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SCHMITT 1888/1985: la logica amico-nemico
S. è stato un teorico dell'autoritarismo e ha cercato di rendere sistematici gli assiomi dello Stato Totale personificati dal nazismo.
Ritiene che nella politica sia fondamentale la categoria logica Amico-Nemico. Non è nuova (anche Machiavelli e Hobbes teorizzano che la politica non possa prescindere dall'inimicizia e che il dominio si basi sul controllo delle forze avverse), ma S. la radicalizza, sostenendo che sbaglia il liberalismo a credere che questa logica possa essere sostituita da una visione della storia e della politica ispirata agli opposti principi del dubbio critico, della tolleranza, della cooperazione.
Amico e Nemico non sono concetti da considerare sul piano esistenziale, individualistico e privato, ma invece sul piano pubblico e politico.
Privatamente si può non odiare il nemico, ma il nemico politico va affrontato come tale.
Inoltre non è detto che il nemico debba essere immorale o spregevole socialmente.
moralmente oeconomicamente: il canone di valutazione del nemico è sempre e solo quello politico. La logico amico-nemico va vista soprattutto a livello di relazioni internazionali, tra stato e stato. Infatti, i conflitti interni allo stato (tra partiti o in campo socio-economico...) possono talvolta apparire più grandi di quelli tra stato e stato, ma possono comunque sempre essere risolti se lo stato riesce a tenere a bada gli antagonismi: i conflitti tra stati invece non sono rimediabili e l'epilogo della logica amico-nemico è la guerra, che non è scopo o meta, ma addirittura il presupposto della politica, sempre presente come possibilità reale. Dichiararsi neutrale è illusorio. 2 sovranità e decisione La riflessione di S. si basa sul presupposto che la categoria del politico abbia una dimensione totale: ha quindi un'incidenza radicale su tutti i comportamenti significativi della vita umana e sociale. Ritiene dunque false eè proprio quella di gestire le situazioni di emergenza e di eccezione, ma questo non significa che la sovranità debba essere concentrata solo in quei momenti. La centralizzazione della sovranità è necessaria per garantire l'ordine e la stabilità nella società, anche in tempi di normalità. Inoltre, il concetto di diritto di necessità non può essere ridotto a un mero fatto, ma deve essere riconosciuto come un diritto legittimo che può essere esercitato in determinate circostanze. In conclusione, sia le dottrine normativiste che quelle istituzionaliste presentano delle limitazioni e delle visioni parziali della politica e della sovranità, mentre la visione di S. sottolinea l'importanza di considerare la politica come un'attività che si manifesta pienamente nei momenti di crisi.è cercare di evitare il caso critico, ma senza la sua previsione o con l’illusione di eliminarlo,non si fa politica.
Inoltre, poiché secondo S. le norme non reggono da sole il peso della vita sociale senza esseresostenute da un sovrano, egli contesta fortemente l’idea che la norma valga più della decisione e lanormalità più dell’eccezione.
Per S. infatti lo stato ha superiorità sia politica che giuridica rispetto alla norma, soprattutto nelcaos: è l’autorità, non la norma a potere intervenire in queste situazioni e solo dopo che si è stabilitol’ordine si può avere un ordinamento giuridico.
Inoltre, secondo S. liberalismo, democrazia e classe borghese, credendo di aver creato categorie piùaperte e tolleranti, in realtà si sono indirizzati verso l’incapacità decisionale.
La borghesia è per lui una Classe che discute e basta, fino ad entrare in contraddizione.
Perché vuole una autorità che non è autorità, uno stato che non è tale e una sovranità che non decide. Questo approccio rischia di mettere in crisi l'epoca storica della statualità: una crisi dello stato che avrebbe conseguenze drammatiche e comunque non riuscirebbe a far scomparire i demoni, causa la logica amico-nemico che si riproporrebbe a prescindere.