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Il ruolo del giudice nell'inquisizione

III, il giudice è delegato dal pontefice tramite una lettera di inquisizione e si trova in quella posizione di inquirente giudicante, propria dell'inquisizione. Gli spettano una serie lunghissima di atti: procedere ai primi accertamenti senza notificare alcuna citazione, interrogare l'accusato, cercare testi a suo carico, rinviare eventuali richieste di dar propria innocenza, dare luogo all'esperimento di prove di vario genere. Un lungo elenco di atti preparatori, istruttori al processo stesso. È ancora un modello straordinario, non abitualmente utilizzato. Continua ancora, siamo tra il XII e XIII secolo, ad essere ampiamente utilizzato il processo accusatorio, all'interno del quale inizai a prendere piede anche il modello inquisitorio, che nasce in ambito canonico e che viene poi recepito abbastanza prontamente anche in campo laico. Nasce l'interesse pubblico alla persecuzione dei reati, che compare già nelle decretali dei pontefici.

Il principio che è proprio elaborato dallo stesso Innocenzo III è: rei publicae interest, nedelicta remaneant impunita (è interesse dello stato che i crimini non restino impuniti). Certo, Innocenzo III aveva espresso quest'idea ovviamente rapportandola al suo mondo, quello della Chiesa, la sua intenzione era quella di contrastare la criminalità dei chierici che sfruttavano le loro immunità per agire illecitamente senza essere soggetti a pena. Ma molto presto questo principio sarà recepito dalla giustizia secolare, diventerà uno dei principi cardini della giustizia pubblica. Quindi, anche all'interno delle corti di giustizia comunali iniziamo a vedere che progressivamente si va a affermare il tipo di processo ex officio, inquisitorio. Nella seconda metà del XIII secolo, ormai, questo processo è il più diffuso nei comuni italiani. Abbiamo un tipo di procedimento che nasce in ambito ecclesiastico per scovare peccati.

ed eresie, che consolida quell'idea che sia interesse dello stato che i crimini non restino impuniti e che viene recepito proprio all'interno delle giurisdizioni laiche e che nel corso circa di un secolo diventa il tipo di processo maggiormente usato in ambito laico. Anche i giuristi cominciano a recepire l'esistenza di questo tipo di procedimento e iniziano a recepire la ratio del processo inquisitorio, espressa da Innocenzo III. Sicuramente, uno dei giuristi che comincia ad indicare in un criterio di interesse pubblico la necessità di dare spazio al giudice in campo penale per imporre la pena è Dino del Mugello, il quale dice che publicae utile est ne maleficia maneant impunita (è di pubblica utilità che i reati gravi non restino impuniti). Sarà però soprattutto Alberto da Gandino che darà una compiuta veste teorica a qualcosa che si era già affermata nella pratica. Nel campo penale, soprattutto, c'è

sempre uno stacco tra quello posto in essere nella pratica giudiziaria e quello che viene teorizzato dai giuristi, che arrivano in ritardo rispetto alla prassi. In campo penale, i giuristi, spesso pratici e non dottori, i giuristi ci danno notizia di quello che hanno visto accadere e poi lo costruiscono così scientificamente. Lo stesso vale per il legislatore comunale che interviene laddove al prassi ha iniziato ad operare. Alberto da Gandino è uno dei più importante autore di diritto penale, della scienza criminalistica, che inizia a svilupparsi proprio dal XIII secolo. Alberto da Gandino è un pratico, svolge attività di giudice e di podestà. È un giurista attivo sul campo. Ricordiamo che si diventava podestà in un comune diverso dal proprio di origine per garantire l'imparzialità, che non fossero dentro a quelle logiche di potere proprie della comunità. Il podestà e gli altri giudici forestieri dovevano

essere dottori in diritto. Alberto da Gandino, proprio quando era giudice a Perugia, siamo alla fine del XIII secolo, scrive questa affermazione: "Oggi i giudici del podestà perseguono ogni reato con il rito inquisitorio, d'ufficio, e così fanno i giudici per consuetudine e come ho constatato essere comunemente praticato, sebbene sia contrarie alle regole dello ius civile romano". È un'affermazione che ci aiuta a comprendere cos'è successo nel campo del diritto penale. Cosa ci testimonia? Innanzitutto, che il rito inquisitorio ha assunto un ruolo principe all'interno del processo in ambito comunale. I giudici del potestà, siamo in ambito laico, che per ogni reato procedono ex officio, con un procedimento inquisitorio. Ci dimostra che il potere pubblico si è appropriato completamente dell'azione penale, quel penale egemonico teorizzato da Sbriccoli, tenuto dal potere politico. L'accusa

