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Estratto del documento

Descrizione: Costruito per volere di papa Urbano VIII il baldacchino doveva avere proporzioni e caratteristiche tali da

potersi inserire in modo armonico sopra l'altare maggiore della Basilica di San Pietro, nell'immenso spazio vuoto sotto

la cupola di Michelangelo. Volendo evitare un struttura in muratura, che sarebbe apparsa troppo massiccia, l'artista è

costretto a inventare una tipologia nuova che riunisca anche l'idea di un baldacchino in legno e tessuto. Su quattro

giganteschi basamenti rivestiti di marmi colorati si ergono altrettante colonne tortili in bronzo dorato coronate da

capitelli compositi. La trabeazione è concava verso l'interno e appare leggera e preziosa e, pur essendo anch'essa di

bronzo, imita i tendoni di un baldacchini di tessuto. La copertura infine è frutto della collaborazione con Francesco

Borromini. Al posto di un tetto a quattro falde o di una cupola, che avrebbero dato un'impressione di eccessiva

pesantezza, vengono impiegate quattro enormi volute foggiate a dorso di delfino. Si elevano dai quattro angoli della

struttura e convergono verso il centro, sorreggendo un elemento di raccordo sulla poggia una grande sfera sormontata

da una croce. La straordinarietà di questo baldacchino sta nel modo con i quale esso riesce a integrarsi nello spazio

della basilica e nonostante le dimensioni monumentali esso ci appare esile e proporzionato. Le colonne danno infatti

alla struttura uno slancio verticale, il colore scuro del bronzo snellisce ulteriormente la struttura e le trabeazioni,

imitando la morbidezza della stoffa, accentuano ancora di più la sensazione di leggerezza e di armonia dell'insieme.

Opera: Monumento funebre di Urbano VIII

Anno: 1627­1647

Descrizione: Fin dal 1627 Urbano VIII commissionava a Bernini la sua tomba da collocare nella nicchia destra

dell'abside di San Pietro. Egli riuscì ad unificare il monumento commemorativo a quello sepolcrale: è infatti

sottolineato il trionfo della potenza papale, l'aspetto storico, la memoria personale e l'aspetto umano. Possiamo vedere

Urbano benedicente seduto sul trono poggia su una base architettonica, ai lati del sarcofago le rappresentazioni della

carità e della giustizia, e sopra lo scheletro della morte nell'atto di scrivere la lapide di Urbano a lettere d'oro. Il

contrasto dei materiali utilizzati è significativo: tutto ciò che è in diretto contatto con il defunto è realizzato in bronzo

scuro, le allegorie invece sono in marmo bianco e con le loro qualità umane si pongono come mediatrici fra

l'osservatore e il papa. Il monumento, ricco di variazioni di colore e effetti di luce causati dall'adozione di svariati

materiali, rappresenta l'archetipo della tomba barocca.

Opera: Colonnato di Piazza San Pietro

Anno: 1657­1665

Descrizione: Commissionato da papa Alessandro VII, questo colonnato consta di 284 colonne e 88 pilastri disposti su

quattro file. A coronamento del colonnato vi è uno spesso architrave sormontato da una cornice marmorea la cui

copertura è a capanna, ma in prossimità della gronda si erge una massiccia balaustra sulla quale sono collocate, rivolte

simbolicamente verso la piazza, 162 statue di santi. Il colonnato si congiunge alla facciata della basilica grazie a due ali

laterali divergenti, in questo modo la percezione delle distanze si attenua e la facciata sembra più vicina, quasi

affacciata direttamente sulla piazza.

Opera:​

Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale

Anno: 1658­1670

Descrizione: E' la più importante delle tre chiese realizzate da Bernini nella maturità (le altre sono quella di Ariccia e di

Castelgandolfo). La pianta è ellittica, con l'asse maggiore trasversale; le minuscole dimensioni sono così ampiamente

dilatate. I due fuochi laterali non sono occupati da cappelle ma da elementi di sostegno, così da spingere lo sguardo

direttamente sull'altare maggiore, costituito da una cappella in cui la pala d'altare è illuminata da una fonte di luce

nascosta. La piccola cupola è decorata da cassettoni dorati e le pareti sono ricoperte da preziosi marmi. All'interno della

chiesa troviamo anche la rappresentazione dell'ascensione di Sant'Andrea in cui egli vola nel regno dei cieli

rappresentati dal firmamento della cupola, che é animata da cherubini che reggono una ghirlanda.

Borromini

Francesco Borromini è originario di Bissone sul Lago di Lugano dove nacque nel 1599, e giovanissimo andò a Milano

per apprendere i primi rudimenti dell'arte di costruire. Trasferitosi a Roma lavorò alle dipendenze del conterraneo Carlo

Maderno e successivamente, di Gian Lorenzo Bernini al quale fu sempre ostile per il suo diverso modo di concepire

l'architettura. E sempre contrariamente a Bernini, egli operò esclusivamente come architetto, e in tal modo si libera dal

costume rinascimentale secondo il quale l'artista doveva essere esperto nel maggior numero di discipline.

Nell'esercitare la professione di architetto indipendente, l'artista produsse una gran mole di disegni dei

quali era molto geloso, tanto che ne distrusse molti incendiandoli qualche tempo prima di togliersi la vita. Questo

avvenne nel 1667 a Roma. Più degli altri suoi contemporanei Borromini, grazie alla successione ritmica di pareti

ondulate concave e convesse e all'adozione di piante innovative e insolite, riuscì a creare nelle sue architetture un

effetto più fantastico che razionale. Tuttavia non rifiutava il passato e le sue innovazioni estremizzavano i canoni

dell'architettura classica e rinascimentale.

