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GIACOMINO PUGLIESE
Poeta della scuola siciliana, la prima scuola consistente della storia della letteratura italiana: Dante stesso lo riconosce, perché nel De vulgari eloquentia dice che tutta la poesia italiana fino a quel tempo è o siciliana o di imitazione dei Siciliani, e dice che su questo non può e non potrà mai contraddirlo nessuno. Dante lo legge nella veste copiata dai copisti. L’Ispendiente è un frammento di una poesia già nota, pubblicata nel 1999, da una studiosa, Bonetti, che ha ritrovato 4 stanze di una poesia appunto già nota di Giacomino Pugliese, ma in tutt’altra veste. Non si sa bene chi fosse: alcuni pensano fosse un certo Giacomino di Morra di Treviso, che fu lì come nunzio imperiale di Federico II nel 1234 e poi fu podestà di Treviso nel 1237 e 1239, quindi diplomatico e poeta; “Pugliese” indica genericamente dell’Italia del sud. Sicuramente il di Morra aveva interessi poetici edÈ tra i promotori della prima grammatica del provenzale, ma non c'è sicurezza sull'identità dei due personaggi. La poesia era già nota, ma in una veste del tutto toscanizzata: il ritrovamento è in siciliano, su una carta di guardia di un manoscritto oggi conservato alla Biblioteca Centrale di Zurigo, ma ritrovato nell'Abbazia di San Gallo, che conteneva due libri (XVII-XVIII) di sintassi delle Institutiones gramaticae di Prisciano, grammatico latino, copiati a metà del XII secolo (con Giacomino Pugliese siamo negli anni '20-'30 del '200). Il ritrovamento consta delle prime 4 strofe, mentre in tutto sarebbero 8, e la finale contiene la firma di Giacomino: sono state copiate nel periodo di Federico II (secondo quarto del '200); la stessa mano copia anche altre cose in latino sul codice, dei brani liturgici e una costituzione, cioè un testo di legge emanato a Francoforte nel 1234 da Enrico VII, figlio di.Federico II e Costanza d'Aragona, re di Germania dal 1220. La costituzione fu invalidata da Federico perché il figlio gli si era ribellato: promulgò a Magonza nel 1235 una costituzione che annullava la precedente; è dunque possibile che la costituzione di Enrico VII sia stata copiata quando era ancora in vigore, cioè tra il febbraio del 1234 e l'agosto del 1235, e così la poesia di Giacomino Pugliese per riempire uno spazio bianco.
La scrittura è influenzata dal modo di scrivere tedesco, usato non solo in Germania e Svizzera, ma anche in Italia nord-orientale (area veneto-friulana, che è l'area a cui riconduciamo questa poesia anche per gli altri motivi suddetti). Sarebbe possibile che la poesia sia venuta nelle mani del copista tedesco nel 1232 perché in quell'anno Enrico e Federico si sono incontrati ad Aquileia (avremmo quindi date molto precise: il 1232 come data di composizione). Formentin fa notare che il
Frammento della poesia potrebbe anche non essere stato trascritto subito di seguito alla costituzione: il copista tedesco non capisce quello che scrive e commette degli errori di copia (v. 5, "lu meu" diventa "lumen", divide male le parole), dovuti anche allagrafia, ma ne ha interesse perché fa correzioni (v. 2), ci ritorna sopra e non copia cose che gli danno dei dubbi, lasciando buchi dove non sa e aggiungendo in un secondo momento. Un altro problema è la stratificazione linguistica del testo: è siciliano, tuttavia vi si trovano tratti veneti dati dal copista (qualcuno ha detto friulano, di Aquileia dopo l'incontro tra Enrico e Federico, quindi ci sarebbe questo passaggio intermedio per poi passare al copista tedesco). Formentin sostiene che non ci sia bisogno di tutti questi passaggi perché i tratti identificati come friulani sono in realtà comuni al siciliano, mentre quelli non siciliani sono in generale settentrionali.
- franco-veneti: v. 23 "dupler" a > e (dovrebbe essere "duplar") tipicofrancese + nasalizzazione di "a".
- Sicilianismi (presenti anche in friulano):
- articolo "lu" e in generale l'uscita in -u: nel siciliano ci sono solo tre vocali atone, "a", "u", "i", quindi lo > lu, anche come pronome, ma anche nel friulano articolo e pronome hanno -u + chi > che, pronome relativo + io > eu;
- chiusura e > i, presente anche in veneto per metafonesi (quindi il copista veneto non la corregge). Il vocalismo siciliano presenta 5 vocali: le "i" breve e lunga del latino e la "e" lunga hanno come esito "i" (la sola "e" breve dà "e"), come le "u" breve e lunga e la "o" lunga danno "u" (e la sola "o" breve è "o").
