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SECONDO MODULO
Imprese ed imprenditori in Italia: i lanieri e i cotonieri
La fabbrica cotoniera in senso moderno sbarca in Italia durante l'età della Restaurazione e ha il suo
compimento poco prima dell'unità nazionale. Dove sono localizzate queste fabbriche durante la seconda
metà dell'Ottocento? Il grosso della produzione è localizzato in Piemonte, Lombardia e Veneto con la
seconda che è molto specializzata nel settore cotoniero il quale è localizzato in valli come quella Seriana
dove si era rifugiata l'antica manifattura fuggita dalle città nel Seicento, la manodopera essendo di stampo
familiare ha un costo molto più basso rispetto all'impresa urbana in quanto si tratta di lavoratori agricoli che
integrano la loro occupazione principale con l’attività tessile, il lavoro era inizialmente erogato a domicilio
come avveniva in Inghliterra. Nel 1860 abbiamo una battuta di arresto dovuta alla perdita del mercato
veneto, alla rivoluzione americana (toglie molti rifornimenti di materie prime) e all'Unità d'Italia (porta
l'abolizione dei dazi doganali); in quest'ultimo aspetto non tutti riescono a resistere come ad esempio i
produttori lanieri meridionali i quali perdono le commesse militari che avevano con l'esercito borbonico. Dal
1878 in poi si ritorna ai dazi doganali e il settore torna a crescere, i processi produttivi sono tuttavia ancora
molto manuali, le fabbriche cotoniere e laniere tendono più spesso a integrarsi tra loro.
Gli imprenditori sono un mondo molto vario: commercianti, piccoli possidenti, nobili (soprattutto nel settore
cotoniero come la famiglia Visconti di Modrone) anche stranieri (per la maggior parte svizzeri). Sono molto
avvezzi all'innovazione e sfruttano il basso costo del salario dato dal lavoro in fabbrica concepito come
secondo lavoro e dall’utilizzo di manodopera femminile e infantile, ampio turnover all'interno del personale.
I capitali sono limitati con bassi costi di ingresso, città come Monza vedeva al suo interno imprese in grado di
produrre un tessuto molto resistente ad un costo contenuto e imprese che si rivolgono al segmento medio-
alto della popolazione (ad esempio la Frette).
Gli imprenditori del cotone a fine Ottocento accettano di innalzare l'età minima di ammissione in quanto il
loro processo produttivo era già abbastanza meccanizzato tale da non dipendere eccessivamente dalla
manodopera, le regole di comportamento all'interno della fabbrica erano molto stringenti per obbligare gli
operai a lavorare in un modo diverso rispetto alle abitudini correnti (lavoro di tipo contadino molto soggetto a
stagionalità).
Poco prima della Seconda Guerra Mondiale l'Italia diventa un paese esportatore di filati e tessuti, una
crescita talmente intensa da causare una crisi di sovrapproduzione la quale viene orientata verso i paesi
sudamericani (terra molto interessata da fenomeni di emigrazione di nostri connazionali) e del vicino oriente,
paesi che erano in quel momento meno sviluppati del nostro; la lana ha una crescita più lenta rispetto al
cotone e infatti essa non ha problemi di sovrapproduzione.
Le grandi famiglie imprenditoriali accumulano grandi fortune che vengono utilizzate per ottenere un
riconoscimento sociale (acquisto di grandi ville e di opere d'arte) pur stando all'interno, per il momento, del
proprio ambito settoriale: i giornali diventano il mezzo col quale sostenere le proprie campagne e controllare
l'informazione economica. I grandi patrizi vengono talvolta scavalcati dagli imprenditori tessili come
consistenza del patrimonio (Ponti era l'uomo più ricco di Milano durante le seconda metà dell'Ottocento);
nuovi imprenditori come Bassetti iniziano imponendo a sé stessi e ai loro operai ritmi di lavoro molto
impegnativi, i sindacati non erano ammessi all'interno delle fabbriche, la legislazione sociale anche essa era
vista con ostilità, aiutano moltissimo i loro operai (caso di Crespi d'Adda) sempre dentro una logica di
gestione autoritaria dell'impresa; con tutte queste caratteristiche si può capire come mai l'ascesa del
fascismo in contrapposizione a quella socialista sia stata vista con favore dalla categoria imprenditoriale. La
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sede della società è quasi sempre in quel di Milano, futura sede della Borsa, il controllo è stabilmente in
mano al nucleo familiare fondatore e cominciano a comparire le prime figure manageriali; molti imprenditori
entrano in politica.
Nel 1911 il 25% degli addetti del secondario lavorano nei settori cotoniero e laniero.
Imprese e imprenditori in Italia: gli imprenditori stranieri
Provengono da paesi vicini all’Italia per dirigere le loro imprese oppure sono chiamati per gestire un’impresa
per conto di un italiano, arrivano già agli inizi dell’Ottocento nel nord e nel napoletano in quanto i regni
offrono condizioni vantaggiose (sconti di imposta e daziari, messa a disposizione di locali) per l’acquisto di
macchinari produttivi. Uno degli esempi più interessanti fu quello del cotoniere svizzero Egg che stabilisce la
sua impresa nella zona del salernitano, dove vi sono i primi tentativi di impianto di piantagioni di cotone per
ovviare all’impossibilità di commerciare data dal blocco navale inglese; nella zona di Bergamo, in Val
Seriana, abbiamo una continuità tra il settore della sete e il settore del cotone.
