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La prima fase del fascismo e la ripresa economica

La prima fase è abbastanza breve e si ha coincidenza tra liberismo e il fatto che il fascismo non è ancora che si formerà dopo il delitto Matteotti. Questa fase coinciderà con la fase espansiva di crescita nazionale; la popolazione industriale è ai livelli dell'anteguerra. Il primo governo di Mussolini esordì mentre si stava profilando una ripresa dell'economia favorita dall'allentamento dei vincoli protezionistici e da un conseguente incremento degli scambi. In questo momento si inserisce la riforma tributaria ideata da Alberto De Santis, ministro delle finanze. Grazie a questa riforma si riduce il deficit pubblico accumulatosi dall'inizio del conflitto. L'azione del governo si indirizzò verso la riduzione della spesa pubblica e verso lo smantellamento delle "bardature di guerra" (soppressione di tutti i vincoli e i controlli dirigisti imposti dallo Stato all'economia durante il conflitto).

Il pareggio del bilancio fu raggiunto sia riducendo la spesa statale sia incrementando le entrate fiscali. De Stefani ampliò la base contributiva coniugandola ad un abbassamento delle aliquote. Nel contempo si procedettero ad un alleggerimento dell'apparato statale. La fase liberista del fascismo fu anche contrassegnata da provvedimenti volti ad accogliere le richieste degli ambienti economici: privatizzazione dei servizi telefonici e delle assicurazioni sulla vita. Si rinunciò a qualsiasi progetto di pubblicizzazione nella gestione del settore elettrico e Mussolini decise di sistemare l'Ansaldo e salvare il Banco di Roma. Se questi provvedimenti accrebbero il consenso dei capitalisti italiani, occorre evidenziare che gli imprenditori fraintesero l'autentica natura del movimento. Essi si illudevano che il duce avrebbe proceduto rapidamente alla normalizzazione del movimento fascista, ma il delitto di Matteotti (Matteotti, segretario Partito Socialista Unitario)

Pronunciò un discorso alla Camera denunciando i brogli e le violenze compiute dalle squadre fasciste e fu rapito e ucciso. Vi fu un crollo della popolarità di Mussolini e del suo partito, ma le opposizioni non riuscirono ad approfittarne) e le successive leggi fasciste (dal 1925 sono state approvate una serie di leggi che segnarono la trasformazione del fascismo in dittatura con i seguenti provvedimenti: unico partito riconosciuto fu il PNF, gli altri furono sciolti, il capo del governo fu dichiarato responsabile solo di fronte al re, furono abolite le autonomie locali e il posto del sindaco fu occupato dal podestà, la stampa fu sottoposta a censura, furono dati ampi poteri all'OVRA incaricati di individuare e arrestare gli oppositori) costituirono una grave disillusione. L'economia progredì e furono determinati la ripresa degli investimenti nel settore metallurgico e nell'agricoltura, la ricostruzione del capitale fisso e di servizi, lo sviluppo dei.

settori industriali più innovativi e il miglioramento della bilancia commerciale. L'industria elettrica fu decisiva nell'accelerare l'incremento degli investimenti. La novità più significativa fu lo sviluppo della nuova industria della seta artificiale. Complessivamente l'industria registrò un notevole incremento. 6) Quota 90. Nonostante i successi conseguiti l'economia italiana continuava ad essere gravata da alcuni problemi strutturali, poiché la crescita economica determinò un aumento dell'inflazione. Infatti, i buoni risultati raggiunti non furono sufficienti appunto per fermare l'inflazione e a stabilizzare la moneta, uno dei fattori di maggiore preoccupazione sia per il ceto medio risparmiatore sia per gli investitori esteri. Così nel 1926 Mussolini cambiò linea politica e nominò Volpi ministro delle Finanze e impostò la nuova politica economica sulla stabilizzazione della lira. Lanostra moneta era soggetta a forte speculazione, al ribasso sul mercato finanziario in conseguenza del crescente disavanzo della bilancia dei pagamenti e della riduzione dei flussi migratori. Il primo atto di risanamento monetario fu intrapreso con la firma degli accordi per la sistemazione dei debiti di guerra con Inghilterra e Usa. L'Italia ebbe così l'accesso al capitale nordamericano. Le autorità statunitensi sollecitarono l'Italia a procedere rapidamente ad una stabilizzazione monetaria nello sforzo di ripristinare il sistema monetario internazionale basato sul gold standard. Famose fu il discorso sulla rivalutazione della lira: per accedere ai capitali internazionali; perché è dettata dalla natura del regime; per il comparto industriale internazionale. L'Italia stabilizzò il cambio con le divise estere equiparate all'oro sulla base di 19 lire per un dollaro e di 92,46 lire per una sterlina. La rivalutazione a "quota

novanta” suscitò delle critiche specialmente daparte delle imprese meccaniche, tessili e delle fibre artificiali; questi settori auspicavano che la rivalutazione fosse daperseguire su valori più equilibrati e realistici. Il processo di rivalutazione determinò effetti differenti a seconda deidiversi settori. L'aumento del costo del denaro colpì sopratutto il settore edilizio e le piccole medie imprese produttrici dibeni di largo consumo; inoltre, essa non moderò l'espansione dei principali gruppi chimici, elettrici e tessili. Furonodanneggiale le imprese esportatrici. Al fine di moderare gli effetti del processo furono concesse diverse agevolazioni dicarattere tributario alle società; lo stato riversò su di sé parte dei rischi relativi ai mutui contratti all'estero dai principaligruppi industriali. La stabilizzazione della moneta rassicurò i ceti medi e diede il via a un ampio movimento diconcentrazione