èpressoché scomparsa. Ma ci dice qualcosa in più: quel procedimento è utilizzato comunemente anche se non c’è un norma che lo stabilisca, ma i giudici agiscono in quel modo per consuetudine. Ci dà l’immagine di quello che avveniva nei tribunali comunali. Ovunque i giudici hanno iniziato ad agire in questo modo, nonostante sia un modo di procedere contrario allo ius civile romano, che prediligeva il modello accusatorio. È una trasformazione lenta che ci è testimoniata da Alberto da Gandino. Il crescere del potere comunale, delle strutture comunali ha fatto sì che sia cresciuto l’interesse ad intervenire nella punizione del reato. Il delitto non viene più considerato solo un’offesa recata al privato che chiede di essere risarcita. Il delitto è diventato un’offesa non più solo al privato ma alla res publica, è un atto che turba la pace sociale. È un atto che esprime una

disobbedienza a quelle che sono le regole della comunità. Vediamo allora una giustizia che non ha più una bilancia in mano per equilibrare le parti, ma ha una spada: la giustizia è un potere esercitato dallo stato, è un potere forte, attraverso cui lo stato può punire perché ha arrecato danno alla pace sociale. Superiamo la visione privatistica e negoziata della giustizia criminali in cui erano le parti che volevano ottenere soddisfazione e, invece, ci si affida alla sanzione pubblica, non più risarcimento, o per lo meno non solo risarcimento in denaro, che andrà solo in parte al privato offeso, ma pena. Si affida la sanzione pubblica alla pena, il risarcimento per aver infranto l’ordine legale stabilito. È naturale che il processo inquisitorio sia quello abitualmente utilizzato. Non spetta più al privato farsi giustizia, ma è compito dello stato: il reato ha colpito l’intera società, di cui lo

Stato ormai si ritiene garante. Quindi, nel Quattrocento l'inquisitio viene considerata un rimedio ordinario perché, come diceva un altro giurista dell'epoca, Angelo L'Aretino, autore di un trattato in materia criminalistica, è ormai considerata un rimedium ordinarium, poiché di ogni crimine è possibile inquiri ad pubblicam vindictam (procedere per inquisizione al fine di ottenere a una pubblica vendetta). Alla fine, torniamo all'idea di vendetta che si ripresenta ad intervalli regolari. Non è più la vendetta del privato, è una vendetta pubblica. La pena serve per risarcire lo stato per l'ordine legale che è stato infranto. Si procede per inquisitio perché nella repressione dei reati l'inquisitio è magis favorabilis dell'accusatio. L'inquisitio è più favorevole le processo accusatorio, più favorevole ma non certo nell'ottica dell'imputato,

è più favorevole per il potere pubblico, perché offre maggiori certezze di individuare ilcolpevole. Il giudice viene dotato di amplissimi poteri in un procedimento che è sempre più rigoroso,disciplinato sempre in maniera più attenta e puntuale. All’intero delle opere che si occupano di diritto penalee inquisizione, vediamo espresso in modo dettagliato quello che il giudice può e non può fare, i tempidell’iter processuale. Ma al tempo stesso vediamo anche la presenza di innumerevoli deroghe. Da un latoabbiamo un processo che si va strutturando in maniera sempre più rigorosa, ma al tempo stesso abbiamo laprevisione di moltissime deroghe che permettono al giudice grande libertà. Il giudice che è diventato parteinquirente e giudicante al tempo stesso, che ha assunto completamente la gestione penale e poteriamplissimi. Al punto che alcuni autori affermano che nei processi ex officio contro gravi

delitti ordo estordinem non servare (la procedura è non osservare la procedura), quindi un potere molto ampio, enorme chespetta a questo giudice che è diventato il rappresentante del potere pubblico che deve garantire e tutelarequel potere.

L’inquisitio diventa un modello ordinario, diviene il procedimento ordinario.

Distinguiamo tra due diverse forme di inquisizione: quella che prendeva il nome di inquisizione speciale,contro una specifica persona, ben individuata, indicata per nome, e un’inquisizione generale, quando ilgiudice indagava circa un reato per raccogliere indizi e sentire la voce pubblica alla ricerca del colpevole,che una volta individuato, il giudice istruiva l’inquisizione speciale, fatta per iscritto. Da quella generale neiconfronti di un anonimo, si passava a quella speciale, in cui il possibile autore del crimine era statoindividuato.

In un primo tempo, fino al XV secolo, ci troviamo difronte ad una serie di garanzie e a un qualche

diritto di difesa per l'inquisito. Più il procedimento inquisitorio prende piede nelle corti di giustizia, più vediamo scomparire le garanzie per l'imputato. Questo è evidente tra Quattrocento e Cinquecento. Sfuma la differenza tra inquisizione generale e speciale e l'inquisito ha sempre meno garanzie.

Come si svolgevano le varie fasi processuali? C'era una fase introduttiva in cui era il giudice a muoversi, segreta, priva di qualsiasi contraddittorio. Il giudice indagava e acquisiva indizi, acquisiva prove di vario genere. In sostanza, costruiva un impianto accusatorio che veniva presentato all'inquisito senza però che in questa fase egli abbia possibilità di difendersi in maniera adeguata. Il giudice procedeva d'ufficio, individuava un possibile colpevole e iniziava la fase processuale, in cui il giudice acquisiva indizi e prove in favore di quella persona. ascoltava testimoni che potevano anche essere

sottoposti a tortura se ritenuti reticenti. La tortura era, al tempo, un mezzo di prova, un mezzo di acquisizione delle prove che veniva applicata nei confronti dell'imputato, ma anche nei confronti del testimone, qualora avesse un ragionevole dubbio. C'è una ricca casistica della letteratura del tempo, in cui si parla del testimone pallido.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
71 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alewefly di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Universita telematica "Pegaso" di Napoli o del prof Fortunati Maura.