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REX,CITTA’,FEUDI.

Per quanto riguarda lo studio del diritto Federico II creò lo Studio Generale di Napoli incentrato

sulla formazione dei funzionari imperiali . All’interno dello Studio era previsto lo studio de diritto

romano il corpus iuris civilis e soprattutto anche i tre libri del Codex che gli studiosi di diritto del

resto d’Italia avevano emarginato perché conteneva materiale sul diritto pubblico dell’impero

romano che mal si adattavano alla nuova struttura istituzionale del resto d’Italia,ma nel sud

trovarono grande utilità e diffusione perché si trattava di un Regnum: un potere accentrato che

necessitava di una struttura amministrativa ampia e periferica molto vicina a quella romana.

MERCANTI E SOCIETA’ FRA MERCANTI

Con le novità economiche del basso medioevo si vede otre al rifiorire della società e

dell’economia la nascita di un nuovo erto che diverrà quello egemone cioè il ceto dei mercanti

così forte da avere un diritto proprio, creato sulle esigenze mercantili lo ius mercato rum ce

nasce dalle corporazioni.

Questa figura centrala rappresenta un operatore macroeconomico, esso non si limita a

produrre o scambiare i beni, bensì governa il mercato controllando la domanda e l’offerta,

l’immissione di beni e le richieste dei compratori, da ciò nasce ‘esigenza di creare un diritto a

misura di mercante, un diritto celere improntato sulle necessità dei mercanti.

Evoluzione storica della figura de mercante:

I mercanti trovano le loro origini negli equites, i quali però non ebbero un egemonia totale

come nel basso medioevale, a causa della classe senatoria vera protagonista del periodo

romano repubblicano.

Nel periodo romano in astratto esisteva un diritto commerciale, ma a livello concreto tale diritto

non era autonomo ma veniva inserito all’interno del diritto civile, cioè i negozi commerciali

venivano fati rientrare negli schemi dello ius civile. L’imposizione dei mercanti si ha nel basso

medioevo in cui tale figura si impone con un diritto specifico per la tutela dei propri interessi.

Con la comparsa degli stati nazionali si ha il declino dell’egemonia mercantile (500), ma a

quest’epoca si hanno i primi trattati sul diritto commerciale che analizzano la specialità dello

ius mercatorum riflettendo sul periodo basso medioevale. Un esempio è il “Tractatus de

mercatura seu mercatore” di Benvenuto Stracca in cui si individuano

due motivi della specialità del diritto mercantile:

1) motivo istituzionale : le norme delle ius mercatorum vengono create dalle corporazioni, è

quindi un diritto speciale che viene utilizzato soltanto da ceto mercantile. 2)caratteristiche

contenutistiche: secondo Stracca il diritto civile e quello dei mercanti hanno principi ispiratori

diversi: “apices iuris” sta alla base dello ius civile, mentre alla basa del diritto de mercanti c’è

l’EQUITES , le ragioni equitative, che sono un fondamento concreto che permette di guardare

alla sostanza dei fatti giuridici prescindendo dalle forme , proprio per l’esigenze dei mercanti

che necessitano di un diritto concreto

La figura del mercante va poi mutando in quella del commerciante, che trova la sua tutela nei

codici di commercio ottocenteschi in primis in quello Napoleonico 1807 in cui all’art 1 si

rinviene la definizione di commerciante, il soggetto a cui è rivolto il codice ossia “sono

commercianti quelli che esercitano atti di commercio facendone la loro professione”

Questi norma ha valore rivoluzionario che permette la libertà di scelta professionale e quindi

tutti possono scegliere di intraprendere l’esercizio dell’attività commerciale; mentre nell’ ancien

regime vigeva ancorai principio delle corporazioni in cui si veniva scelti per cooptazione a cui

seguiva u periodo di apprendistato in bottega , un periodo ulteriore presso un maestro del

mestiere ed infine i soggetto poteva svolgere la professione. Quindi si riconosceva una logica

di privilegio, con il codice di commercio napoleonico viene eliminata questa forma mentis per

dare spazio a tutti di poter svolgere l’attività di commercio. L’attività del commercianti si basa

su esercizio degli atti di commercio( in cui è sempre prevalente l’attività di scambo), che sono

atti per la maggior parte di scambio e di intermediazione ( rispetto al mercante l’attività dl

commerciante è meno macroeconomica divenendo una figura di minor rilievo rispetto alla

figura medioevale). In Italia vi furono 2 codici sul modello francese: il primo del 1865 il quale

non si discosta dal modello francese tratte per una sistemazione più razionale degi atti di

commercio che seguono immediatamente(art 2.) la definizione di commerciante; il

cambiamento si ha con il codice italiano 1882 all’interno del quale non si ha subito la

definizione di commerciante che viene retrocessa( art. 8) in favore della definizione di atti di

commercio (24 atti all’art 3), inoltre si inserisce una nuova figura che è quell di società di

commercianti. Santarelli afferma che si passa dalla ius mercato rum allo ius mercatura perché

da un diritto costruito sula figura del mercante si passa ad un diritto costruito sugli atti di

commercio e quindi elementi oggettivi. L’ultima tappa dell’evoluzione della figura del mercante

si ha con l’imprenditore, a seguito di due fenomeni socio-economici alla fine dell’800 e del ‘900

cioè la rivoluzione industriale e l’unificazione del codice di commercio con il cod civile del 1942

i cui ll’art 2082si trova la definizione di imprenditore “E' imprenditore chi esercita

professionalmente un' attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio

di beni o di servizi.” In cui l’attività svolta è sia quella di produzione che di scambio.

