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PAROLE PER LAURA
I was a Flower of the mountain yes when I put the rose in my hair like the Andalusian girls used
or shall I wear a red yes and how he kissed me under the Moorish wall [...] and then I asked him
with my eyes to ask again yes and then he asked me would I yes to say yes my mountain flower and
first I put my arms around him yes and drew him down to me so he could feel my breasts all
perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will Yes. James Joyce, Ulysses
> È un esempio del flusso di coscienza, registrazione asintattica dell’affollarsi dei pensieri e del
loro affluire e defluire dalla mente ai sensi e dai sensi alla mente. Il brano potrebbe intitolarsi
Assenso o Abbandono di quando si dice “si” a qualcuno o a qualcosa. L’assentire o l’annuire
significano esaudire il proprio desiderio che è anche il desiderio dell’altro, momenti in cui i due
desideri coincidono, raro miracolo della reciprocità che può esserci o essere fugace, momentanea.
Felicità, assenso, precisa e certissima beatitudine. Rainer Maria Rilke
> Sono tutti momenti in cui dare e ricevere coincidono.
Nel monologo finale Tom sente la sorella toccargli le spalle e si volge verso di lei.
Then all at once my sister touches my shoulder. I turn around and look into her eyes. Oh, Laura,
Laura, I tried to leave you behind me, but I am more faithful than I intended to be!
T. Williams, The Glass Menagerie Scene Seven
Queste parole e questo testo rimandano ad un punto dell’Antigone di Sofocle in cui si parla
dell’amore tra fratelli. Antigone viene accusata di aver dato sepoltura al fratello Polinice che il re
Creonte aveva invece bandito. Vi sono alcuni monologhi in Antigone. Colui che ha introdotto il
monologo nel teatro classico è stato proprio Sofocle e i suoi eroi sono enormemente soli, soffrono
di solitudine e questa solitudine è ciò su cui insiste Sofocle per dar loro una dimensione
psicologica più profonda di quanto non avessero fatto i sui predecessori. Antigone è condannata a
morte.
È un passo che mette in luce la profondità del legame tra fratelli che non è più ripetibile.
28
E perché cura mi presi della salma tua,
o Polinice, il mio compenso è questo.
Pure, per quanti han senno, io bene feci
ad onorarti. Ch'io non mai, se figli
avessi avuti, se lo sposo morto
mi fosse, e stesse a imputridire, mai
questa fatica assunta non avrei
contro il voler dei cittadini. E quale
legge m'incuora a dire ciò? Se morto
uno sposo mi fosse, un altro sposo
avrei potuto avere; e un altro figlio
da un altr'uomo, se un figlio era la perdita.
Ma poi che padre e madre asconde l'Orco,
germogliar non mi può nuovo fratello.
Per questa legge onor ti volli rendere
più che ad altri, o fratello. Sofocle, Antigone
Traduz. Ettore Romagnoli
Jim O’Connor fa ballare Laura, la bacia e risveglia in lei il ricordo dell’innocente passione che
aveva provato nei suoi confronti e le rivela con brutalità e cinismo, ammantati di onestà, che è già
impegnato nei sentimenti. La sua cecità non è in grado di comprendere quello che avviene
nell’animo di Laura. È incapace di capire quanto diversa è la realtà vista da Laura.
[finale del film del 1950]
Vi è una grande carica ottimista in questo film. Viene inoltre introdotta nel finale una battuta
che invece è presente nella prima parte del dramma.
Si fa anche in modo che Laura faccia pace col fratello e che gli dia consigli. La colonna sonora è
sinfonica. La musica accompagna continuamente e didascalicamente l’intera sequenza. È musica
fatta per orientare emotivamente lo spettatore solo che lo orienta in un modo troppo evidente. È
musica che assume una funzione mimetica, imita troppo precisamente l’azione. Nel momento in
cui arriva Tom si fa più cupa mentre quando le cose vanno bene si fanno più gaie.
Elio De Capitani, regista italiano contemporaneo appassionato di tetro americano dice
“ Il teatro vuole essere una consapevole scheggia delle presente e un autentico rapporto con
l’oggi. Il teatro non può essere ridotto ad un insopportabile museo di figure imbalsamate. Il teatro
è l’interazione rituale tra la vita scenica e gli spettatori, il pubblico che non sono solo un
gigantesco orecchio ricevente ma anche un amplificatore.”
Il testo drammatico appartiene al dominio della letteratura, dell’arte letteraria oppure
appartiene ad un dominio tutto suo ossia quello dell’arte del teatro o appartiene ad entrambe i
domini, della letteratura e del teatro? 29
Per molti secoli è prevalsa la prima visione, quella di considerare il testo drammatico come
letteratura, come uno dei generi letterari. In tempi più recenti è prevalsa la visione che considerava
il testo drammatico come opera autonoma rispondente a sue proprie leggi intrinseche che poco
hanno a che fare con le leggi che regolano il testo letterario. Tanto è vero che è nata una
disciplina che si chiama semiotica del teatro. La posizione più opportuna da prendere è una
posizione mediana, quella che da un lato riconosce che il testo drammatico intrattiene un rapporto
generale e istitutivo con la letteratura, dall’altro però bisogna riconoscere che i materiali di cui il
testo drammatico si serve e i codici di cui si serve sono per la gran parte caratteristici e distintivi
dell’arte teatrale, sono altra cosa rispetto la letteratura. C’è scuramente una commistione. La
commistione tra generi, modalità, è diventata la caratteristica dominante dell’età moderna (arti
visive, musicali, della scrittura..). Tutte le discipline sconfinano in altre discipline.
