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VI. LA MISTICA SPECULATIVA
San BERNARDO di CHIARAVALLE
Uno dei fondatori della mistica medievale. Egli non nega l’utilità della dialettica e della filosofia,
ma sostiene che la conoscenza delle scienze profane è di infimo valore a paragone di quella delle
scienze sacre. ‘La mia filosofia è di conoscere Gesù, Gesù Crocifisso’.
La via che conduce alla verità è Cristo, ed il grande insegnamento di Cristo è l’Umiltà (virtù per la
quale l’uomo, conoscendosi esattamente qual è, si sminuisce ai suoi propri occhi).
Il lavoro che ci si impone per primo se vogliamo conoscere è umiliarsi. Vi sono dodici gradini,
come dei momenti di ascesa, dell’umiliazione; raggiungendo l’apice dell’umiltà, raggiungiamo
anche il primo gradino della verità: conoscere la propria miseria. Il secondo: la carità, perchè
riconoscendo la nostra miseria compatiamo la miseria del nostro prossimo. Il terzo: piangiamo sui
nostri errori e peccati, li detestiamo, aspiriamo alla giustizia e così purifichiamo il nostro cuore, in
modo da poter contemplare le cose celesti.
Il punto culminante di questa ascesa è l’estasi, quando l’anima si separa dal corpo, si svuota e perde
se stessa per godere di una specie di rapporto con Dio: una fusione, una deificazione dell’anima per
amore. La sostanza dell’uomo resta tuttavia anche allora infinitamente distinta dalla sostanza
divina; è accordo di volontà, ma non confusione di sostanze.
In un atto di pura carità, essendo Dio la carità, egli ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza.
Questa immagine si trova principalmente nella volontà, cioè nel libero arbitrio, il quale è in amore
divino, una carità. Come Dio ama naturalmente se stesso, la volontà dell’uomo ama naturalmente
Dio. Il fatto che l’uomo ami se stesso non vi è d’ostacolo; in quanto l’uomo si ama come Dio lo
ama, c’è perfetto accordo della sua volontà con la volontà divina, una somiglianza perfetta tra Dio e
l’uomo: unione con Dio !
Peccato: considerato nella sua essenza consiste nell’atto per cui l’uomo vuole se stesso per se
stesso, o vuole per se le altre creature di Dio, invece di volere se stesso e il resto per Dio. →
l’effetto della grazia della redenzione è di restaurare l’uomo nella somiglianza divina che a perduto.
La vita cristiana è quindi tutt’uno con la mistica, che può essere considerata come una rieducazione
all’amore. Amare Dio per se stesso significa amarlo di un amore disinteressato, di un amore che
trova in se stesso la propria ricompensa. Una volta rieducato, l’amore che l’uomo porta a se stesso
non si opporrà all’amore di Dio per Dio, poichè l’uomo sarà tornato immagine di Dio e il loro
amore coinciderà. L’estasi sarà il punto estremo di questa unione di volontà e di questa coincidenza
d’un amore con l’amore divino.
UGO di SAN VITTORE
‘Mistico molto istruito e preoccupato di volgere il sapere stesso in contemplazione’
Secondo lui nella vita monastica vi sono una serie di esercizi disposti in ordine gerarchico, alla fine
della quale vi è la contemplazione, nella quale raccogliendo il frutto di ciò che precede, si gusta in
questa stessa vita quello che sarà un giorno la ricompensa delle opere buone. Poichè questa
ricompensa deve essere la gioia eterna dell’amore divino, fin da questa vita la contemplazione di
Dio non si separa dall’amore. Essa si appoggia alle scienze umane, ce Ugo ritiene molto importanti.
Per Ugo le scienze si riducono in quattro gruppi: Scienza Teorica, che cerca di scoprire la verità;
Scienza Pratica, che considera la disciplina dei costumi; la Meccanica, presiede alle azioni della
nostra vita; la Logica che ci insegna la scienza di ben parlare e discutere.
Tra tutte queste sette meritano particolarmente di essere studiate: il trivium e quadrivium; queste
sette arti liberali sono inseparabili e devono essere studiate tutte e sette affinchè si possa formare un
filosofo.
RICCARDO di SAN VITTORE
Dà molta importanza al fatto di trovare un fondamento sensibile per le prove dell’esistenza di Dio.
Secondo lui tutte le prove dell’esistenza di Dio prendono a prestito qualcosa dal sensibile: il mondo
sensibile offre al pensiero soprattutto la nozione di una realtà mutevole, e di conseguenza colpita da
una deficienza ontologica; per opposizione la ragione ne ricava la nozione della realtà immutabile
ed ontologicamente sufficiente a cui l’esistenza appartiene di pieno diritto !
(Prove: necessità di opporre un essere eterno all’essere che ha un principio; gradi della perfezione;
idea di possibilità)
Egli reclama il diritto di cercare le ragioni necessarie, cioè dialetticamente stringenti, anche di
dogmi quale quello della trinità !
VII. ALANO di LILLA
‘De fide Catholica’ opera apologetica della religione cristiana contro gli infedeli (Catari, Valdesi,
Ebrei e Musumani).