- Venetismi:
- dicesti > disist: assibilazione del veneto,
Il copista veneto ha tradotto nella sua lingua e ha creato la cosiddetta rima siciliana (es.tosc. "voi"/"due" < sic. "vui"/"dui"), che per i siciliani era una rima perfetta, ma è dovuta alle versioni toscanizzate. Le versioni toscane giungevano quando il testo siciliano veniva in contatto con altre parti della penisola, ma si spiega anche nella propaganda culturale e politica di Federico II, che avrebbe fatto redigere una raccolta di poesie siciliane già parzialmente toscanizzate, che fungeva da archetipo, da dare in dono a Pisa. Questa è un'altra sono le uniche poesie siciliane che abbiano in una versione non toscanizzata: questa è parziale, l'altra è più genuina. Sicuramente Dante ha letto le poesie in versione toscanizzata e vede la rima cosiddetta siciliana: la rima siciliana (c'è molto dibattito, ma ammettiamo che esista) sarebbe la licenza poetica dei poeti non siciliani che se
La permettono pensando che i Siciliani se la permettessero (invece è un errore di prospettiva dato dall'inquinamento linguistico). Riassumendo:
- I poeti siciliani fanno rime perfette, perché il vocalismo siciliano è solo in "a", "i" e "u";
- I copisti le traslitterano e si creano imperfezioni;
- I poeti successivi pensano che le imperfezioni facessero parte della forma originale e le copiano.
Allo stesso modo si imita il fatto che i Siciliani non dittongassero: questo è il motivo per cui nella lingua italiana poetica alcune parole (come "foco") non dittongano.
Ci sono poi suffissi ambivalenti, che vanno bene sia in siciliano sia in veneto, come i sostantivi in "-anza" e "basiare" (-sj-), che dà "-s-" sonora in veneto, sorda in siciliano, mentre in toscano abbiamo inizialmente sibilante palatale (noi diciamo "baciare" perché si scriveva in toscano con "-c-" e in
tutto il resto d'Italia lo si interpretava come "c"). Il possessivo si trova tra articolo e nome, diversamente da quello che si potrebbe pensare per uno scrittomeridionale; solo nel caso "anima mia" (vocativo) è posposto. L'imperativo negativo è fatto da ne + congiuntivo, forse modellato sul ne finale negativo latino. I codici che tramandano il grosso delle poesie siciliane sono 3 canzonieri, raccolte antologiche di area toscana, che potrebbero nascere o dalla volontà di toscanizzazione di un'antologia della corte di Federico II o da una naturale trasformazione fonomorfologica: 1. codice della Nazionale di Firenze, Palatino 418, con componenti pistoiesi; 2. Laurenziano Rediano 9, con nucleo pisano e resto fiorentino; 3. Vaticano Latino 27 93, il più corposo, che ci rimanda anche la versione toscana di Giacomino Pugliese: si arriva fino alla soglia dello Stilnovo. STEFANO PROTONOTARO, Pir meu cori allegrari Si trattaDell'unica altra testimonianza di poesia siciliana nella sua veste originaria: grazie a Giovanni Maria Barbieri, un erudito del '500, abbiamo un trattato con le poesie siciliane in veste quasi genuina che dice ditrarre da un altro suo libro. È in 5 stanze con le stesse rime, tratti arcaicizzanti (uso del "k", alternante con la "c" più moderna), con piccoli interventi (allegrari al posto del siciliano "alligrari"), senza dittonghi, vocalismo siciliano ("e" chiusa > i), condizionale in -ia indice di sicilianità, ma che rimane nella nostra lingua poetica fino all'Ottocento, v. 8 omu con valore impersonale tipico dell'italiano antico (che sopravvive nel francese on).
infinito + (h)abeba(m) > (ab)e(b)a > ea > -ia
es. turnir + ea > turniria
DANTE
Nel Trivulziano 1080 di Dante si trova l'oscillazione tra "ogni" e "ogne": di Dante non ci sono arrivati autografi.
che forse esistevano fino al ‘400, per cui non riusciamo a conoscere gli aspetti più strettamente fonomorfologici della sua lingua e non sappiamo se usasse il fiorentino arcaico o l’aureo. Dal 1300 non torna più in patria, quindi è in contatto col fiorentino degli ultimi 35 anni del ‘200: quello di Dante è un fiorentino di passaggio, con tratti arcaici e aurei. Della Commedia sono arrivati più o meno 300 codici, ma alcuni sono più interessanti perché più antichi o più esenti da contaminazioni (correzioni dei copisti date dalla comparazione di più codici, per cui non si può più capire quale sia il codice di partenza, e che portano a lezioni giuste e sbagliate), vd. caso di tremesse permetaplasmo, scelto da Petrocchi perché forma più difficile (e metaplastica), quindi ‘tremasse’ sarebbe banalizzazione del copista ignorante. Ci sono naturalmente errori più evidenti,su cui non si discute, manella Commedia ci sono molte contaminazioni ed errori del tipo "tremasse" e poligenetici, ciò fatti da molticopisti indipendentemente (il che non ci dice molto sul testo copiato).La rima è