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Cappella di Andrea Carafa o Cappella San Martino
La Cappella di Andrea Carafa, nota anche come Cappella San Martino, ebbe una lunga gestazione a opera dell'architetto Romolo Balsimelli di Settignano, di cui poco è noto se non la cappella stessa. Essa rappresenta il più squisito pezzo di decorazione fiorentina messo in opera a Napoli nel primo Cinquecento. Differisce dalle cappelle precedenti poiché le paraste non sono scanalate, ma decorate con rilievi di grottesche e trofei militari finemente intagliati.
Dev'essere ricordata anche un'altra cappella di tipo differente: la Cappella Pontano, voluta dall'umanista Giovanni Gioviano Pontano nel 1492 come mausoleo per sé e la sua famiglia. È addossata nella chiesa di Santa Maria Maggiore, ma è posizionata come un'antica tomba romana a lato di una strada. La cappella è un semplice blocco rettangolare con porte su due lati. Le pareti sono articolate da paraste composite, i cui capitelli raggiungono la qualità.
piùraffinata permessa dalla ruvida pietra. Si tratta di un’opera insolita, priva di precisi paralleliin Italia centrale o settentrionale. È probabile che Pontano abbia ottenuto un progetto da unarchitetto fiorentino e che il disegno sia stato messo in opera da maestranze locali.
Per tutto il XV sec. non vi è architetto, emergente come personalità artistica, che possa esse-re considerato napoletano. Introno al 1500, però, questo stato di cose inizia a mutare e appa-iono sulla scena alcune figure interessanti del cui operato, tuttavia, è spesso difficile traccia-re un quadro preciso. Es. i due membri della famiglia Malvito: Tommaso Malvito, il padre, eMalvitoGiovanni Tommaso Malvito, il figlio, erano soprattutto scultori, entrambi però sono stati au-Malvitotori di un’opera di architettura. Giovanni è attestato come responsabile del succorpo dellacattedrale, cioè della cappella costruita tra il 1497-1508 dal
Il cardinale Oliviero Carafa fece costruire sotto il presbiterio la Cappella Carafa per accogliere le reliquie di San Gennaro. Questa cappella, nota anche come Succorpo di San Gennaro, è famosa per le delicate decorazioni scultoree, ma è anche un'originale invenzione architettonica. Infatti, combina elementi tradizionali e rinascimentali, riproducendo in pianta il modello delle cripte a tre navate spesso presenti sotto le absidi delle cattedrali romaniche, ma traducendolo nel linguaggio tardo-quattrocentesco. Presenta un ordine di eleganti colonne ioniche che sostengono un soffitto piano cassettonato e nicchie a conchiglia che si susseguono lungo le pareti.
A Giovanni Carafa viene attribuito anche il progetto di quella che può essere considerata l'architettura più eccezionale di Napoli del primo Cinquecento: la Cappella Caracciolo, eretta da Galeazzo Caracciolo, marchese di Vico, in San Giovanni a Carbonara.
La Cappella Caracciolo è una pianta circolare con quattro nicchie poco profonde che racchiudono l'ingresso, l'altare e due tombe. Le nicchie sono separate da coppie di semicolonne doriche su alti piedistalli e la trabeazione, riccamente ornata. Al livello superiore corre un attico con finestre alternate a nicchie in cui sono presenti statue a figura intera. La cupola è cassettonata.
L'idea di una cappella circolare potrebbe derivare dal Tempietto di Bramante, tuttavia la pianta della Cappella Caracciolo non ha nulla di simile a questo modello. È più probabile che si debba risalire indietro fino agli antichi templi romani o a modelli di Giuliano da Sangallo, il quale aveva disegnato molti templi antichi di questo tipo e pochi anni prima di arrivare a Napoli aveva costruito una cappella rotonda nel convento di Cestello a Firenze. La Cappella di Cestello, come la Cappella Caracciolo, aveva un ordine innalzato su alti piedistalli, era articolata però da paraste e.
Per alcuni aspetti la Cappella Caracciolo appare più vicina alla Santa Casa di Loreto di Bramante, in cui colonne binate inquadrano le nicchie. Tuttavia, l'effetto prodotto da Bramante dalla cappella napoletana è di maggiore forza grazie alla possanza delle semicolonne doriche e ai marcati risalti della trabeazione. Sono l'audacia e la monumentalità a rendere la cappella precoce per la sua datazione, non solo per Napoli, ma per l'intera Italia.
Oltre a quelle dei Santi Severino e Sossio e di Santa Maria Donnaromita, le più importanti chiese del primo Cinquecento ancora esistenti a Napoli sono Santa Caterina a Formiello e Santa Maria delle Grazie a Caponapoli. Santa Caterina è stata iniziata prima del 1519; la parte più interessante della chiesa è la facciata, che introduce una formula molto imitata in Italia meridionale e in Sicilia. Nelle sue linee fondamentali segue il modello base delle facciate romane del
XVI sec., con la campata centrale a due ordini e raccordata tramite volute alle campate laterali più basse e corrispondenti alle navate minori: ne differisce però in quanto il frontone, inevitabilmente presente nella versione romane, è qui sostituito da una terminazione piana sormontata da una balaustra. La decorazione interna è di anni successivi.
