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L’artista accantonò le conquiste formali di Giotto, non
utilizzò la prospettiva intuitiva e
non dispose realisticamente le
figure nello spazio. Queste ultime
sono invece schematiche, con
alcuni dettagli patetici, come lo
svenimento della Madonna nella
scena della crocifissione. Come i suoi coetanei pittori del tempo, anche le sue
figure sono statiche, prive di movimento.
Affresco, La trinità di Masaccio (1426-28) a S. Maria Novella Firenze.
È un’opera fondamentale per la nascita del rinascimento. Il committente e
la moglie sono raffigurati ai lati del dipinto. Le figure sono massicce e
pesanti con forme spigolose e solide. I soggetti principali sono le figure
della Trinità con il Padre che regge la croce di Cristo. Tutto si staglia su
uno sfondo architettonico dipinto e illusionistico, in cui tutto appare reale.
La volta a botte vista di scorcio impressionò molto le persone del tempo e
potenziò il messaggio religioso dell’opera, infatti il punto di fuga della
prospettiva è molto basso, proprio all’altezza degli occhi dell’osservatore
facendo così apparire il dipinto monumentale. Molta attenzione è data alle
proporzioni e all’armonizzazione. Masolino, maestro di Masaccio, si fece
aiutare dall’allievo per la rappresentazione
della pala d’altare di S. Anna Metterza (1424-
25). Il dipinto rappresenta la Madonna in trono
con il Bambino e la santa alle spalle, circondati
da angeli. Si attribuisce a Masaccio la
Madonna con il Bambino e l’angelo a destra.
Infatti questi personaggi sono dotati di volume
proprio che occupa uno spazio reale. Masolino
cerca di imitarlo in S. Anna, ma qui il volume è
quasi assente a causa della prospettiva ancora
rudimentale.
La Maestà di Masaccio (1426) apparteneva al
Polittico di Pisa che poi è stato smembrato.
La Vergine è messa in risalto dal pesante panneggio chiaroscurale. Il volto è stanco e segnato
come se già presagisse il destino del figlio. Appare seduta su un possente trono ricco di particolari
architettonici rinascimentali. Il Bambino è colto nell’attimo in cui mangia un chicco d’uva (simbolo
della passione di Cristo), spontaneità che ne mette in risalto la natura umana. Il dipinto nell’insieme
è monumentale, le figure sono statuarie con gesti ed espressioni quotidiani, elementi che rivelano
l’influenza di Donatello. Troviamo una visione prospettica di scorcio dei liuti in mano agli angeli in
basso e dell’aureola ellissoidale di Gesù.
Ciclo di affreschi della Cappella Brancacci a Firenze, Masaccio e Masolino. Il tema è la vita di
S. Pietro al quale si aggiungono scene della genesi, alcune
scene: il Tributo, episodio nel quale viene descritto
l’ingresso di Cristo e dei suoi apostoli nel Tempio di
Gerusalemme e l’esattore pretende da loro un tributo. Gesù
incarica Pietro di pescare un pesce dal quale per miracolo
ne uscirà una moneta d’argento. Vengono rappresentate 3
scene diverse nella stessa tela: al centro il gabelliere di
spalle esige il tributo, in cui si nota lo stupore del volto degli
Apostoli, qui Cristo indica il mare e si presagisce la scena
successiva a sinistra, in cui Pietro è raffigurato solo sulla riva a pescare. A destra poi Pietro
ricompare nel momento in cui consegna il denaro all’esattore. Tutti i personaggi hanno un rilievo
quasi scultoreo in cui la luce proviene dal sole in alto a destra fuori dal dipinto. Paesaggio brullo
con montagne in successione cromatica danno senso di sfondamento prospettico. Anche le
architetture a destra contribuiscono a determinare lo spazio scenico.
Nel San Pietro che risana gli infermi con l’ombra, troviamo un forte
realismo. La line dell’orizzonte si colloca all’altezza degli occhi di Pietro,
ponendo l’osservatore nel pieno della scena. Le architetture di sfondo
alludono a Firenze: un palazzo bugnato, due sporti
medioevali, una colonna isolata con capitello
corinzio e la facciata rinascimentale di una chiesa
con il campanile. Masaccio vuole farci notare come
l’architettura di quei tempi sta cambiando. I
personaggi quasi scultorei prendono in prestito i volti
della realtà quotidiana.
Crocifissione, Masaccio (1426) facente parte del Polittico di Pisa, ora a Napoli. I quattro
personaggi si stagliano su uno sfondo oro che ne esalta i volumi. Sono composti in modo
geometrico rigoroso. Maria a sinistra piange di dolore, immobile e severa, avvolta nel pesante
mantello il cui chiaroscuro conferisce monumentalità. A destra San Giovanni ha un’espressione di
sconforto. Al centro Cristo in croce è rappresentato nell’immobilità della morte, la vista dal basso gli
toglie il collo e porta in avanti il petto innaturalmente. In basso di spalle, la Maddalena con le mani
disperatamente protese verso quelle del Cristo a creare un triangolo. Adorazione dei Magi,
Masaccio (1426)
proveniente dal Polittico di
Pisa, ora a Berlino. La
composizione è pacata, a
tratti morbida e sfumata. La
luce e la ricca cromia
unificano tutta la
rappresentazione. Dietro i re magi si trovano due personaggi non presi dall’iconografia
tradizionale, vestiti secondo la moda dell’epoca. Probabilmente
si tratta dei committenti.
