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LA FESTA A ROMA
LA FESTA COME “STORIA SOCIALE” DEL BAROCCO
Per Gian Lorenzo Bernini gli innumerabili apparati festivi facevano parte d’una progettazione globale
per la città. Si conoscevano nel 1967 tredici occasioni festive, oggi una trentina. Fin quasi alla morte, il
Bernini progetta apparati effimeri d’eccezione.
La festa rappresenta l’autentico tessuto connettivo del Barocco, e forse la vera immagine strutturale di
quel fenomeno nella sua globalità.
Sacro e profano: l’effimero, la politica, la città
Alla base della festa è il manifestarsi dello spirito popolare che, a suo modo, favorisce la sopravvivenza
di alcune tradizioni pagane: il Carnevale, il trionfo, la pira funebre. Quello della trasgressione sembra il
vero “segno” qualificante della festa.
La festa è il momento in cui tutte le arti e le tecniche, tendendo a un risultato celebrativo o
propagandistico, si unificano nel tempo breve di una progettazione e in quello brevissimo della
manifestazione vera e propria.
In una città governata dal potere religioso, è ovvio che una festa collegata al sacro possa essere anche
svolta con elementi profani.
La festa della Resurrezione in piazza Navona organizzata nel 1592, è particolarmente fastosa nell’anno
del Giubileo nel 1625.
E’ difficile distinguere tra occasioni profane e sacre, così com’è artificioso fissare una precisa tipologia
per ogni festa. È quasi impossibile nel Seicento distinguere tra un’occasione civile e una religiosa perché
quasi sempre i due campi interferiscono. La festa sembra collocarsi tra i diversi eventi, proprio perché si
propone come un fenomeno globale.
La festa è, del secolo barocco, la “forma simbolica”: lo scambio delle tecniche, il dinamismo, la teoria
degli Elementi, la magia della metamorfosi, la Meraviglia, l’alibi politico… la festa effimera, ossia il
Barocco.
Il “luogo deputato” della festa è la città. Appare chiaro che in una manifestazione effimera in cui si
infrangono i limiti tra sacro e profano, antico e moderno, dinastia e popolo, vengano anche a confondersi
la scienza dello spettacolo e la coscienza della città.
L’artista: i ministri dell’immagine
In quanto specialista dell’immagine, l’artista è chiaramente integrato nel suo tempo, sia nei problemi
di religiosità collettiva che nello spazio politico, ponendosi come “regista” della festa.
L’allegoria non era allora una struttura mentale “separata”, ma costituiva parte integrante del metodo
immaginativo.
Architetti, scultori e pittori sono anche specialisti della festa nel periodo che va dall’Umanesimo al
Rinascimento. Duttile strumento nelle mani del potere religioso-politico, l’artista riesce tuttavia a imporre
il rispetto del suo spazio intellettuale.
Gian Lorenzo Bernini, principe della festa. Nelle imprese di Quarantore compie le prove generali per la
sua luce teatrale, nelle canonizzazioni prevede alcune future strutture stabili, nei catafalchi trova soluzioni
a problemi architettonici in gestazione, nelle feste in piazza dispiega tutta la maestria del meraviglioso
composto che aspira alla globalità del teatro e quindi dello scambio tra Vero e Verosimile. È il
protagonista; i suoi catafalchi e i suoi apparati trionfali, le feste politiche (per il Delfino di Francia o per gli
Infanti di Spagna), le sue carrozze e “mascherate”, le macchine da Quarantore e gli apparati di
canonizzazione, rappresentano lo strepitoso affermarsi della politica papale nel “gran teatro delli stupori”,
come venne allora definita la città papale.
Il cantiere: un microcosmo delle tecniche
Si rafforza in questo secolo lo spirito della specializzazione. Sono infinite le arti che entrano in concerto
per la realizzazione di una festa, anche la meno fastosa. C’è innanzi tutto l’arte del costruire, divisa in
diverse branche; poi c’è l’arte del decorare a rilievo.
C’è una volontà (seria e austera) di attirare il pubblico per la “propaganda” delle diverse imprese che
possono andare dall’edificio alla scultura, dalla cappella ricca di marmi alla festa effimera.
È forse l’arte del fuoco il più stupefacente contributo tecnologico alla festa. Ogni cerimonia si conclude
solitamente con un artificioso spettacolo pirotecnico: quasi una metafora della pace guerreggiata.