Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 10
Storia del diritto italiano - crisi carolingia Pag. 1 Storia del diritto italiano - crisi carolingia Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 10.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia del diritto italiano - crisi carolingia Pag. 6
1 su 10
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

IL RECUPERO DEL DIRITTO ROMANO

La rinascita carolingia comportò un parziale recupero del diritto romano, specie

giustinianeo, verificabile soprattutto in ambito ecclesiastico. Lo si denota da

un’opera realizzata nel corso del IX sec., selezionando brani delle Novelle

giustinianee, dal Codice e dalle Istituzioni. Dalle culture ecclesiastiche originò la

Lex Romana canonice compta. La Lex ebbe una larghissima diffusione, tanto da

perdurare per secoli come esempio per i notai. All’interno del testo si accerta

l’impiego dell’Epitome Juliani, del Codice e delle Istituzioni. Il materiale della

Lex confluirà nella raccolta di diritto canonico, la Collectio Anselmo dedicata,

che prende il nome dall’arcivescovo Anselmo di Milano (883-896). Il contenuto

della Collectio è essenzialmente di diritto canonico, è distribuito in 12 libri e

comprende canoni e decretali e 238 capitoli della Lex Romana. Dubbi sono

suscitati da questa ultima fonte. Si può supporre che si tratti della Lex Romana

canonice compta, ma alcune divergenze hanno indotto a presumere che

entrambe le compilazioni derivano da un testo comune.

Questa circolarità delle fonti e la sopravvivenza della legislazione giustinianea,

dall’XI sec diverranno questioni centrali per la storia del diritto.

LA PRASSI NOTARILE

Le fonti legislative ed i complessi normativi costituiscono un fatto essenziale

della nostra storia giuridica. Per quanto riguarda la prassi notarile e giudiziaria,

che con l’insieme delle testimonianze scritte attesta oltre alla civiltà della

scrittura, una documentazione preziosa per comprendere il diritto vivente,

quello che attesta il processo evolutivo cui furono sottoposti istituti giuridici e

formule processuali. La tendenza a documentare un negozio giuridico per

scritto era già emersa nel diritto longobardo, laddove raccomandava la

scrittura “propter futuri temporis memoriam”, riservata agli atti più importanti

e, quindi oltre a quelli legislativi e giudiziari, ai negozi giuridici dei privati i cui

effetti si protrassero nel tempo: sentenze immobiliare, doti, contratti agrari di

lunga durata, come le enfiteusi. Erano previste a livello normativo delle norme

che a titolo cautelare istituivano archivi per la conservazione ufficiale delle

memorie scritte.

La scrittura, talora designata per i contratti convenientia (cioè accordo), era un

munimen, un sostegno a difesa del negozio, che doveva assicurare la firmitas

dell’atto pubblico o privato. La prova dell’avvenuto negozio si poteva ottenere

anche per mezzo di testimoni. La diffusione del fenomeno delle falsificazioni

rendeva il documento oggetto di diffidenza: era necessaria la convalida dei

testimoni. In questi secoli sono frequenti gli atti con cui le alte autorità

confermavano le proprietà o i diritti già posseduti per sanare eventuali nullità

dei documenti anteriori: era un superaddere auctoritatem, in quanto una

ratifica dal nuovo imperatore o papa rafforzava quel che si poteva prima

pretendere solo in virtù di vecchi titoli. Lo stesso senso assumono le

attestazioni di proprietà, registrate dai notai con la formula “et canonico ordine

et legibus” (in base alle leggi e ai canoni). Le scritture notarili del tempo erano

redatte secondo dei formulari, ossia delle raccolte di modelli stereotipi risalenti

anche all’epoca romana o predisposti più recentemente, specifici per il diritto

longobardo. Nei documenti le forme negoziali rivelano gli influssi che nel corso

del tempo furono introdotti dal diritto romano e longobardo.

Intorno ai formulari tardo-antichi sopravvissuti in età longobarda e carolingia si

concentrarono gli sforzi di unificazione del sec X. Ma l’unico formulario recente

ebbe una formazione complessa e rispecchiò la pluralità dei diritti vigenti e

compresenti all’epoca della sua redazione più che un tentativo di unificazione:

la formula della vendita ad es. illustra la traditio nella sua forma romana,

longobarda, salica alamanna e bavara. I documenti presentano forme negoziali

che attestano la volgarizzazione cui il diritto ufficiale stava andando incontro,

realizzando anche forme singolari di confluenza di diritti in origine diversi.

CONTRATTI AGRARI

Sotto questo aspetto i contratti relativi ai beni immobili ci forniscono dati

importanti per comprendere la commistione cui gli istituti furono sottoposti. Il

diffusissimo livello, l’enfiteusi o la precaria, negli atti presentano caratteristiche

similari a volte, segno che i notai non erano più in grado di distinguere i

contenuti dei diversi contratti.

Già presente nel Codice teodosiano, il livello viene disciplinato

successivamente nel diritto longobardo, che stabilì una sorta di responsabilità

del proprietario per le azioni delittuose commesse dal livellario, facendo

supporre che i livellari fossero posti in una forma di dipendenza personale nei

confronti del concedente. Il livello era concesso dopo una petitio, ossia una

richiesta rispettosa del contadino disposto ad assoggettarsi alle regole del

tempo: il livellario corrispondeva al concedente una cifra esigua, ma poteva

esser obbligato a risiedere nel fondo, come avveniva per i servi, detti della

gleba. Questa situazione comportava una sottomissione del livellario al

tribunale del signore ufficiale, anche solo in forza del contratto. In un contratto

del 1085 il livellario rilasciava al concedente il launegild, ossia la

controprestazione prevista dal diritto longobardo per le donazioni. La tendenza

era quella di fondere i linguaggi agrari entro la nuova cornice feudale. Es.

compaiono dei livellari tenuti alla fidelitas che, al rinnovo del contratto, versano

un libellaticum o calciarum (calzatura).

