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CHIUSURA DELLA O PROTONICA IN U
In posizione protonica la o chiusa tende a chiudersi in u.
Es: MOLINUM> molino> mulino
LABIALIZZAZIONE
In alcune parole [i] ed [e], atone e protoniche, precedute da una consonante labiale, si
labializzano, cioè si trasformano in vocali labiali che sono [o] oppure [u],
pronunciate con uno spostamento in avanti delle labbra.
Es: DEBERE> devere> dovere
Es: DEMANE> domane> domani (per influenza di oggi)
IL CONSONANTISMO E I FENOMENI DEL CONSONANTISMO
ASSIMILAZIONE CONSONANTICA
Regressiva: In un nesso di due consonanti, difficile da pronunciare insieme, la
seconda assimila a sé la prima. Es: FIXARE> fissare ; SCRIPSI> scrissi ;
FACTUM>fatto. Es: EST BELLUM> [è bbello] ; IAM FACTUS> [già ffatto] ;
TRES CANES> tre cani [trek’kani] *in questi casi la grafia non ammette due
consonanti vicine, pertanto si vede nella scrittura Fonetica.
N.B.: In alcuni casi il nesso difficile -CS- ha prodotto una sibilante palatale intensa,
cioè [ ] : MAXILLA> mascella [ma ella].
Progressiva: in questo caso è la prima consonante che si assimila.
Es: MONDUM> mono ; ANDARE> annare
L’assimilazione Regressiva è un fenomeno che riguarda le parlate settentrionali, più
la parte alta della Toscana e quindi il fiorentino. Il raddoppiamento si espande al
centro ma non arriva in alcune zone come Arezzo.
RADDOPPIAMENTO FONOSINTATTICO
È la stessa cosa dell’assimilazione consonantica, ma non avviene all’interno di una parola,
ma fra due parole. Il raddoppiamento non si produce all’interno di una sola parola, ma
All’interno di una frase.
Accade normalmente fra una parola terminate per consonante e una che inizia per
consonante, es: AD VALLEM> a valle [av’valle], però si produce anche in altri casi:
Dopo monosillabi forti: la grande maggioranza dei monosillabi in latino terminava
con una consonante che determina il raddoppiamento. Es: AD> a, a casa si pronuncia
[ak’kasa].
Dopo parole tronche, cioè che hanno l’accento sull’ultima: il raddoppiamento in
queste parole avviene per analigia, cioè i parlanti per abitudine hanno praticato il
raddoppiamento.
Dopo i quattro polisillabi piani (come, dove, sopra, qualche): queste parole hanno
l’ultima sillaba che è un monosillabo, che richiede il raddoppiamento. Es: dove e
sopra con -e ed -a finale sono stati percepiti come ET e AD latini.
Il raddoppiamento non è rappresentato in grafia. È un fenomeno che si diffonde
omogeneamente al di sotto della linea La Spezia – Rimini, mentre in area settentrionale non
avviene, anche perché i dialetti settentrionali tendono a far diventare scempie le doppie.
CADUTA DI CONSONANTI FINALI
Le parole latine spesso finivano in -M (accusative singolare), -T (persona terza singolare e
plurale delle quattro coniugazioni) e -S (accusative plurale).
La -M cade presto nel latino volgare, e la caduta è documentata in iscrizioni che risalgono a
qualche secolo prima di Cristo, mentre la caduta della -T è documentata nei graffiti di
Pompei, che risalgono a prima del 79 d.C. (perché l’eruzione del Vesuvio ha distrutto
Pompei). Si può dire pertanto che la -T cade almeno nel I sec. d.C.
La -S cade dopo e produce varie trasformazioni:
Nei monosillabi si palatalizzazione, cioè si trasforma in -s (quindi si palatalizza)
Es: NOS> noi ; VOS> voi
Nei polisillabi invece trasforma la vocale precedente, aumentandone il grado di
palatali (quindi palatalizzazione la vocale precedente)
Es: CAPRAS> capre -> la -s cadendo ha trasformato la -a in una vocale con un
grado di palatalizzazione più altro, cioè -e chiusa.
