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Politico, nella doppia tripartizione delle costituzioni (le aveva introdotte Platone lasciando da parte la settima, quella
perfetta), articolate secondo il governante, nella variante buona (rispetto delle leggi) e cattiva: monarchia e tirannide,
aristocrazia e oligarchia, democrazia e oclocrazia (in realtà senza nome). vi sono però due importanti differenza fra i
filosofi: il motivo discriminante dei governanti non è il rispetto delle leggi ma l’agire a beneficio della comunità, e non
esiste la settima costituzione perfetta, perché essa è il governo buono di molti (quello cattivo è chiamato democrazia)
nella politeia perfetta governano i cittadini maschi liberi e maggiorenni, ma il diritto è più ambito da chi ha una
posizione morale e materiale; la giustizia è di due tipi, quella restituiva, che dà a ciascuno ciò che gli è stato tolto senza
riguardo alla condizione, e quella distributiva, in proporzione geometrica. Aristotele ritiene di aver creato una
costituzione mista fra democrazia ed aristocrazia; il filosofo dovrà poi partecipare quando è il suo turno alla vita attiva,
per mantenere un regime che gli permetta di procedere negli studi.
VIII. Platone e Aristotele. Poetica e retorica
8.1 Platone
Il confronto con la poesia ha tenuto occupato Platone per tutto il suo pensiero, enfatizzando il contrasto con la filosofia
nella Repubblica: il motivo principale di tale conflitto è l’incidenza educativa. Bisogna capire chi ha il titolo per essere
educatore, ovvero chi dispone del vero sapere, il filosofo: i poeti non sono sophoi, sono presunti sapienti (Apologia,
Ione), sono tali solo per ispirazione divina, l’abilità non è uso corretto della ragione; sono i poeti a ritenersi depositari di
sapienza religiosa e morale, ma non hanno titolo per educare. Nella Repubblica però la prospettiva è più drastica,
soprattutto per la scarsa moralità delle opere dove gli dei sono disegnati come umani, con vizi sfrenati; perciò il giudizio
su poesia epica e tragica è duro, non si accontenta di togliere il ruolo di educatori ai poeti, ma afferma che nella
comunità rimarranno solo quelli che si conformano ai canoni prestabiliti (p.e. i propri miti). Il punto più acuto di
conflitto è nel X, dove si dimostra l’inaffidabilità ontologica della poesia, che imita gli oggetti reali, imitazione degli
ideali, perciò il grado di verità è modesto. Nel Fedro e nelle Leggi invece si valuterà in modo più equilibrato la poesia,
tenendo la filosofia tecnica separata da quella più mondana, verso cui risultano utili procedimenti irrazionali come eros,
ispirazione e poesia. La retorica è connessa al rapporto di incontro-scontro con la filosofia, ma non è sottovalutata, anzi,
viene considerata una scienza complessa, tanto che il sapere in parte deve basarsi sulla persuasione.
8.2 Aristotele
8.2.1 Poetica Nella Poetica si analizza la poesia tragica e soprattutto epica, un breve trattato che diventerà nei secoli
normativo, anche se solo sporadicamente ha tale carattere. La poesia imita la natura non tanto perché la descrive, ma
perché mostra la teleologia naturale, cercando la perfezione, come la tragedia attica del V. Tuttavia, al contrario di
quanto si pensa, la poesia non aveva un grande ruolo, solo quello di ausili o alla comprensione razionale della realtà,
poiché presenta le vicende dal punto di vista universale, nel racconto e nel carattere dei personaggi. Importante è poi a
livello morale: la famosa teoria della catarsi, che avviene attraverso paura e pietà. La Poetica non è dunque estetica,
dato il trattamento razionalistico; siamo lontani dalla posizione di Platone, perché è utile, seppur subordinata.
8.2.2 Retorica Aristotele se ne occupò nel primo soggiorno ateniese; al contrario di Platone e della sua stessa idea sulla
dialettica, la retorica non viene mai definita utile alla filosofia; essa ha infatti lo scopo di persuadere, e Aristotele è
convinto che l’uomo abbia mezzi conoscitivi per farne a meno, fra cui la dialettica, di cui è il risvolto speculare. Usa
infatti mezzi analoghi, seppur non identici; ma possiede anche caratteristiche particolari, di techne: si distingue in
genere deliberativo, giudiziario ed epidittico, con diverse analisi.
IX. Sviluppi dell’Accademia e del Liceo
La conservazione delle opere di Platone e Aristotele è un’eccezione: eccetto Teofrasto, non abbiamo scritti dei loro
discepoli, di cui ricostruiamo le opinioni da frammenti e tradizione dossografica. Nell’Accademia, vivo ancora Platone,
si era sviluppato un dibattito sui principi, ma non solo con Aristotele. SPEUSIPPO, genero di Platone e suo successore
(malignamente trattato da Aristotele) non continuò la teoria delle idee, sostituendola insieme al successore
SENOCRATE con una dottrina di carattere matematico. Senocrate inoltre divise la filosofia in logica, fisica ed etica,
simpatizzando per la teologia astrale in Leggi e Epinomide; suoi successori furono POLEMONE di Atene,
CRANTORE di Soli e CRATETE di Atene. Nella scuola peripatetica, invece, subito s’impose il discepolo
TEOFRASTO, in cui si manifesta un carattere tipico della scuola, il ridimensionamento della dimensione metafisica in
favore di ricerche fisico-scientifiche: nella Metafisica preferisce soluzioni di carattere naturale alla teoria delle sfere,
proseguendo ricerche biologiche e soprattutto botaniche. Tale ridimensionamento si accentuò con STRATONE di
Lampsaco, suo successore, chiaramente materialista (fonderà con Demetrio di Falero il Museo di Alessandria). In
campo etico l’Accademia si occupò del vivere bene, sulla scia di Filebo ed etiche aristoteliche: Speusippo era in
dissenso con l’astronomo Eudosso circa il fine edonistico dell’uomo; nella scuola aristotelica interessanti sono i
Caratteri di Teofrasto, dove l’etica di Aristotele è stereotipata in ritratti fissi da commedia. Analogia fra le scuole fu il
progressivo allontanamento dalla metafisica, non repentinamente, tanto da mettere in discussione la metafisica come
asse centrale della filosofia greca.
