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LA BARCA DI DANTE

Eugène Delacroix (1798-1863), La Barca di Dante, 1822; olio su tela (189 x 246 cm.); Parigi, Museo del Louvre.

Il quadro del 1822, è ispirato all'ottavo canto dell'Inferno. Il quadro, esposto al Salon di Dante, in cui si racconta dell'attraversamento della spaventoso pantano dello Stige, nelle cui acque penano gli iracondi, che si morsicano e si battono reciprocamente. Delacroix rappresenta il poeta e Virgilio a bordo di una imbarcazione, mentre sono traghettati oltre l'infame palude fino all'infuocata città di Dite, dal demonio Flegiàs, che si scorge di spalle, avvolto solo da un panneggio azzurro, intento a manovrare. Dante osserva inorridito i dannati davanti a sé, che si straziano nella loro stessa ira, l'uno morde l'altro, o dimenandosi in preda al loro atroce tormento. Tra questi vi è Filippo Argenti, l'altezzoso e collerico fiorentino, che furibondo tenta di rovesciare la barca.

Scon-volto da tale turpe vista, il poeta leva il braccio in alto come per ripararsene, ma il suo maestro, dall'espressione pietosa, cerca di infondergli coraggio, tenendolo per mano. L'ambientazione è tetra e tenebrosa e, oltre il gruppo di personaggi in primo piano, si scorge soltan-to l'infernale città, avvolta dal fumo e dalle fiamme, che lanciano sui personaggi sinistri bagliori ene modellano drammaticamente le forme nel torbido contesto, ove i corpi dei dannati ricalcano pa-lesemente modelli michelangioleschi. 7Il soggetto dell'opera, prettamente romantico, è chiaramente realizzato in una visione sublime emovimentata, tendenzialmente instabile e oscillante, rimandando all'instabilità della zattera di nau-fraghi di Géricault. Ma nell'insieme la composizione, come la Zattera della Medusa, è solida, pla-stica e bilanciata nella disposizione delle masse corporee, collocate secondo un ben preciso schemaquasi

piramidale (che include i personaggi di Dante, Virgilio e Flegiàs) poggiante però sulla baseondulante degli irascibili.

Nell’opera Delacroix dimostra che la luminosità del colore si rafforza dall’accostamento di un tonocol suo complementare. Difatti inizia a sperimentare la divisione di un colore secondo i suoi com-ponenti, riportati puri sulla tela e ricomposti dall’occhio umano in unico tono con le sue sfumature.

Delacroix anticiperà con il suo stile maturo, il colorismo e le sperimentazioni cromatiche propriedegli impressionisti e dei postimpressionisti.

LA ZATTERA DELLA MEDUSA

Sono altrettanto ed estremamente convinto che La Zattera della Medusa di T. Géricault, è ilprimo grande quadro che apre la grande stagione romantica in pittura. È senz’altrol’enunciato pittorico più esplicito e completo dell’intero movimento romantico: per lucidità divisione, per il soggetto trattato, per le idee

Nel 1816 la fregata francese Medusa era naufragata nell'oceano, al largo delle coste del Senegal. Si erano salvati solo pochi uomini, saliti a bordo di una zattera, dopo molti giorni di terribili stenti. Il fatto suscitò molto clamore, dato che l'opposizione ne attribuiva al governo ogni responsabilità. Del fatto Géricault (1771-1835) ne trasse il gigantesco dipinto che fu esposto al Salon, nel 1819, suscitando accese polemiche, politiche ed artistiche.

Il dipinto è insieme classico e romantico ed è concepito sui temi della disperazione e della speranza. La studiata anatomia e dei corpi deriva certamente da modelli classici, come pure sono vagamente classici l'equilibrata e coerente composizione, organizzata secondo una doppia struttura piramidale. Romantici sono il contesto terribile del mare tempestoso - in cui si coglie il senso compiuto del sublime secondo l'autore - e il turbinio di estetiche e didascaliche in esso contenute.

Espressioni e di reazioni psico-logiche. Non manca l'uso sapiente e risolutore della luce, livida e violenta. La zattera è un pia-no obliquo precario, in balia della furia dell'oceano: è un movimento straordinario dei corpi edegli elementi: la lotta per la sopravvivenza degli uomini contro una natura feroce e inclemen-te. L'artista parte dal fatto di cronaca, ma trasforma il naufragio in un episodio epico, omerico8e leggendario, quasi la storia d'ogni naufragio, in cui si intravede lontanissima la possibilitàdella salvezza.

Cito in conclusione un passo di Philippe Daverio, da Il secolo lungo della modernità, in cui l'ot-timo studioso definisce l'opera. "Questa piramide di carne umana, in parte marcia, in parte vibrante di speranza, fu dipinta (...)per stupire l'umanità parigina nel Salon del 1819. Ci mise otto mesi a realizzarlo (...) durante iquali si recluse in silenziosa concentrazione facendosi portare i

pasti dalla zia e i resti umani indecomposizione dall'ospedale. Ammise davanti alla tela in evoluzione solo pochi intimi che usavacome modelli vivi, fra i quali Delacroix, più giovane di lui e che dipinse bello vecchio in primopiano(...)."

LA LIBERTÀ CHE GUIDA IL POPOLO

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (1830, olio su tela, cm.260x325), Parigi, Museo del Louvre.

(La tela venne esposta al Salon del 1831.)

Nel 1929 il re di Francia Carlo X di Borbone, succeduto a Luigi XVIII nel 1824, sostenuto dai mo-narchici assolutisti, insediò un governo reazionario guidato da Jules Polignac, capo del-la Congregazione, una fazione collegata alla consorteria dei Gesuiti.