Fallimento

L’attività del mercante era una attività rischiosa a livello economico, uno dei rischi maggiori era

i fallimento derivante da varie situazioni prima fra tutte è un attività di mercatura andata male,

cioè quando il mercante non era riuscito a portare buon fine un’ attività. Nell medioevo il

fallimento era considerato una condotta antisociale tanto che la i falliti erano chiamati infami in

quanto generavano infamia in tutta la classe mercantile; questa concezione estremamente

negativa del fallimento deriva dal fatto che tale fenomeno andava a minare i tre capisaldi su

cui si costruiva la società mercantile e cioè: mercatura, fiducia e sistema creditizio basato sul

principio dell’adempimento. Il presupposto oggettivo del fallimento medioevale era la fuga

essa era l fatto noto dal quale si ricavava, per presunzione, il fatto che il mercante fosse

insolvente.

La fuga era manifestazione esteriore del dissesto che il mercante stava subendo. Il fallimento

era considerato un reato e da ciò derivava che dovesse subire delle pene la prima fra tutte la

pena del BANDO con cui il fallito veniva espulso dal comune di appartenenza e privato di ogni

diritto; a questa si aggiungevano pene accessorie quali:

-interdizione dai pubblici uffici o dall’esercizio della mercatura

-iscrizione nel registro dei falliti -pittura infamante:il ritratto del fallito veniva affisso in piazza

così che potesse ricevere un’infamia perenne.

Non si ha alcun interesse, nella maggior parte delle legislazioni comunali(salvo venezia), a

verificare che magari la situazione di fallimento non fosse imputabile al fallito bensì al caso o a

situazioni al fallito non imputabili, il fallimento era un crimine, i primo punto di svolta a

quest’idea si ha 1473con il decreto di Galeazzo Sforza nel quale si prevedeva che il fallito

fosse considerato ribelle al signore e allo stato salvo che riuscisse a provare che il fallimento

era stato causato da un situazione casuale non imputabile al fallito. Ciò dimostra che nasce la

necessità di verificare e distinguere i fatti che avevano costituito il fallimento cioè se esso era

dipeso da un comportamento fraudolento del mercante ( era reato) oppure da situazioni non

imputabili al mercante. La procedura di fallimento si apriva quando il mercante cessava di

adempiere, ordinariamente, alle proprie obbligazioni. La procedura si apriva con l’attivo

fallimentare , con questo termine s’intende tutto il patrimonio del fallito sul quale i creditori

potranno soddisfarsi soddisfarsi. l’attivo fallimentare veniva disciplinato dagli statuti attraverso

l’orientamento che favoriva pienamente il creditore (favor credito rum indiscriminatum), anche

se non mancavano statuti in cui invece si prediligeva una politica più equa per entrambe le

parti cioè il contemperamento degli interessi (Venezia). Lo statuto prevedeva gli organi per la

procedura i quali si attivavano con interventi di carattere reale sui beni in particolare lo

spossessamento dei beni, cioè i beni del fallito passavano agli organi della procedura; i

crediti che fallito vantava verso terzi, dovevano essere pagati da quest’ultimi , non al fallito,

ma agli organi della procedura . il rischio per i terzi era la ripetizione d quanto pagato. Infine i

beni del fallito che si trovavano presso i terzi dovevano essere riconsegnati agli organi della

procedura e non al fallito. Per evitare che il fallito cagionasse danno ai suo creditori alienando

o comunque destinando a terzi i suoi beni allo scopo di diminuire il suo patrimonio, il

legislazione fece riferimento, a tutela dei creditori, all’istituto romano cimato Actio

Pauliana/azione revocatoria ordinaria: Quest'azione in particolare era esperibile dal creditore

contro il debitore inadempiente che, in frode allo stesso creditore tentava di diminuire il suo

patrimonio in modo che il creditore, non avrebbe avuto nulla, o quasi, su cui rivalersi. L’azione

rendeva inefficace il negozio, dannoso compiuto dal fallito e il terzo, al creditore he quindi

poteva aggredire il bene. (revoca il negozio); ma l‘attuazione dell’azione prevedeva la

sussistenza di 4 presupposti:

1)esistenza di u atto di disposizione 2)colui che agisce deve avere la qualità di creditore

3)eventus damni 4) consilium fraudisla frode del debitore nei confronti del creditore; alla frode

poteva aver partecipato anche il terzo cioè il terzo stipulando il negozio era consapevole di

cagionare danno al creditore, ma per dimostrare quest’ultima ipotesi si parla di prova

diabolica, in quanto non è facilmente conoscibile e provabile che il terzo avesse accettato

l’accordo consapevole di cagionare danno. Allora il legislatore, per superare il presupposto 4,

prevede il periodo sospetto che ha carattere oggettivo e più facilmente provabile; il periodo

sospetto è un periodo di tempo antecedente al fallimento, durante il q

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A.A. 2016-2017
34 pagine
4 download
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elijus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Landi Andrea.