Gentile da Fabriano fu un esponente del gotico internazionale,
artista itinerante, la sua pittura è poetica e fiabesca. Sena
rinunciare al proprio stile, a Firenze, iniziò una transizione tra il
decorativismo tardogotico e l’essenzialità rinascimentale.
L’adorazione dei Magi (1423), commissionatagli da Palla
Strozzi, è realizzato a tempera, argento e oro su tavola. Il dipinto
è incorniciato entro 3 archi a tutto sesto sormontati da 3 cuspidi
in legno dorato. I 3 Magi vengono rappresentati 4 volte, in
quanto rappresenta in un opera unitaria 4 viste parziali che si
trasformano in elaborati elementi decorativi. Dipinge i particolari
minuziosamente. La stessa attenzione è riservata anche al
paesaggio, il corteo non da senso di profondità. Questa minuzia
dei particolari finisce per generare astrazione e irrealtà.
Pisanello, allievo e collaboratore a Venezia di Gentile da Fabriano. La
sua pittura è colta, ogni tavola e ogni affresco è preceduto da disegni
preparatori studiati con attenzione. Ritratto di principessa (1435-40),
raffigura Ginevra d’Este che morì a soli 21 anni uccisa dal marito geloso.
Nell’opera ci sono infatti simboli di presagio di morte, segno che il
quadro fu realizzato in seguito. La protagonista è ritratta di profilo come
nelle medaglie celebrative che si ricollega
all’attività di medaglista del pittore, con la figura
allungata secondo le mode dell’epoca. Indossa
una veste pregiata dove nel mantello è presente
il simbolo della casata.
Statua di Marco Aurelio, in bronzo dorato (161-
180 d.C.) Campidoglio, Roma. L’imperatore è
rappresentato a grandezza reale, visto come un
dio e conquistatore, ma l’assenza di armi e armatura gli danno un senso di pace. Scultura
realistica e nel complesso statica.
Monumento al Gattamelata, di Donatello (1446-50) in bronzo, a Padova. È la prima opera
pubblica puramente celebrativa del capitano che al servizio di Venezia ne estese i confini fino alla
Lombardia, è realistica e imponente, d’ispirazione al Marco Aurelio. Il cavaliere cavalca con sella e
staffe, in modo moderno, non alla romana, diviene un tutt’uno con il cavallo. Il personaggio fiero,
tiene in mano il bastone del comando. A volto scoperto e concentrato, è uno dei
ritratti più naturali e psicologicamente profondi del Quattrocento, esprime la
determinazione dell’uomo razionale. Bassorilievo il Miracolo
della Mula, di Donatello
(1447-48) in bronzo dorato,
per l’altare maggiore della
Basilica del Santo a Padova.
Organizza lo spazio
prospettico entro 3 grandiose
volte a botte di ispirazione
classica. I personaggi si
accalcano intorno all’asina
che rifiuta il cibo, preferendo
rimanere in adorazione dell’ostia consacrata in mano a S. Antonio. Nei volti, tutti diversi,
espressioni di stupore e incredulità. Scena è caotica e ricca di dettagli, in un ambiente quotidiano.
Porta del Paradiso, di Ghiberti (1425-52) è la porta est del Battistero di San Giovanni a Firenze.
L’artista sceglie di realizzare alcune scene tratte dall’Antico
Testamento, con tema principale la salvezza e riduce il numero di
formelle a 10. Lungo i bordi realizza una fascia decorativa con
figure bibliche e testine di profeti e profetesse entro tondi. Utilizza
anche una nuova tecnica, detta stiacciato, messa a punto da
Donatello e consistente nel
rappresentare le figure e i
personaggi in lontananza con
pochissimo rilievo, consentendo
l’illusione di maggiore profondità
prospettica. I personaggi si
muovono con naturalezza, la
prospettiva fonde i vari episodi, ma
privilegia la chiarezza narrativa.
L’edificio rotondo nella scena di
Giuseppe, mostra la capacità di
rendere gli elementi architettonici
prospetticamente. C’è comunque
un gusto tardogotico nella definizione dei particolari.
Piero della Francesca, pittore e matematico rinascimentale, armonizza
valori spirituali e intellettuali. Utilizza sia la prospettiva di Brunelleschi che la
plasticità di Masaccio, oltre all’uso espressivo della luce. Battesimo di
Cristo (1448-50), l’opera da un senso di calma e serenità. Il dipinto è
composto secondo una costruzione geometrica, dove al centro troviamo Gesù e la colomba,
simbolo dello Spirito Santo, a destra Giovanni Battista e a sinistra 3 angeli assistono alla scena. Il
fiume che dovrebbe essere il Giordano alle sue spalle, in realtà è il Tevere che non specchia il
corpo del Cristo. La solidità del suo corpo è ripresa dal tronco dritto dell’albero. La luce morbida
non crea ombre violente, rendendo omogenea tutta la composizione. Il paesaggio è nitidissimo e in
lontananza le colline sono descritte nei minimi dettagli. Solo il cielo allontanandosi si schiarisce
leggermente.
E’ un ciclo di affreschi della Cappella Maggiore della Basilica di S. Francesco ad Arezzo di
Piero della Francesca. Sono unificati con paesaggi continui, punto di vista ribassato e luce
modulata su quella naturale della finestra centrale della cappella. Storie della Croce, è il
ritrovamento delle 3 croci e la verifica della croce reale come reliquia. Nella scena si ritrovano
personaggi doppi. Nel riquadro con la sconfitta e la decapitazione di Cosroe, una
lotta terribile è ingaggiata dalle truppe dell’imperatore d’oriente
Eraclio che si oppongono a