Opera: Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane (San Carlino)

Anno: 1634­1641

Descrizione: Borromini costruisce per i Padri Trinitari il chiostro e la chiesa di San Carlino. Il piccolo chiostro ha una

pianta rettangolare ed è costituito da un doppio ordine di colonne. Gli angoli del rettangolo però sono smussati e

ospitano coppie di colonne, sopra di esse vi sono porzioni di muro convesse e la pianta si trasforma quindi in un

ottagono con quattro lati curvi e di dimensione ridotta rispetto agli altri. La forma convessa introdotta nel chiostro

diventa il motivo dominante della chiesa la cui pianta, basata sull'ellisse, è un succedersi di rientranze e sporgenze e

costituisce uno degli esempi più significativi dell'arte barocca.

Opera: Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza

Anno: 1642­1660

Descrizione: Qui Borromini dovette misurarsi innanzitutto con un preesistente cortile, un lato del quale era ad arco di

cerchio. Egli genera uno schema planimetrico mai impiegato prima, costituito da tre absidi alternate a tre nicchie

introdotte da pareti con il fondo convesso. La forma della pianta prosegue fino in alto senza variazioni, per culminare

nella cupola la cui struttura ripete spigoli, rientranze e sporgenze della pianta.

Opera: Basilica di San Giovanni in Laterano

Anno: 1646­1649

Descrizione: Gli venne dato da papa Innocenzo X l'incarico di rinnovare l'interno della basilica. Borromini conciliò le

esigenze statiche con quelle di conservare l'antica basilica, secondo il desiderio del pontefice. Egli rinforzò le strutture

dell'edificio inglobando coppie di colonne in un solo pilastro. Racchiudendo le vecchie pareti in muri doppi aperti da

finestre ovale, nella navata principale pose nicchie incurvate verso l'esterno e le racchiuse tra i pilastri, mentre le navate

laterali furono coperte con vari tipi di volte a botte e ribassate con cupolette.

Opera: Collegio di Propaganda Fide

Anno: 1646­1662

Descrizione: Commissionato dai gesuiti, costituì un lungo impegno assolto dall'artista durante i suoi ultimi anni di vita.

Qui realizzò la facciata con finestre inquadrate da modanature plastiche e colonne di ordine gigante. Per l'annessa

cappella dei Re Magi disegnò una volta ribassata percorsa da larghe costole a rilievo che si incrociano diagonalmente

inquadrando un esagono con l'emblema dello Spirito Santo.

I Carracci

La produzione artistica del Rinascimento è sempre stata legata a singole personalità, gelose della propria arte e poco

inclini a condividerne le tecniche o a divulgarne i segreti al di fuori del ristretto ambito della propria bottega.

L'esperienza seicentesca dei Carracci assume pertanto un rilievo nuovo e particolare nella storia dell'arte italiana ed

europea. Intorno al 1585 i pittori bolognesi Ludovico Carracci (1555­1619), il cugino Agostino (1557­1602) e suo

fratello Annibale (1560­1609) si riuniscono per fondare quella che potremmo definire la prima scuola privata di pittura

dell'Età Moderna. Essa fu chiamata Accademia degli Incamminati, allo scopo di sottolineare l'impegnativo percorso di

maturazione artistica al quale ogni allievo era chiamato. Il loro insegnamento prefigura quello di una moderna scuola

d'arte in cui, oltre alla pratica del disegno e della copia dal vero, si dà ampio spazio allo studio delle lettere, della

filosofia, della geometria e dell'anatomia. Fino a che durerà la loro collaborazione, l'Accademia costituirà un punto di

riferimento importante per quella nuova generazione di artisti italiani che andava formandosi tra Cinque e Seicento. Il

più importante e famoso dei Carracci comunque è Annibale. La sua forte personalità e le sue grandi capacità pittoriche

lo collocano subito al vertice dell'Accademia, alla quale si dedica con l'esempio più che con la teoria. E' un disegnatore

eccellente e instancabile, si riallaccia direttamente alla tradizione rinascimentale fiorentina usando un tratto morbido e

deciso e in lui appare chiaro l'intento di ricercare attraverso il disegno, quel bello ideale che il Manierismo aveva perso

di vista.

Opera: Il mangiafagioli

Anno: 1583­1584

Descrizione: Tra le sue esperienze pittoriche giovanili è bene ricordare questo dipinto. Qui l'artista raffigura un

popolano nell'atto di mangiare con avidità una scodella di fagioli. Sul tavolo sono disposti i poveri oggetti della mensa

contadina: una brocca, un bicchiere, un coltello, un piatto e al centro la scodella di fagioli. L'uomo è colto nell'attimo in

cui porta alla bocca una cucchiaiata di fagioli con tanta voracità da farne sgocciolare parte nella scodella. Il cappello da

contadino è calcato sul capo, gli occhi fissi e sospettosi, la bocca spalancata, la mano sinistra che tiene una pagnotta già

in parte mangiata sono altri particolari che rimandano ad un realismo crudo ed evocatore di miseria. E' caratterizzato un

disegno incisivo quanto disadorno e i colori che appaiono spenti e terrosi contribuiscono ad accrescere il senso di

abbandonata quotidianità.

Opera: Affreschi della Galleria di Palazzo Farnese

Anno: 1598­1600

Descrizione: Fu il ciclo pittorico più

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
22 pagine
7 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alicegiani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Tosi Alessandro.