Il termine lex rendeva l’idea di un’obbligazione vera e propria quale era quella

assunta dal concessionario coltivatore. Con il tempo le obbligazione vere e

proprie di derivazione contrattuale, si avvertirono come dettate più da una

consuetudine locale che non dal contratto verbale stipulato: dal rapporto con la

cosa.

Nella detenzione dei beni nominata giuridicamente possessio dal diritto romano

e investitura da quello alto-medievale, può non sussistere distinzione dal punto

di vista della qualificazione formale, giuridica, tra il piccolo contadino all’interno

del grande dominio curtense e il grande enfiteuta o livellario che gode di una

concessione di favore (beneficium) su terre di una chiesa: entrambi hanno un

possesso tutelato del bene, quello che si chiamerà dominium utile del fondo, e

che apparterrà sia ai feudatari che ai concessionari di terre. La posizione

socio-economica dei due detentori è diversa: in questi secoli “chi dà la terra

vuole l’uomo, e l’uomo si dà per avere la terra”.

Il nesso di relazione intercorrente fra l’investitura ed il mondo fondiario finì per

designare in Lombardia un contratto agrario in senso stretto , realizzato con la

consegna simbolica al concessionario di un lignum da parte del concedente. Fu

adottato dalla Chiesa per connotare il conferimento di dignità, di poteri, di

diritti. La Chiesa recepì dal diritto bizantino l’istituto del possesso dei diritti,

dal quale deriva l’uso dell’investitura anche all’interno dell’apparato pubblico,

perché il beneficium era connesso ad un honor. In questo caso l’investitura

richiedeva una ritualità espressa da un gesto simbolico che indicava il

passaggio del potere: la consegna di un ramoscello, di una zolla di terra, di una

pergamena, o di un guanto. Il modello di queste concessioni di lunga durata era

l’enfiteusi romana, una specie di tertium genus tra proprietà e locazione

dettagliatamente disciplinata nella compilazione giustinianea.

Un rilievo centrale assumono le disposizioni a favore delle chiese, sia per

mezzo del testamento (atto dispositivo post mortem tipico del diritto romano),

sia mediante le donationes pro anima, con efficacia immediata, o col legato

testamentario. I donanti si riservavano l’usufrutto dei beni donati, irrevocabili e

prive dei corrispettivi usuali, come il launegild richiesto dal diritto longobardo.

La riserva d’usufrutto consentiva di rimanere in possesso del bene e di goderne

i frutti e al tempo stesso fruire della protezione legale e materiale accordata

dall’ente destinatario della donazione. Ricorre la simulazione (finzione) di

determinati atti per non incorrere nelle crescenti proibizioni della Chiesa.

Questo vale per l’usura, che era intesa come ogni interesse pattuito per un

mutuo. Per aggirare il divieto si ricorreva a negozi simulati che nascondevano

la realtà del prestito: alle confessioni di debito superiori all’importo riscosso,

oppure alle vendite con patto di riscatto per cui il bene immobile fungeva da

garanzia e passava nel patrimonio del mutuante ove la somma non fosse

restituita nei termini pattuiti.

I NUOVI FERMENTI DURANTE LA CRISI DEL SACRO ROMANO IMPERO

Dopo la deposizione di Carlo il Grosso, per l’Europa si apre un periodo di

ristrutturazione. La crisi della monarchia, ritenuta come potere incapace di

proteggere il territorio carolingio dalle incursioni vichinghe, conduce alla

costituzione di principati feudali. Questi organismi ebbero una ricca

articolazione interna, governati da vassi del princeps. Gli stessi re governavano

solo le terre da essi direttamente dipendenti: amministravano il territorio in

quanto principi di vassalli propri, diretti, non in quanto re. Re e principi

proseguono nel X sec. l’esperienza carolingia, senza le aspirazioni di Carlo

Magno e dei suoi successori. In questo modo i principati si confermarono, in

Francia come in Germania, nella loro autonomia. Emersero pertanto nuove

realtà di potere. I Normanni, ad esempio, si insediarono nella regione del Nord

che da essi prende il nome e il cui capo, Rollone, si dichiarò vassallo del re di

Francia per acquisire il titolo di duca (911), ossia per ottenere un honor, una

carica legittima per il governo dell’area da far valere nei rapporti con il re e con

gli altri principi. Lo stesso avvenne in Germania, dove si andò consolidando un

Regno teutonico separato dalla Francia occidentalis, quando il duca Enrico

di Sassonia emerse tra i vari principi grazie alle sue vittorie militari. Il titolo di

re che seppe meritarsi sul campo di battaglia, si trasmetterà, nel 936, al figlio

Ottone, che darà vita alla dinastia sassone, con la traslazione della corona

imperiale dai Franchi ai Sassoni con il consenso dei grandi. Quindi ci fu un

ridimensionamento e una ristrutturazione con la quale si raggiunse

l’indivisibilità del Regno. Anche l’elemento dell’indissolubilità (che non si

può sciogliere) venne recepito sia nel regno della Francia occidentale, sia in

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher casildina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto italiano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Ascheri Mario.