PALATALIZZAZIONE DELL’OCCLUSIVA VELARE
Il latino non aveva le affricate e dunque originariamente la pronuncia della velare sorda e
sonora era [k] e [g], indipendentemente se erano seguite da una a, o, u, oppure da una i, e.
Dal V sec. però si sono palatalizzate, e davanti a e, i le velari [k] e [g] sono diventate
affricate palatali [t ] e [d ].
K+ e/i > t
Es: CENAM che si leggeva [kenam] diventa cena che si legge [t ena]
G+ e/i > d
Es: GELUM che si leggeva [gelum] diventa [d elo]
I primi a scrivere in volgare si pongono il problema di come scriverle per distinguerle, quelli
che le parlavano invece non si ponevano direttamente il problema. La soluzione moderna
non è il k, perché offriva una soluzione solo per il -ch-, ma il diagramma -ch- e -gh-.
SPIRANTIZZAZIONE
È un fenomeno che riguarda la -B- intervocalica, che si è trasformata in una labiodentale
sonora [v], passando così dalle consonanti occlusive a quelle delle costrittive o spiranti.
Es: DEBERE> debere> devere> dovere
Es: FABULAM> fabola> favola
Si è avuto un indebolimento del suono originario, indebolimento che ha portato la [v] a
scomparire. Come ad esempio nella coniugazione dell’imperfetto, -ebam, -ebas ecc… , che
è diventata -evo, -eva ecc… oppure -eo, -ea. Es: AMABAT> amava> amaa
SONORIZZAZIONE
Il fenomeno interessa le vocali sorde, che passano alla loro rispettiva sonora.
k> g LACUM> lago
p> b SCUTUM> scudo
t> d STRATAM> strada
s(sorda)> s(sonora) ROSAM> rosa
Ci sono però alcuni casi, come AMICUM> amico e CAPUT> capo, in cui la sonorizzazione
non avviene, e dunque si dice che il fenomeno è parziale.
Il fenomeno avviene in tutta l’area romanza, non solo nell’italiano (es, lo spagnolo con
AMICUM> amigo). In Italia però si verifica solo in zona settentrionale, quindi al di sotto la
linea La Spezia – Rimini non avviene. La Toscana che è nel gruppo dei dialetti centro
meridionali, non vede l’o sviluppo della sonorizzazione e per questo basta guardare la
toponomastica per capire che il fenomeno non è autoctono. La sonorizzazione è quindi un
fenomeno settentrionale che passa alla Toscana prima dell’anno 1000 (come gli altri), con
l’influsso delle popolazioni che abitavano al nord, cioè i longobardi. Le zone che hanno
avuto più contatti con i longobardi sono state Pisa e Lucca, perché vennero conquistate,
infatti nel pisano e nel lucchese ci sono forme con la sonora, mentre nel fiorentino con la
sorda.
Ci sono in particolare tre forme nel fiorentino che dimostrano che la sonorizzazione gli
viene dal nord e che ad un certo punto ha iniziato a dilagare come pronuncia imitativa:
pogo(<poco); oga(<oca); regare(<recare).
NESSI DI CONSONANTE + j ( i nessi di consonante e j si sono mantenuti solo negli esiti
dotti) Labiale (e labiodentale) + j
P+j=pp e b+j=bb
es: SEPIAM> seppia; HABEAT> *abjat> abbia
Velare + j
Il processo di trasformazioni ha conosciuto tre fasi:
-nella prima fase [j] ha trasformato la velare un un’affricata palatale sorda e sonora
-nella seconda fase lo [j] raddoppia l’affricata
-nella terza fase scompare lo [j]
I fase II fase III fase
FACIO [‘fat jo] [‘fatt jo] [‘fatt o]
[‘fakio]
Dentale + j
T + j ha due esiti:
o
Affricata dentale sorda [ts] es. ARETIUM> Arezzo
1. Palatale sonora [ ] che è un suono non presenta in italiano. Questo è l’esito gallo
2. romanzo, presente anche nella pronuncia Toscana in pratica il suono è la g di ragione
e stagione.