Dopo la vittoria delle opposizioni liberali alle elezioni, Carlo X sciolse le Camere prima ancora chesi fossero insediate, cambiando il sistema elettorale a suo favore e indicendo nuove elezioni. Comese non bastasse, il re sospese la libertà di stampa, una stampa ben

organizzata che, nella Parigi del tempo, era fondamentale per la formazione dell'opinione pubblica. Ma la rivolta non si fece aspetta-re. Prima insorsero i giornalisti, subito dopo i deputati, e dopo ancora, dal 27 luglio in poi, tutte le meno di tre giorni furono capaci di spazzare via l'esercito lealista.categorie sociali, che in quelle che furono poi chiamate Le Tre Gloriose Giornate (27 al 29 luglio del 1830), il popolo di Parigi co-strinse il re ad allontanare Polignac e a revocare le ordinanze emesse. Il 29 luglio, infine, fu instau-rata una monarchia costituzionale guidata da Luigi Filippo D'Orleans, cugino di Carlo X.Delacroix documenta l'evento qualche tempo dopo, secondo il suo modo di essere, da "semplice passeggiatore", come era solito autodefinirsi, con un dipinto di grosse dimensioni, esaltando la po-tenza del fatto di cronaca in un'immagine di chiaro significato politico, divenuto ben presto l'icona degli ideali

democratici.Il caposcuola romantico, riferendosi alla Zattera della Medusa di Géricault, organizza la figurazio-ne secondo uno schema piramidale, di cadaveri chiaramente in contrasto con i concitati rivoltosi, ilcui vertice coincide con la mano destra della figura muliebre della Libertà, che tiene in alto la ban-diera tricolore. La Libertà, dal seno scoperto e con un berretto frigio - chiaro simbolo rivoluzionario-, stringe nella mano sinistra un fucile ed incede impavida sul cumulo di morti, incitando il popolo a9seguirla. Essa è concepita come figura reale e allegorica insieme, con la doppia connotazione di po-polana e di tipo ideale, che rimanda vagamente alla statuaria classica.Dietro di lei avanza il popolo in armi, rappresentato dalle varie classi sociali, tra cui spiccano unautore che si ritrae nell’abito da guardiaoperaio con ancora il grembiule da lavoro indosso, lo stessonazionale, il personaggio di un ragazzo con le pistole in pugno

Il testo formattato con i tag HTML sarebbe il seguente:

Che ricorda il monello Gavroche di Victor Hugo, il personaggio di un giovane che si solleva sui cadaveri e osserva fiducioso la condot-l'intero popolo francese, come si capisce dai colori dei suoi abiti che sono glitiera, a rappresentarestessi della bandiera.

La visione di Delacroix insegue un realismo crudo e persino macabro, in un assunto ideologico pri-di fare "arte romantica", libero ed incondizionato, invo di fraintesi ed un enunciato del nuovo modocui l'autore diviene il solo padrone della sua arte, e soprattutto delle sue convinzioni. Sullo sfondo,dietro il tumulto della gente in rivolta, nel fumo delle cannonate e degli incendi, che infonde un to-no di forte tensione ideale e di supremo eroismo, si intravedono le torri campanarie di Notre Dame,a contestualizzare l'evento. Il dramma e la concitazione sono resi ancor più evidenti dal colorismorispetto all'effetto di dinamismo oscillantefluido e materico, dato con pennellate decise e calcolatedell'azione.

IL REALISMO
ATELIER DEL PITTORE (1855); olio su tela (359 x 598)
Parigi, Musée d'Orsay.

Gustave Courbet, Atelier del pittore dipinge per l'Esposizione Universale di Belle Arti del 1855, vi è l'Atelier Tra le tele che Courbet del pittore, che viene scartato da una apposita giuria, incaricata di selezionare le opere migliori. Ine con l'aiuto dell'appassionato forte contrasto con gli organizzatori e mecenate Bruyais, inaugura nella stessa strada ove ha luogo l'evento il Padiglione del Realismo.

Contro i critici che si irritarono per la volgarità del soggetto, Delacroix nel suo diario commentò: "Ho non potevo staccarmi da quella vista... È sta-scoperto un capolavoro nel suo dipinto rifiutato;ta rifiutata una delle opere più singolari di questo momento, ma un uomo coraggioso non si sco- L'opera, cui Courbet stesso dà il lunghissimo titolo raggia per così poco."

di Atelier del pittore,

al-legoria reale che determina una fase di sette anni della mia vita artistica, è realizzata in grandissi-mo formato, in chiara polemica con le gigantesche composizioni di artefici accademici del tempo,ispirate a spettacolose vicende storiche o mitologiche.il maestro si rappresenta all’interno di un vasto ambiente stinto e disadorno: il suo studio,In essaricavato in un vetusto granaio donatogli dal padre, in cui si affollano tutta una serie di personaggi.

un’ampia tela un paesaggio della natia Or-Egli è seduto davanti al cavalletto, intento a dipingere sunans. Accanto alla sua robusta figura vi sono quelle di una donna nuda e di un bambino malvestito,mentre ai suoi piedi un gatto bianco si stira pigro e sonnacchioso. La florida giovane svestita, che inun naturale istinto di pudore si copre il ventre con un largo panno bianco, simboleggia la verità,unica e veridica musa ispiratrice dell’artista, affermando così l’identità tra

la pittura e la verità. Il ragazzetto che osserva,
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Publisher
A.A. 2019-2020
23 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alered96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Alberti Carlo.