Catari: credono che ci siano due principio delle cose, Dio principio della luce e Lucifero principio
delle tenebre. Da Dio vengono le cose spirituali, anime e angeli, da Lucifero le cose temporali →
Alano: il mondo temporale è buono perchè è per bontà che Dio fece il mondo ed è per saggezza che
egli l’ha fatto sottoposto alle vicissitudini del tempo,al tempo di ricondurci al suo autore. Platone e
Boezio hanno stabilito che Dio è veramente il solo principio di tutto, anche del demonio. La carne
non è cattiva benchè viziata e debole, essa è comunque l’opera di Dio. Quindi è falso condannare il
matrimonio. I rapporti sessuali non sempre sono un peccato ed il matrimonio mira proprio a far sì
che non lo siano.
Valdesi: ritengono che, molto di più che il sacramento dell’ordine, sia la virtù che fa il sacerdote.
Ebrei: non credono nel dogma della Trinità e nella divinità del messia Cristo.
Musulmani: sperano in una beatitudine materiale dopo la morte, praticano la poligamia, credono
che bastino delle abluzioni corporali per lavarsi dai peccati, e rimproverano ai cristiani il loro culto
delle immagini.
Alano riprende dal ‘De Hebdomadibus’ di Boezio, ma nella sua ignoranza del greco egli interpreta
la parola ‘hebdomades’ come ‘assiomi, massime’ → egli crede che la teologia possa e debba
costruirsi deduttivamente partendo da termini precedentemente definiti. Per il suo intento
apologetico egli voleva costruire la teologia come una scienza e conferirle un rigore eguale a quello
delle altre scienze, sottomettendola alle esigenze del loro metodo. La massima veramente prima e
universale deve essere una proposizione immediatamente evidente: la Monade è ciò per cui ogni
cosa è una (La monade è Dio. Vi è un’unità fondamentale da cui deriva tutto il piano del reale:
sovraceleste, Dio che è l’unità suprema; celeste, l’angelo nel quale si incontra la prima alterità,
perchè è il primo creato da Dio ed il primo ad essere fatto mutevole; subceleste, mondo dei corpi ed
il regno della pluralità. Dalla monade viene tutto l’essere, essa produce il molteplice ma genera
l’unità. Essa genera il figlio, e dal figlio procede lo spirito santo. La monade è principio e fine senza
avere lei stessa nè principio nè fine. Centro dappertutto e circonferenza in nessun luogo.)
‘Anticlaudianus’ e De planctu naturae’.
VIII. NICOLA D’AMIENS
Di fronte agli eretici e agli infedeli la sola risorsa che rimane è di fare appello alla ragione.
Tutta la sua opera si fonda su definizioni, postulati e assiomi. Le definizioni stabiliscono il
significato dei termini; i postulati sono delle verità indimostrabili; gli assiomi proposizioni tali che
non si possono non ammettere. Partendo da questi principi egli svolge la catena delle sua
proposizioni e delle sua dimostrazioni sillogistiche. In seguito alle definizioni, ai postulati e agli
assiomi egli costruisce i teoremi secondo le regole ordinarie della geometria.
e. LE FILOSOFIE ORIENTALI
Fu nelle scuole siriache che i filosofi, e non solo, greci vennero tradotti dal greco all’arabo, o
indirettamente dal greco al siriaco e successivamente all’arabo: così le scuole siriache sono state gli
intermediari attraverso i quali il pensiero greco è giunto agli Arabi (e poi dagli arabi agli ebrei e ai
filosofi d’occidente cristiano).
I. AL-FARABI (X secolo)
Convinti che il pensiero di Aristotele era in fondo d’accordo con quello di Platone, gli Arabi hanno
fatto grandi sforzi per conciliarli.
Così come gli Occidentali, gli Arabi avevano inoltre una religione di cui dovevano tenere conto, e
che non fu priva di influenza sulla loro dottrina; i filosofi arabi hanno incontrato dunque, prima dei
cristiani, il problema di conciliare una concezione greca dell’essere e del mondo con la nozione
biblica di creazione → diritto dell’Universo a porsi come una realtà intelligibile, sussistente e per se
stessa sufficiente / diritto di un Dio onnipotente a rivendicare per sè ogni realtà ed efficacia.
Distinzione Essenza/Esistenza: essenza ed esistenza sono distinte, cioè gli esseri naturali sono
contingenti; essi non sono essenzialmente legali all’esistenza, essi possono, di conseguenza,
possederla, o esserne privati. Così dotati dell’esistenza debbono averla ricevuta da qualche causa,
alla quale l’esistenza appartiene essenzialmente e che, perciò stesso, non può perderla, cioè da Dio.
Se esistenza ed essenza non fossero distinte, basterebbe conoscere l’essenza di una certa cosa per
sapere che essa esiste, ma non è così: noi dubitiamo dell’esistenza delle cose finchè non ne abbiamo
una percezione diretta attraverso i sensi o mediante una prova. Così l’esistenza non è che un
accidente accessorio !
‘De intellectu et intellecto’: divide le funzioni dell’intelletto.
• Intelletto in Potenza rispetto alla conoscenza che esso può conseguire
• Intelletto in Atto rispetto a questa conoscenza finchè l’acquisisce
• Intelletto Acquisito in quanto l’ha già acquisita
• Intelletto Agente, sempre in atto: essere spirituale trascendente al mondo sublunare, che
conferisce contemporaneamente alle materie le loro forme e agli intelletti umani in potenza
le loro conoscenze di queste forme.
• Al di sopra dell’Intelletto Agente vi sono altre intelligenze e sono tutte sottomesse a Dio.
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Il fine dell’uomo: unirsi con l&rs