Con l’età della Restaurazione, nei regni di Napoli e del Lombardo-Veneto vengono inaspriti i dazi doganali.
La Svizzera è un territorio nel quale il mercato di fatto viene saturato presto e dunque gli imprenditori locali
cominciano ad andare nei territori confinanti (anche perché nel paese elvetico cominciavano già ad essere
promulgate le prime leggi sul lavoro); in Sicilia gli inglesi cominciarono a commerciare il marsala.
La regione che beneficia di più dell’arrivo di questi imprenditori stranieri è la regione economicamente più
vivace, si tratta della Lombardia: i settori toccati riguardano tutti gli ambiti come ad esempio lo svizzero
Hoepli che agli inizi del Novecento si ritaglia la propria fetta di mercato nell’ambito della letteratura
scientifica. Gli inglesi hanno un ruolo anche nell’ambito della gestione dei porti di Napoli e Genova e della
riparazione/manutenzione delle prime linee ferroviarie.
Dopo l’Unità gli inglesi e i francesi nei fatti diventano quasi assenti, aumenta invece la presenza svizzera
nella zona tra Bergamo e Brescia puntando sempre al settore cotoniero; altri settori che hanno un forte
sviluppo sono l’industria saccarifera (basata sulla coltivazione della barbabietola da zucchero), quella del
formaggio e molte altre.
Forti dibattiti nascono riguardo alla costruzione di trafori in grado di collegare la neonata Italia con gli stati
direttamente confinanti, nel 1871 con il traforo del Frejus abbiamo il collegamento con la Francia, il traforo
del Gottardo nei primi anni ottanta mette in comunicazione la pianura padana con la svizzera “straniera” e
con il mercato tedesco, nel mercato italiano di conseguenza irrompono gli imprenditori tedeschi (attivi
soprattutto nel settore meccanico).
Un famoso caso fu quello dei Falck, famiglia proveniente dall’Alsazia che in quel tempo era sotto controllo
tedesco, che portano a Dongo una tecnologia nuova e intrecciano relazioni con la famiglia proprietaria
dell’impresa siderurgica locale, sbarcano a Lecco per investire nel settore cartario ma il passo decisivo fu
l’acquisto di terreni in quel di Sesto San Giovanni, una città al tempo prevalentemente agricola nei quali i
terreni dunque non costavano molto ma collegata alla ferrovia proveniente dal Gottardo: la dinastia diventa
una delle maggiori famiglie imprenditoriali e si italianizza totalmente, arrivando anche a far parte della classe
dirigente politica ed imprenditoriale.
Nel caso degli svizzeri le risorse finanziarie provengono dal paese di origine, gli imprenditori si organizzano
in modo da fare azioni di lobby per garantire un corretto funzionamento delle infrastrutture. I giovani figli degli
imprenditori vengono formati attraverso viaggi nelle nazioni straniere più avanzate.
Negli ottanta e novanta il tessuto imprenditoriale comincia ad essere composto da imprenditori locali ed
esteri di seconda generazione, coloro che arrivano dall’estero sono tecnici e responsabili di filiali italiane di
imprese straniere, all’inizio del Novecento anche americane.
Imprese e imprenditori in Italia tra affari e politica
Il mondo politico italiano, sia negli anni immediatamente precedenti e successivi l’Unità nazionale, aveva
guardato ai paesi come specializzandi in una produzione tipica (Italia si sarebbe dovuta specializzare nel
settore agricolo) ispirandosi quindi ad una logica di tipo liberista. Dopo l’Unità ci si rende conto che l’industria
non è solo una questione economica ma anche politica e militare: non si può essere potenza senza avere
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un’industria all’altezza, l’industria del ferro, dell’acciaio e degli armamenti sono le industrie a cui si fa
riferimento. Il governo comincia dunque a guardare con interesse alla nascita di un’industria meccanica e
siderurgica nazionale, oltre a proteggere la lana, il cotone e il grado ecco che queste neonate industrie
vengono anche esse protette.
La rete ferroviaria al momento dell’Unità per ragioni di cassa era stata interamente privatizzata, nel 1875 si
arriva ad una nazionalizzazione mal riuscita mentre nel 1885 si arriva a compimento con il materiale rotabile
fornito dallo Stato e la gestione in mano ai privati. Bruno Bastogi è il primo ministro delle finanze dell’Italia
unita e si fa assegnare la costruzione dei tratti ferroviari Ancona-Brindisi e Napoli-Foggia, si tratta del primo
scandalo economico-finanziario della neonata nazione. Nella città di Genova, sede del più importante porto
italiano, si concentrano la maggior parte delle industrie pesanti come ad esempio la siderurgia e la
cantieristica, è la base di partenza per l’approvvigionamento via mare delle colonie africane.
Vincenzo Stefano Breda, un patriota che ha partecipato al Risorgimento, partecipa ad appalti per le opere
pubbliche che necessariamente dovevano essere effettuate nel neonato Stato; nel 1884 per garantire il
rinnovamento della Marina Militare, col cui ministro era in rapporti stretti, crea la Terni, sita nell’omonima città
la quale non si trova sul mare (il nemico in caso di invasione l’avrebbe facilmente attaccato) e lontano dalle
Alpi (quindi dalle potenze stranieri potenzialmente invasori) e per questo strategica per la costruzione di uno
stabilimento per le commesse militari. Già nel 1887 si è sull’orlo del fallimento in quanto Breda ha dirottato le
risorse dategli dallo Stato in un’altra sua impresa che operava nel campo della costruzione dell