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La letteratura giuridica

I giuristi scrissero libri di diritto creando così una letteratura giuridica. Il primo a comporre un opera intitolata De Usurpationibus fu Appio Claudio Cieco; i Tripartita di Sesto Elio, un commento in tre parti delle Leggi delle XII Tavole. Nel primo si riportavano le norme decemvirati, nella seconda le schemi dell'agire processuale. Pomponio sostiene che loro interpretazione, nella terza gli quest'opera conteneva i primi elementi del diritto, i Cunabula Iuris. I De Iure Civili di Manio Manilio, Publio Mucio Scevola e Marco Giunio Bruto. Quinto Mucio Scevola con il suo De Iure Civili in diciotto libri lasciò una traccia importante nella storia del diritto che c'è nota anche per l'esso dedicato da parte di Pomponio, l'Ad Quintum Mucium. L'opera era divisa in commento a quattro parti: diritto ereditario, delle persone, delle cose, delle obbligazioni. Il più

Un punto di riflessione è che l'opera muciana si misurava con la più risalente tradizione giurisprudenziale nell'intento di conservarne non solo la memoria ma anche dimostrarne la continuità. La visione non tendeva a rappresentare quindi un quadro statico. L'opera era ancorata da un lato a principi giuridici consolidati, dall'altra indicava le soluzioni giuridiche nuove. Servio Rufo, "Sulle doti" e "Sulla rinuncia ai Sacra". Breve commento all'editto del pretore, dedicato a Bruto, "ad Brutum" e un commento polemico al De iure di Quinto Mucio, "Reprehnsa Scaevolae Capita". Servio esercitò anche un'attività di consulente e i suoi responsi furono raccolti in un'opera di 40 libri, i "Digesta". Nella letteratura giuridica vi erano quindi 5 filoni:

  • Collezioni di formule;
  • Raccolta di responsi;
  • Trattati civilistici;
  • Commento;
  • Opere monografiche.
tradizione ponteficale, con la differenza di avere un deciso carattere di pedagogia empirica del sociale. Le seconde ebbero un carattere più corporativo, simbolo di una circolazione interna ad un ceto di esperti. I quarti non fu una forma letteraria molto usata in epoca repubblicana. Capitolo VIII La costituzione politica del Principato 1. La caduta della Repubblica La fine della repubblica non avvenne in un giorno con un solo atto ma costituì l'esito di un lungo e tormentato periodo storico. Perdita di valori come la libertà, la patria, l'onore, la dignità, i diritti dei cittadini. L'inizio della crisi può farsi risalire alle lotte per la riforma agraria dei Gracchi, che volevano limitare il latifondo e riconsolidare il ceto medio-contadino, indebolito dalla politica di espansione territoriale che esigeva frequenti leve militari. Poche possibilità di lavoro per i contadini e unica prospettiva nell'esercito. Emerse il protagonismo del ceto

Il principato ebbe inizio il 23 a.C.. già dal 28 a.C. Ottaviano iniziò il suo processo di normalizzazione dividendo la carica di console con un collega, restituendo al Senato l'amministrazione dell'Asia, proponendo misure in tema di giurisdizione, tutela e amministrazione finanziaria. In una memorabile seduta del 13 gennaio del 27 a.C. dichiarò di voler restituire la res publica e tre giorni dopo gli fu conferito il titolo di Augusto.

Auctoritas, autorevolezza acquistatafascia di poteri contenuti nell‟imperium magistratuale. Quellaper meriti politici e militari, potestas,di Augusto fu propaganda politica. Dimesso il consolato assunse “l‟imperium procunsulare maius etinfinitum” su tutto l‟impero e la tribunizia potestas. L‟imperium proconsolare gli attribuiva ilcontrollo assoluto delle province e dell‟esercito. La tribunizia potestas era un potere senzacarica:esercitava il potere dei tribuni, controllava la magistratura con il diritto di veto, convocavasenato e concili della plebe e così si metteva la riparo dal possibile veto ai suoi atti da parte deicolleghi. Ogni aspetto dell‟attività politica e amministrativa a Roma era in suo diretto controllo.

3.Il Principe e gli organi costituzionali repubblicaniLe assemblee popolari decaddero rapidamente. Nelle elezioni annuali dei magistrati i comizi silimitarono a prendere atto della scelta, destinatio, operata da una ristretta

assemblea di senatori e cavalieri direttamente influenzata dal principe che proponeva un determinato numero di candidati, commendatio. Le magistrature per ragioni politiche furono svuotate di significato.

CONSOLATO: non fu più annuale, ai consoli ordinari, che restavano in carica pochi mesi, subentrarono i suffecti, cosicché in un anno si avevano più coppie consolari. I consoli non avevano poteri militari, furono limitati nel civile. Conservarono l‟eponimia e la "ius agendi cum senatu", più il diritto di convocarlo e presiederlo.

PRETURA: non fu intaccata e i pretori divennero 16.

TRIBUNATO DELLA PLEBE: perse molte delle sue capacità di controllo perché il principe ebbe cura di far eleggere tribuni uomini di fiducia.