D + j ha due esiti:
o
D + j = [ddz], se il nesso -DJ- era tra due vocali; [dz] se il nesso era tra consonante e
1. vocale, es. RUDIUM> rozzo oppure MEDIUM> mezzo
D + j = [dd ], es. HODIE> oggi oppure PODIUM> poggio
2. Nasale + j
M + j = raddoppiamento della nasale labiale, es. SIMIAM> scimmia
o N + J nella prima fase diventa -NNJ- (lo [j] ha raddoppiato la nasale), nella
o seconda fase lo [j] trasforma la nasale velare in una nasale palatale intensa
[ ], es. IUNIUM> *JUNNJUM> giugno
Laterale + j
La laterale [ raddoppiata da [j] e poi trasformata in laterale palatale intensa [ ], es.
FILIUM> FILLJO> figlio [fi io]
Vibrante + j
Esito toscano: r + j = j (perché la R cade), es. PARIUM> paio; CORIUM>
o cuoio (con il dittongamento).
Esito del resto d’Italia: r = j = r (perchè cade lo j), es. MORIO> moro e non
o muoio, che è l’esito toscano.
Questo nesso era molto frequente in latino, perché era presente nel suffisso
-arium, quello dei mestieri, che in Toscana ha dato -aio, mentre nel resto d’Italia,
-aro. Siamo nel caso di NOTARIUM, che dà in Toscana notaio, mentre nei
volgari meridionali, notaro. Questi nomi di mestiere (non nel toscano) al plurale
escono in -arii.
C’è un altro esito che non proviene da area italiana, ma da quella gallo-romanza,
in cui -arium ha dato -iere. Es: cavaliere (esito francese) – cavallaio (esito
toscano).
Per questa differenza di esiti, molte parole ammettono più di una forma, spesso
con significati diversi. CALAMARIUM> calamaio e calamaro.
Sibilante + j
S + j = (ts), es. BASIUM> [ba io]
S + j = (d ), es. (OC)CASIONEM> [ka one]
La sibilante palatale sorda e sonora sono tipiche del toscano, non rappresentati
nella pronuncia dell’italiano, in cui sono stati sostituiti da [t ] e [d ].
Nel medioevo per distinguere il nesso -SJ- non si usa la grafia <c> ma il
trigramma <sci>, perchè si sente che il suono sta cambiando. Boccaccio infatti
utilizza il trig rammarico per scrivere bacio e questo indica che già stava
avvenendo nel volgare fiorentino la palatalizzazione del suono.
CASI PARTICOLARI DI NESSI DI CONSONANTE + L
Questo è un fenomeno tardo che si attesta intorno al 1000, a cui partecipano anche parole
non latine come blanc, longobarda, quindi per forza di cose avvenuti dopo la dominazione
longobarda (si pensi alla prova costituita dalla parola CONUC(U)LUM> *coniclum>
conigghio> coniglio). In questo fenomeno il nesso di consonante + L diventa consonante + j
PL> pj PLACET> piace
CL> kj CLAMAT>chiama
FL> fj FLORET> fiore
GL> gj GLAREAM> ghiaia
Questo fenomeno avviene anche nel caso della sincope, che è la caduta di una sillaba. La
caduta determina che si formi un nesso con L e che la prima consonante raddoppi.
Es: NEB(U)LAM> nebla> nebbia
VET(U)LUM> veclum> vecchio
VIG(I)LARE> *viglare> vegghiare e TEG(U)LAM> *teglam> tegghia
Queste due ultime forme poi sono cambiate e sono diventate teglia e veglia, e nel 200-300
queste erano le forme normali che Dante usa. Dal ‘400 è avvenuto l’ipercorrettismo che
corresse tutte le forme (anche quelle corrette), riportando il nesso -gg- al posto del nesso
-LJ-> , come ad esempio succede in Lorenzo De Medici c