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L'innovazione postfordista e la globalizzazione dell'economia
Tutto questo avviene grazie all'innovazione postfordista, con costi di produzione così bassi non vi è nessun problema a collocare le varie unità di produzione in continenti diversi, se tutto viene controllato in tempo reale da computer, e mi garantisce che ciò che mi serve lo abbia, verificato, al posto giusto, nel momento giusto, e in effetti questa ultima grande esplosione del commercio mondiale è un esplosione soprattutto dei semi-lavorati, la maggioranza sono semi prodotti che vengono scambiati per poi essere assemblati alla fine.
Oggi l'economia è globalizzata perché l'economia internazionale vale di più delle economie locali perché i trasporti non fanno parte delle economie locali.
L'Italia è uno dei paesi che approfitta di più della Golden Age, ma all'interno di un quadro molto frastagliato in decenni in cui la media PIL pro capite dei paesi europei cresce a dismisura.
anche se è vero che aumentano le disuguaglianze. Si hanno 3 gruppi che sembrano impermeabili uno all'altro. I paesi che corrono di più in primis, con Danimarca e Svizzera, la prima riesce a superare dopo la crisi petrolifera anche la Svizzera: ancora oggi la Danimarca è un paese autosufficiente dal punto di vista degli idrocarburi, con le trivellazione nel mare del Nord che producono il 200% del petrolio necessario alla Danimarca. Il secondo gruppo di mezzo, comprende paesi che stanno relativamente bene, sono sopra la media europea e all'interno dei quali vi è anche l'Italia, paesi che hanno un trend positivo, un po' si ferma negli anni 80' ma comunque positivo. Infine il gruppo degli ultimi formato da Portogallo, Turchia, Ungheria che sono le estreme periferie del Sud Europa in cui le dinamiche sono più lente, sono paesi non solo più poveri ma anche più lenti nel loro recupero, quando si parlava di Catching Up e fattori sostitutivi.questo processo ha funzionato in Corea, Giappone ma non in Europa e la situazione si cristallizza sempre di più con una recessione stabile dopo il 2008. In sostanza inizia questo rapporto duplice con lo sviluppo. C'è crescita, ma è molto diseguale, i paesi veloci rimangono veloci e i tre gruppi di paesi sono sempre più distanti tra di loro. Il caso Italiano è pragmatico perché i mezzi con cui l'Italia si è staccata dall'ultimo gruppo di paesi si sono venuti a configurare con lo stato. La prima transizione si ha negli anni '60 quando l'Italia diventa un paese industriale con cambiamenti strutturali all'interno della proprietà industriale che mettono l'Italia al primo posto per produttività del lavoro: un fattore diverso dagli altri Catching up della Germania e della Francia basati sulla quantità, in questo caso l'aspetto è puramente qualitativo. Nello stesso periodo i paesi che
Il miracolo italiano
I paesi che hanno un minore aumento della produttività sono Olanda e Gran Bretagna, è un periodo in cui scatta la convergenza in Italia, avendo un aumento sopra la media e in contemporanea una riduzione sotto la media dei paesi più ricchi in Europa.
Tra il 53' e il 73' il PIL supera quello della Germania e tra il 73' e il 95' raggiunge la crescita del Giappone, fino agli anni 90' in cui decrescerà drasticamente. L'Italia continua ad avere un numero di diplomati e alfabetizzati sotto la media e quindi ha un progresso non tradizionale.
L'Italia esporta e si regge soprattutto su prodotti agroalimentari. Altro elemento negativo: un aumento considerevole della spesa pubblica. Rimane comunque sotto la media OCSE ma ha un aumento rapidissimo.
Quindi i fattori classici che dovrebbero spiegare il miracolo Italiano non ci sono: non vi è capitale umano, non vi sono esportazioni e vi è un aumento della spesa pubblica. In Italia ciò che
dovrebbero fermare la crescita svolge un ruolo positivo. Ecco allora il fattore delle piccole imprese, che rimangono piccole e continuano a svolgere un'attività piccola (mentre per crescere si era stabilito che le piccole imprese dovessero crescere sempre di più e diventare medie imprese). Le dimensioni di queste aziende sono piccole, però fanno sistema, sono fortemente localizzate nel territorio e questo gli permette di ottenere il successo globale che hanno poi riscontrato e riescono a sviluppare sul mercato posizioni da grandi imprese. Altro elemento che dovrebbe essere altamente frenante è l'altissimo numero di scioperi e l'alta sindacalizzazione: negli anni '60 il primo paese è la Germania che poi decresce sotto questo punto di vista mentre al contempo l'Italia continua a scalare questi grafici. 1500 ore di sciopero all'anno per 1000 addetti. Le imprese grandi crescono solo negli anni '60 e nei primi anni '70 e poi.diminuiscono sempre di più. Le medie imprese aumentano soprattutto negli anni '50 e '60 ma più o meno rimangono stabili mentre le piccole imprese continuano a crescere, aumentando del 200% nel censimento del '60, aumentando del 50% nel censimento del '70 e così via. Le imprese che dovrebbero decrescere crescono e tutto questo meccanismo funziona: questo fenomeno è definito il "calabrone Italiano". Nel 1973, la prima crisi petrolifera è uno spartiacque anche per l'Italia: si è industrializzata con tecnologie tradizionali e molto velocemente, si è capitalizzata l'arretratezza. Questa industrializzazione risente molto più di altre sul prezzo del petrolio, è una questione non facilmente risolvibile nel lungo periodo anche perché l'Italia è l'unico paese che viene colpito senza riserve, senza scorte anche durante la seconda crisi petrolifera. Bene o male finisce la Golden
Age ed inizia la Silver Age, con un periodo comunque positivo fino al 1992'. Nel 1992' alla fine della Silver Age, l'Italia è fondamentalmente a livello del PIL procapite, sullo stesso piano di Gran Bretagna e Germania, le regioni migliori in Italia sono paragonabili alle medie degli Stati Uniti. La stagflazione in Italia non produce gli stessi effetti negativi che aveva prodotto in Europa: anzitutto perché in Italia continuiamo ad avere vantaggi competitivi rispetto agli altri paesi, raggiungiamo e superiamo la media dei costi europei in tempi diversi e questo ci permette di esportare in vari mercati diventando anche capaci di sfruttare gli investimenti di capitale dall'esterno, l'Italia diventa finanziariamente solida. Il PIL pro capite misura anche un incremento della spesa pubblica. La scelta di tutelare i lavoratori attraverso il reddito e non attraverso i servizi ha causato delle gravi conseguenze, tanto che ci allontana dai paesi europei.