X. La tradizione socratica alternativa a Platone.
Le cosiddette “scuole socratiche minori”
10.1 Caratteri generali
La cerchia di Socrate era composta da molti amici e discepoli, detti socratici, anche non filosofi, che scrissero dialoghi e
non. La storiografia ha elaborato uno schema oggi non più verosimile: i tre discepoli più dotati, Antistene, Aristippo e
Euclide di Megara crearono rispettivamente la scuola cinica, cirenaica e megarica o dialettica, che avrebbero influito su
cinismo, epicureismo e scetticismo. Nella critica moderna le tre dottrine vengono interpretate innanzitutto in
connessione con Socrate, perciò nessuno è considerato iniziatore dell’ellenismo, anche perché non fondarono scuole
sulla scia di Accademia e Liceo, perciò i loro discepoli non possono essere messi troppo in contatto con loro. I filosofi
di questo gruppo sono spesso detto socratici minori, in confronto a Platone, ma è un pregiudizio sostenere che il
platonismo sia l’unica vera filiazione di Socrate: l’unica cosa che manca a tali scuole, ove si vede il primato dei temi
socratici di virtù e felicità, è l’esigenza di fondare le ricerche su principi ontologici e metafisici. Inoltre, l’apporto
sofistico si manifesta nella sfiducia nell’organizzazione scientifica del sapere.
10.2 Antistene, Aristippo, Euclide
ANTISTENE (ca 445-365) è il filosofo socratico di cui siamo relativamente meglio informati; scrisse molte opere, in
genere epistemologico-linguistiche; nel complesso pare che descrivesse una dialettica socratica alternativa alla
postulazione delle idee: secondo lui si poteva definire le qualità di un cosa, non definire “cos’è” (“vedo il cavallo, non
la cavallinità”); la ricerca è utile per determinare gli attributi delle cose, impraticabile se si cercano concetti universali
invisibili. L’interesse era comunque concentrato sull’etica, ove sottolineava l’autarchia della virtù, rifiutando i piaceri e
interpretando alcuni personaggi omerici come simbolo di morale socratica. ARISTIPPO, nato a Cirene e vissuto fra V
e IV, fa prevalere i temi etici, in particolare la filosofia come ricerca della felicità, tradizionalmente considerato edonista
contro l’antiedonismo di Antistene, ma di recente i toni sono più sfumati: Aristippo non era contro il piacere, ma sempre
in una logica di autonomia dal mondo esterno; l’adesione ai piaceri promuove la libertà se l’uomo rimane padrone dei
propri desideri. EUCLIDE, nato a Megara e contemporaneo di Aristippo, è il filosofo socratico più rivisto dai moderni:
tradizionalmente vi sarebbe nella sua filosofia uno sfondo ontologico ricavato da Parmenide, che si esprime
nell’identificazione del bene socratico con l’unico e vero essere; studi recenti hanno ridimensionato l’eleatismo. Euclide
ammette che l’opposto del bene non è reale non speculando sulla natura dell’essere: per l’uomo l’unico vero bene è
scienza, virtù e felicità ad un tempo; chi ritiene vi siano altri obiettivi, sbaglia, dimostrando ciò dialetticamente.
10.3 Cinici, cirenaici e megarici
DIOGENE CINICO (Sinope, 412/03-324/1) è uno dei filosofi più singolari del mondo antico, con una lunga e
variegata tradizione biografica, annoverato come precursore degli stoici, e come filosofo tipo, errante e incurante dei
beni materiali, padrone di una filosofia pratica. Anche se ciò non è del tutto vero, egli aveva basi teoriche, molti aspetti
si ricavano dal suo comportamento. Tradizionalmente era considerato discepolo di Antistene, fondatore del cinismo, ma
tale corrente si sviluppa solo con Diogene, che critica il socratismo platonico. Venne chiamato “il cane” dati i suoi
atteggiamenti, per mostrare che non vi è nulla di indecoroso negli atti naturali; altro stile di vita è l’autarchia, oltre alla
sua parrhesia (episodi di Filippo e Alessandro). Nella dottrina, sembra che abbia ripreso l’antinomia fra nomos e physis:
la natura mostra agli uomini come agire, selezionando le fatiche che meritano di essere compiute, non per la fama ma
per la virtù, in prospettiva eudemonistica; aveva poi un’alta opinione del filosofo, criticando politica e religione. Come
Antistene non è fondatore della scuola cinica, così Aristippo non fondò la scuola cirenaica, sviluppata fra diversi
filosofi di Cirene (Aristippo Metrodidatta, un altro, Anniceride, Teodoro l’ateo ed Egesia): principio massimo di tale
scuola è che il bene supremo, eticamente, è il piacere, senza distinzione di convenienza, bisogna fare ciò che provoca
più piacere che dolore (perciò il saggio non va co