Lo studioso che ha messo in evidenza l’importanza della commistione nella modernità è stato
Michail Bachtin che attribuisce l’avvento di questa commistione all’influsso del romanzo. Nelle
epoche in cui il romanzo prevale sugli altri generi letterari e quindi anche sul genere drammatico,
tutti i generi tendono ad assomigliargli, a diventare più liberi. Ecco allora che la tragedia in tempi
moderni ha finito con accogliere il riso, l’ironia, la problematicità, la specifica incompletezza
semantica, il vivo contatto con l’età contemporanea, tutto quello che in realtà secondo Bachtin
caratterizza il romanzo. Con ogni probabilità Bachtin esagera l’influsso del romanzo nell’alterare i
caratteri degli altri generi ma è anche vero che l’età moderna ha scompaginato le regole che
hanno definito l’identità dei prodotti artistici.
La parola dramma deriva dal verbo drao che significa “agisco” per cui “azione” è una parola
decisamente chiave a teatro. Un’altra parola chiave è “dialogo”. È vero che esistono spettacoli che
si tengono su un unico monologo con un unico attore ma normalmente il dialogo è
imprescindibile. Il dialogo teatrale viene almeno in parte dal dialogo filosofico, dalla filosofia
classica, si pensi ai dialoghi di Platone. Il dialogato nei testi dei filosofi serviva a mettere a
confronto due tesi e a farle discutere tra di loro. Si legava al problema dialettico della ricerca della
verità, il dialogo serviva a trovare insieme in un contatto, confronto o anche scontro una possibile
verità, provvisoria o comunque il tentativo era la ricerca della verità. Del carattere di confronto tra
opinioni il dialogo drammatico conserva caratteri e tratti visibili che si manifestano nella facilità con
cui è possibile ricavare degli spettacoli dai dialoghi filosofici.
L’azione è una qualità essenziale che contrassegna il dialogo drammatico. Il dialogo
drammatico ha la funzione primaria di far procedere l’azione. Da un lato fa procedere l’azione,
dall’altra è sempre subordinato all’azione. Anche nel romanzo il dialogo serve al progredire della
storia ma nella narrativa il suo ruolo principale è diverso. Nella narrativa il ruolo del dialogo
consiste nel rappresentare i personaggi, mostrare la loro evoluzione, consentire loro il confronto.
Le parole teatrali sono invece equivalenti dell’azione, a teatro le parole sono azioni, assimilabili alle
azioni vere e proprie. In questo senso si può dire che la funzione principale della lingua teatrale sia
la funzione conativa. La funzione conativa è una funzione orientata sul destinatario, trova la sua
funzione più pura nell’imperativo e nel vocativo.
Anche Amanda nella prima parte del dramma utilizza l’imperativo (Chew, chew, chew > mastica,
mastica, mastica). Le tre parole producono immediatamente un’azione su Tom che si alza da
tavola e se ne va. La funzione conativa richiede di prendere una decisione, dare una risposta, si
tratti pure di una risposta provvisoria o soggettiva, è spesso una spinta all’azione e per questo è
un’azione in sé.
30 Spectators are invited not only to follow a story, a fabula (horizontal axis), but also to constantly
reconstruct the total figure of the signs engaged concurrently in the performance (vertical axis).
Spectators are at one and the same time required to engage themselves in the spectacle
(identification) and to back off from it (distancing). Probably there is no other activity requiring as
much psychological and intellectual engagement. This is why theatre is irreplaceable and why it
endures in various forms in so many divers societies. Anne Ubersfeld, Reading Theatre
La fabula che si svolge sul palcoscenico può essere vista come asse orizzontale. Vi sono due assi,
quello del progredire orizzontale della storia e quello verticale che raccoglie tutti gli stimoli
presenti nello spettacolo per cui stimoli simbolici, musicali, dati dal colore, dagli abiti; tutto ciò
costituisce l’asse verticale. Agli spettatori è richiesto di immedesimarsi e allontanarsi al contempo
dallo spettacolo. Le legende servono affinché non ci abbandoniamo troppo passivamente
all’evolversi della storia.
Lezione 10: 21/04/2017
Arthur Miller
L’autore ha scritto diversi saggi, uno in particolare che vuole rispondere alla domanda
“È possibile produrre un dramma che sia una tragedia moderna? È ancora possibile scrivere un
dramma sull’uomo moderno e che uomo sarà?”
[francobollo commemorativo di Arthur Miller]
L’autore è morto nel 2005. La sua seconda moglie è stata Marylin Monroe.
“Arthur Miller, quando il sogno diventa tragedia” da “La Repubblica”:
Il 1949 fu l’anno di Willy Loman, il protagonista di morte di un commesso viaggiatore, libro che
dovrebbe essere letto come guida indispensabile all’America. La storia