamo la differenza e la relazione nel film tra Rappresentazione e Immagine.
Infatti secondo il regista, nell’opera cinematografica, deve esseri una continua “conversione” tra la
rappresentazione del fenomeno mostrata nell’inquadratura e la sua trasformazione in immagine
“generallizante” che gli conferisce il senso. E’ proprio il montaggio che permette il conferimento di significato,
cioè che trasforma l’apparizione del fenomeno in “un’immagine orientata”.
Esempio uan scena di lotta, la scena introduttiva ( precedente alla lotta) può essere introdotta in 2 modi: o
con un piano generale o per mezzo del montaggio ( se stanno litigando per un pacchetto, vedo prima il
pacchetto, poi una mano, poi un’altra mano.. fino alla veduta generale) non si vede la rappresentazione della
lite ma sorge l’immagine della lite e siamo coinvolti come un terzo partecipante. Questo è identico alla
prestazione di un attore teatrale che non recita una lotta imparata a memoria ma che improvvisa davanti allo
spettatore. In questo caso ci sentiamo partecipi anche se siamo di fronte a un piano generale.
Il montaggio viene visto come un processo di interpretazione in cui si può notare quel legame del cinema
con il pensiero (nucleo fondante della riflessione ejzenstejniana). Rappresentazione e immagine appaiono in
tal modo in un’unità sintetica
Compito di Ejzenstejn è quello di analizzare come si manifesta la conversione in tutti e tre le fasi della storia
del cinema:
• ripresa da un unico punto= composizione plastica origini montaggio
• ripresa da più punti = composizione di montaggio
• film sonoro= composizione musicale futuro del montaggio
Oggi si usa definire che il cinema a più punti è il cinema di montaggio, FALSO. Qualunque tipo di cinema è
un cinema di montaggio perché l’elemento basilare del cinema “ la mobilità della fotografia” è un fenomeno
di montaggio. Che cosa è il fenomeno della mobilità della rappresentazione fotografica nel cinema? Si fa una
serie di riprese immobili delle diverse fasi di uno stesso mocìvimento, si ricavano dei “fotogrammi”, la loro
reciproca correlazione di montaggio, che avviene nel corso della proiezione a una certa velocità, li riconduce
a un processo unitario che la nostra percezione coglie come movimento. Questo processo è uno stadio del
micro montaggio. Il macromontaggio è la correlazione di singole scene, di intere parti dell’opera. Quindi il
montaggio è presente in tutte le parti dell’opera cinematografica
Nel testo LA NATUR NON INDIFFERENTE (fine anni 30), il concetto di dinamicità di un’opera è cruciale.
Dove viene messo in risalto il movimento incessante dall’uno altro dei differenti registi espressivi del
film( esempio dalla prevalenza spaziale, a quella sonora, a quella cromatica); questo passaggio è definito
come estasi, a questo interrotto movimento estatico del film corrisponde il pathos dello spettatore,
esperienza sensoriale ed emotiva che nello stesso tempo sollecita il pensiero, come viene descritta
dall’autore: qualcosa che constringe lo spettatore a uscire da se stesso.
Lo spettatore entra in uno stato di estasi, grida, applaude, balza in piedi sulla sedia come le “ Scalinate di
Odessa”.
L’AVVENTO DEL SONORO E L’EVOLUZIONE DI UN’ARTE NUOVA: BELA
BALAZS
Il teorico Bela Balazs fu tra i primi studiosi a cogliere la portata rivoluzionaria del cinema in quanto mezzo
artistico capace di cambiare la nostra visione del mondo e del quale si poteva studiare la nascita e lo
sviluppo.
Il primo scritto del 1924 L’uomo invisibile rispecchia molto della sua formazione filosofica, il punto di partenza
di questo scritto era data dalla necessità di trovare una teoria estetica per quella che si presentava “l’arte
popolare” del Novecento; un mezzo dalle infinite possibilità e in grado di influire sulla psiche umana e
sull’intera società. Il cinematografo è visto come un’in