EDILITÀ: esautorati dal loro potere e sostituiti vigiles.

QUESTURA: la loro funzione rimase pressoché inalterata e i questori divennero 20.

SENATO: il numero fu portato a 600 con il

sistema di cooptazione e sorteggio. Il principe si arrogò il diritto di immettere senatori che non avessero rivestito cariche. Il senato si vide assegnare funzioni giudiziarie, civili e penali, esercitando le prime come camera dei pari, nel senso che i senatori giudicavano colleghi dello stesso rango sociale. Senato Consulti: era presieduto da uno dei consoli in carica o dallo stesso principe le cui relazioni, in sua assenza, furono a lui ispirate, controllando quindi l'attività senatoria. Si parlò allora di "orationes principis in senatu abitae", discorsi del principe tenuti in Senato. 4. Il nuovo ordinamento amministrativo A partire da Augusto si sviluppò un apparato burocratico caratterizzato da un'organizzazione al suo interno e regolata dai principi dell'obbedienza al capo dell'ufficio e della gerarchia, articolata da competenze diversificate e specialistiche. Augusto creò il sistema delle grandi prefetture. Il prefectus urbi aveva unacompetenza generale sullo svolgimento ordinato della vita nella capitale e nel suo territorio: vigilava nei luoghi di concentrazione degli abitanti come teatri, mercati, circhi.
Prefetto pretorio, di rango equestre che comandava le corti pretorie, la guardia personale dell'imperatore e nel tempo assunse una tale importanza da essere considerato l'alter ego del principe.
Prefetto dell'annona, di ceto equestre, provvedeva al rifornimento del grano per la capitale.
Prefettura vigilum, di ceto equestre, che si occupava della vigilanza notturna di Roma e dello spegnimento degli incendi.
Vi furono poi gli uffici:
- ab epistulis, nei quali si redigevano lettere di risposta a quesiti, spesso di natura giuridica.
- a libellis, che era un funzionario incaricato dall'imperatore con la richiesta di pareri giuridici.
- a rispondere alle suppliche, preces, consegnate cognitionibus, in cui erano istruiti nuovi procedimenti giudiziari nella forma cognitio extra ordinem.
Augusto mantennel’amministrazione finanziale Come segno di continuità con la Repubblica, l'amministrazione finanziaria venne affidata all'erario del popolo, con la direzione dei prefetti aerarii e successivamente dei pretori. Gradualmente si sviluppò un'amministrazione finanziaria parallela, diretta direttamente dal principe e chiamata fisco. La prima fase fu la creazione di un erario militare e a partire da Tiberio comparve il termine fisco come amministrazione finanziaria centrale. Molte entrate, precedentemente attribuite all'erario, furono devolute al fisco, amministrato da un procuratore a rationibus, di alto imperiale. Accanto all'erario e al fisco va indicata la ratio privata principis, il patrimonio della persona-principe, distinto dal patrimonium principis, il patrimonio del principe-istituzione. 5. Il principe e i giuristi: il ius publice respondendi ex auctoritate principis Augusto aveva grande considerazione per la competenza tecnica dei giuristi e cercò il loro favore. Ritenne di non poterlasciare fuori dal suo controllo la scienza giuridica istituendo così il "ius publice respondendi" il diritto di dare pareri in forza dell'autorità del principe. Con il "iusex auctoritate principis", respondendi Augusto intendeva accrescere l'autorità dei giuristi, iuris consultorum e che riferendosi all'autoritas iuris consultorum Augusto era in linea della politica di restaurazione e continuità con le era fra quelle. Un altro problema è l'interpretazione tradizioni repubblicane e quella del respondere, dell'episodio che vide coinvolto Adriano e gli ex pretori. Essendo presente la prassi di considerare il diritto (Il dare pareri) come un beneficium, come una graziosa concezione da parte dell'imperatore, gli ex pretori chiesero ad Adriano lo ius repondendi. Adriano disconosceva quindi il carattere di beneficium dell'istituzione augustea, sottolineando la necessità di attendere a studi giuridici seri e rigorosi. Così con Adrianosi ritornò alle origini dell'istituzione, nel pieno rispetto del requisito della competenza giuridica. Per questo dopo Adriano lo ius respondendi non è più menzionato nelle fonti del diritto. Il problema è quello se solo chi avesse avuto il ius respondendi potesse dare pareri pubblici. Tutti i giuristi potevano dare responsi, ma quelli dati dai giuristi insigniti dal principe avevano valore vincolante nei confronti dei magistrati perché all'autorevolezza personale sommavano quella data dal principe. Augusto ed Adriano rappresentano due modi diversi di interpretare il rapporto con la scienza giuridica: il primo doveva improntare la sua azione alla massima cautela, per il secondo era più semplice inserire i giuristi nell'amministrazioni imperiali, aprendo il processo di burocratizzazione della scienza giuridica il cui esito sarà l'anonimato di quest'ultimo. 6. Il consilium principis I funzionari di grado più elevato, i magistrati maggiori,gli amici del principe e alcuni dei giuristi più rinomati facevano parte del CONSILIUM imperiale, un organo che r
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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Masiello Tommaso.