La costruzione di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli risale agli anni 1500-19; la sua componente più interessante è rappresentata dalla successione di arcate che separa la navata dalle cappelle laterali. Queste ultime sono di un tipo usuale nella Firenze del Quattrocento, con cupole nel cui tamburo di aprono finestre rettangolari; le arcate della navata, invece, sono insolite sotto parecchi aspetti. La decorazione è inusuale per Napoli e non è neanche di ascendenza fiorentina quanto piuttosto milanese, in particolare nel trattamento delle semicolonne, la cui parte inferiore è
ricoperta da una decorazione ad arabeschi. La decorazione è di qualità piuttosto grossolana, tuttavia l'effetto generale delle arcate è tra i più interessanti che possano essere riscontrati nelle chiese napoletane del XVI sec. L'ultima importante chiesa costruita in quel che si può definire stile rinascimentale napoletano è San Giacomo degli Spagnoli, commissionata nel 1540 dal viceré Don Pedro de Toledo a Ferdinando Manlio, cui si deve anche la costruzione della chiesa dell'Annunziata, andata poi distrutta. San Giacomo è una chiesa tipicamente napoletana, dal linguaggio locale. È necessario ricordare un elemento caratteristico delle chiese napoletane del XVI sec.: un tipo di campanile particolare e massiccio. Molti di questi campanili sono stati abbattuti, alcuni però sopravvivono ancora. Il più antico è quello di San Lorenzo Maggiore, del 1487; mentre il più impressionante.è il Campanile di Santa Chiara, il cui basamento, con l’iscri-zione gotica, risale al XVI sec., mentre i piani superiori sono stati impostati a fine ‘500. Poco rimane degli arredi delle chiese napoletane del XV-XVI sec., dato che la maggior partedi esse ha avuto una nuova decorazione in periodo barocco, i pochi esemplari superstiti te-stimoniano però la loro alta qualità. I soffitti erano quasi tutti piani e in legno, in molti casiintagliati e dorati. Caratteristico delle chiese napoletane di quel tempo è anche l’uso dellapavimentazione di mattonelle policrome, alcuni rari esempi nel sopravvivono nelle cappelle,es. quella Caracciolo in San Giovanni a Carbonara e in Santa Caterina a Formiello. L’architettura sacra napoletana del XVI sec. non offre un quadro coerente. Le migliori operesono state realizzate da stranieri formatisi in una varietà di posti diversi e che usavano lin-guaggi differenti. A partire dalla metà delCinquecento si era venuto affermando, però, un tipo di chiesa che può essere riconosciuto come napoletano. Molte di queste chiese, tuttavia, sono state talmente trasformate o ridecorate in periodi successivi che è difficile valutarne le reali qualità. Da questo momento in avanti l'autonomia dell'architettura napoletana diviene sempre più marcata e gli architetti locali, ignorando le nuove tendenze dell'architettura di Roma e Firenze - definite come manieriste - procedono lentamente, ma con sempre maggiore sicurezza, verso la creazione di una loro propria variante del Barocco.
3. Cosimo Fanzago, 1591-1678
Cosimo Fanzago giunge a Napoli nel 1608. Lì acquista una grande reputazione sia come scultore e decoratore sia come architetto, e riceve numerosi incarichi da parte di chiese, monasteri e committenti privati. Il suo modo di lavorare, però, è così singolare che finisce col metterlo in
difficoltà sempre maggiori, che culminano in un procedimento giudiziario intentato contro di lui dai monaci di San Martino. Per molto tempo il suo talento e la sua grande reputazione gli vengono in soccorso, alla fine, però, la pazienza dei suoi clienti si esaurisce, le commissioni diminuiscono progressivamente ed egli muore in stato di semi-povertà. Fan-zago si definisce scultore di marmo e le sue prime opere documentate sono infatti di questo genere. La maggior parte di queste è andata perduta, ma anche la sola testimonianza della loro esistenza è importante, perché consente di stabilire che Fanzago di fatto inizia la sua carriera esclusivamente da scultore ed è quindi non può essere stato coinvolto in progetti di architettura prima degli anni '30. Nel 1623 riceve il primo incarico importante, il completamento e decorazione del chiostro grande di San Martino [vedi oltre]. Questo primo contatto gli permette di consolidare la sua reputazione e di ottenere ulteriori commissioni.La sua posizione come artista di primo piano sulla scena napoletana. Per il resto degli anni '20 e '30 del Seicento, le opere che possono essergli attribuite con certezza rientrano quasi tutte nel campo della scultura decorativa. Mentre durante gli anni '40 e '50, pur continuando a operare come scultore e decoratore, Fanzago intraprendeva anche la costruzione di alcune chiese che gli vale la fama di architetto. È comunque difficile valutare la sua effettiva abilità in questo campo, in quanto quasi nessuna chiesa è interamente di sua mano. Spesso l'edificio è stato iniziato da un altro architetto; in altri casi l'edificio è stato rimaneggiato. Se si dà credito alla testimonianza degli scrittori più antichi, Fanzago avrebbe progettato la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio nel 1620, ma non ci sono prove certe a riguardo. In pianta, la chiesa segue uno schema ben consolidato a Napoli, con una navata unica,