nella siderurgia, nella meccanica e nella chimica.
  1. La politica sociale e agraria.
Per quanto riguarda i rapporti tra operai e imprenditori, il fascismo condannò lo sciopero e la lotte di classe, abolendo ogni libertà di contrattazione. Nel 1925 sindacati fascisti e Confindustria raggiunsero un'intesa che poi divenne legge nel 1926 impedendo l'azione sindacale a socialisti, comunisti e cattolici. Secondo Mussolini i datori di lavoro e i lavoratori dovevano collaborare nell'interesse della nazione: corporativismo. Uno dei primi importanti provvedimenti economici fu l'aumento del dazio sui cereali, accompagnato da una enfatica e insistente campagna propagandistica, la battaglia del grano, che portò al raggiungimento dell'autosufficienza nel settore dei cereali, aumentando la superficie coltivabile e migliorando le tecniche di coltivazione. Nel 1928 fu iniziato il progetto di bonifica integrale delle maggiori zone paludose italiane. Queste misureeconomiche comportarono dei costi alti: la rivalutazione della lira avvantaggiò le grandi imprese e favorì la concentrazione aziendale, colpì i ceti medio-bassi, la battaglia del grano raggiunse buoni risultati e l'autarchia (autosufficienza) causò un grave indebolimento del sistema produttivo nazionale. 8) La Grande Crisi del '29. In America a causa della presenza di molti poveri, il potere d'acquisto di agricoltori e operai calò e l'aumento della produzione portò a una saturazione del mercato. Il 24 ottobre 1929, la bolla speculativa si gonfiò improvvisamente e la Borsa crollò. Il crollo si estese alle banche miste e mise in difficoltà le industrie che non potevano più avere prestiti. Ne derivò un aumento dei disoccupati e una conseguente diminuzione dei consumi. La crisi americana coinvolse presto l'Europa. In Italia, la crisi segnò l'accentuazione del protezionismo.dell'intervento dello Stato nell'economia e si accelerò il passaggio alla politica autarchica che il fascismo varò nel 1934. Nemmeno l'Italia sfuggì alla grande depressione, ma la crisi assunse una forma particolare. Il sistema industriale italiano infatti aveva subito una forte accelerazione - soprattutto in alcuni settori - con la Prima guerra mondiale grazie alle commesse statali. Venute a mancare quelle, a fronte di un mercato ancora poco sviluppato, la crisi da sovrapproduzione era stata quasi automatica. Difficilmente il sistema economico italiano avrebbe potuto risollevarsi senza l'intervento dello stato. Una questione delicata era quella dell'esposizione delle grandi banche miste verso il sistema industriale. Gli istituti di credito erano coinvolti a tal punto nel finanziamento e nella gestione delle imprese da essere sull'orlo del fallimento. La banca d'Italia concesse milioni di lire agli istituti di credito ma ciò nonfu sufficiente; non migliorò le condizioni delle banche e delle industrie nemmeno l'istituzione dell'IMI (Istituto Mobiliare Italiano) capace di sostituirsi alle banche nel sostegno delle industrie in difficoltà. Questo provvedimento vuole sperare il destino industriale da quello della banca mista. Alla fine la soluzione escogitata fu la creazione dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale del 1933 (nasce così lo Stato imprenditore); lo stato non solo avrebbe messo a disposizione i capitali necessari ma avrebbe acquisito i titoli e le proprietà industriali delle banche provvedendo alla gestione delle aziende e dell'eventuale successivo smobilizzo. S'intendeva sollecitare gli istituti di credito dai rischi connessi al finanziamento industriale e creare i presupposti di un esercizio del credito a breve termine distinto da quello del credito a medio lungo termine. Gli obbiettivi dell'IRI erano: riuscire a smobilizzare leattività antieconomiche, provvedere ai finanziamenti industriali a breve lungotermine per sottrarre alle banche il controllo del sistema industriale. Il controllo è nelle mani dello stato che entra in campo economico diventando proprietario del capitalismo italiano. A ideare e convincere Mussolini di questa soluzione fu Benedice che era convito della necessaria divisione tra credito ordinario e a medio – lungo termine anche perché nutriva una sfiducia nella qualità morale amministrative dei banchieri. L'IRI iniziò da un lato ad esaminare lo stato di diverse imprese e a finanziarie quelle degne di aiuti, dall'altro ad acquisire tutte le passività provenienti dagli interventi operati dallo stato prima dell'IRI e a rilevare tutte le partecipazioni delle grandi banche e della Banca d'Italia diventando così debitore verso di esse e impegnandosi a convertire il debito in contanti qualora le imprese interessate nonavessero sufficiente liquidità. Nel marzo 1934 si pervenne allo smobilizzo pubblico delle tre grandi banche miste; lo stato fornì i capitali necessari a coprire le perdite e acquisì i titoli e le proprietà industriali degli istituti di credito che passarono così sotto il controllo dell'IRI con la qualifica di banche di interesse nazionale ciò costituì.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
5 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Brescia o del prof Belfanti Carlo Marco.