perché fa parte di una gigantesca sfiducia nel pubblico che deriva proprio da tali investimenti. Dal 1974, i bilanci dell'IRI iniziano ad essere negativi e pesantemente negativi, si recupera solo negli ultimi anni con un intervento dello stato che però finisce subito visto che tale proprietà viene privatizzata. Fino agli anni '80 la produttività del lavoro è superiore alle retribuzioni e dopo gli anni '90 le retribuzioni aumentano rispetto alla produttività. Il risultato è decisamente complicato, e la soluzione è essenzialmente politica, sostenendo la crescita con il debito. Il debito pubblico era nel 1981 il 60% del PIL mentre nel 1993 arriva oltre il 120%. I problemi di debito che abbiamo ancora oggi sono stati causati dal sostenimento della Silver Age. Nel 1992 quelle scelte di politica economica che l'Italia non ha fatto vengono prese dall'Europa che con il trattato di Maastricht di fatto diventa undecisore politico sostitutivo rispetto al governo. Volontariamente la classe politica dell'epoca delega all'Europa e al trattato di Maastricht il compito di come fermare le spirali viziose in cui l'Italia era entrata durante la Silver Age. Di fatto vengono addossati come scusa a Maastricht perché i governi precedenti non erano riusciti a decidere se non spendere sempre di più soldi che non c'erano.
Dal 1992 rimaniamo in mezzo ad un bivio: se ridurre il debito e quindi aumentare le tasse o diminuire le spese, quindi con gravissime conseguenze sul soggetto politico incaricato, oppure iniziare a spendere di più. La cura non riesce a trovarsi con un PIL altalenante su cifre quasi fisse. Il PIL per unità standard di lavoro negli anni 2000 diventa 0,0 e quindi la produttività diventa addirittura negativa.
Il successo della Golden Age spiega perfettamente le dinamiche negative successive, poiché la personalizzazione della crescita ha
funzionato così bene finché la gente si è sacrificata, e ha portato ad una recessione quando le persone hanno deciso che volevano vivere in condizioni più agiate. La produttività in Italia tra la stagione degli anni 90' e gli anni 2000' è la peggiore in Europa, è di gran lunga il paese meno dinamico all'interno dell'Europa, una Silver Age che lascia l'Italia sicuramente prospera, fragile e incerta. Questo tipo di dinamiche non esistono negli altri paesi. Lo stato dell'economia e della società italiane sono molto fluide, negli anni buoni rappresenta un bene perché possono adattarsi meglio e più velocemente alle dinamiche espansive che arrivano dall'esterno, ma negli anni peggiori non si ha resilienza e appena arriva un problema da fuori ci si ritira subito. Imprese, banche e stato sono più o meno sullo stesso livello nel generare grande incertezza. Società ed economia sono indistinguibili.
la Silver Age porta ad una ridistribuzione della crescita. Si ha un sistema pensionistico che riguarda tutti gli anziani e tutte le persone con difficoltà, una sindacalizzazione negli anni 70' e sempre in questi anni si ha un'abolizione delle carriere. La visione salariale tra impiegati e operai fa sì che venga abolita la rigidità che vi era nella differenza salariale tra impiegati e operai professionisti. Per i lavoratori che per qualsiasi motivo non avessero completato l'obbligo scolastico erano previsti dei permessi speciali al lavoro e 150 ore di frequenza scolastica erano pagate dal datore di lavoro. Nel '68 si ha la grande protesta, nel '69 si ha l'inizio delle riforme e nel '70 implemento delle riforme. La macchina però nel '73 si blocca subito con la crisi petrolifera, la popolazione in Italia non cresce, il PIL complessivo cresce e il PIL pro capite passa da meno della metà dell'Europa tardata.
Se si guardano
Tutti i periodi della storia economica italiana si ha una stagnazione nel periodo della destra storica.