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A queste difficoltà si aggiungeva l’uso da parte di alcuni imprenditori di stipulare patti di esonero di
responsabilità, con i quali l’operaio al momento dell’assunzione affrancava l’impresa da ogni eventuale
responsabilità per gli infortuni, a qualunque causa essi fossero attribuiti. Questo tipo di obbligazione fu, solo
in seguito ad una sentenza della Corte di cassazione di Firenze del 1878, dichiarata nulla per entrambi i
contraenti ai sensi degli ex art. 1116 e 1119 del Codice civile (una società ferroviaria aveva invocato il patto
d’esonero).
In concreto risultava difficilissimo che l’operaio potesse riuscire a dimostrare la colpa del datore: questi ad
esempio poteva molto agevolmente far sparire le prove. Doveva poi essere difficoltoso trovare compagni di
lavoro utili a testimoniare, che facilmente erano ricattabili dal datore. L’onere della prova era gravoso anche
perché l’infortunio stesso poteva recare la distruzione degli elementi di prova in alcuni casi, ancor peggio in
caso di morte dell’infortunato quando a dover provare la prova fossero i familiari della vittima si poteva
“probatio diabolica”.
parlare addirittura di
Inoltre i giudizi erano eccessivamente dispendiosi, e si accennerà al patrocinio gratuito solo nel primo
progetto di legge Berti-Zanardelli del 1881, in cui si garantiva l’assistenza legale gratuita ai soli lavoratori
iscritti alle Società di mutuo soccorso che si fossero aggregate a precisi controlli governativi.
Si aggiungevano inoltre, a causa del dilungarsi dei processi i rischi di caduta in prescrizione e di spostamento
del processo in sede sfavorevole.
Giunti a fine processo ci si affacciava inoltre sui problemi di determinazione dell’indennità da corrispondere
e sulla sua liquidazione, che in casi particolarmente gravi si risolveva in un’insolvenza da parte del datore
condannato al pagamento.
La teoria del rischio professionale
La teoria del rischio professionale si afferma sul terreno della responsabilità civile definendo che il rischio è
un rischio implicito nel modo di produzione industriale, da concepire strutturalmente e statisticamente come
imprevedibile nel suo verificarsi e, per conseguenza, ineliminabile.
L’infortunio viene inteso come un evento legato all’organizzazione produttiva, che si verifica come
conseguenza naturale e necessaria dell’attività stessa nella fabbrica.
Il rischio costituisce una realtà di fatto immanente e indipendente dalla volontà dei singoli, giacché è
fatalmente legato all’attività umana. Non viene più considerato come un caso fortuito bensì come una
certezza. Si tratta di un evento che accade per caso, ma non a caso. La prevedibilità dell’imprevedibile porta
quindi a ritenere il caso fortuito come un elemento del rischio professionale, rispetto al quale l’imprenditore
si può e si deve assicurare.
Nel 1887 vediamo una relazione di Guido Fusinato definisce che era necessaria una nuova codificazione per
i rischi professionali (nello specifico non si parlava di uscire dall’ambito privatistico a quello pubblicistico,
bensì, timidamente e in modo un po’ confuso, di adattare il codice ai nuovi contesti).
In questa relazione Fusinato sosteneva inoltre che si poteva avere tutela efficace per gli operai infortunati
solo creando obblighi al risarcimento anche quando non fosse esistita alcuna colpa.
Sostenendo inoltre che gli infortuni sul lavoro fossero accessori inevitabili nell’industria e che la stessa
racchiudeva in se una causa di pericolo, ne conseguiva che l’imprenditore fosse perennemente,
inevitabilmente e permanentemente in colpa civile, dal momento della costituzione stessa dell’impresa.
Dal momento ovvero di creazione dell’impresa diventava colpevole di tutti gli infortuni per il semplice fatto
di essere imprenditore.
Si delinea una teoria del rischio professionale quale esigenza giuridica che il lavoratore sia protetto da ogni
rischio del lavoro, anche quando l’evento dannoso derivi dalla sua stessa colpa, esigenza che trova la sua
essenza etica, economica, giuridica, nel permanente fenomeno della produzione di ricchezza.
Siamo vicini al passo per giungere ad una vera e propria soluzione di tipo assicurativo-sociale che vedrà la
l. 7 marzo 1898 n. 80, Fusinato
sua realizzazione con la cui fautore sarà anche e perfezionatore Carlo
Ferraris.
Francesco Legge grazie alla quale teoria del rischio professionale e assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni diventano “due cose assolutamente inseparabili”.
Il principio del rischio professionale infatti si sarebbe rilevato inutile se non fosse stato accompagnato da
valide garanzie in grado di assicurare l’adempimento dell’obbligo risarcitorio che incombeva sull’industriale.
La facoltà di assicurarsi contro gli infortuni diveniva un elemento necessario, ma pur sempre sofferto: se
dapprima l’industriale costretto a sopportare il pagamento diretto delle indennità rischiava il dissesto
sacrificio di una perdita certa,
finanziario, ora doveva accollarsi per la prima volta il attivando la tutela
assicurativa (certamente un sacrificio di entità minore), ma che si venne inevitabilmente a dover sommare ai
costi di produzione.
Ciò che ha preceduto la prima legge infortunistica
Vedremo che la prima legge infortunistica dovrà la sua luce in seguito a:
- diversi progetti di legge;
- l’istituzione della Cassa nazionale di assicurazione contro gli infortuni;
- il concetto di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni.
I punti salienti sono: Berti,
Nel 1883 con disegno di legge di viene presentata una relazione sulla fondazione di una Cassa
nazionale per gli infortuni.
Luzzatti denunciava la mancanza d’igiene, la scarsa cautela ed i lunghi ed estenuanti orari, con l’intento di
preparare una legislazione sulle fabbriche. Al contempo era ostile al disegno di legge di Berti, sostenendo
che costituiva un onere per lo Stato (aggravio della spesa pubblica) istituire Casse infortuni ed inoltre ci si
sarebbe discostati dal principio per il quale principalmente le casse statuarie essere erano istituite: la
beneficienza. Luzzati suggeriva di creare un ente finanziariamente autonomo.
L’istituzione della Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni
venne istituita
Con Convenzione approvata dalla Camera il 28 giugno 1883, la Cassa nazionale di
assicurazione per gli infortuni quindi come corpo morale ed autonomo; avente carattere pubblico ma
l’iscrizione alla cassa rimaneva facoltativa.
contraddistinto dal principio dell’autonomia dei privati giacché
La Cassa era dotata di un fondo di garanzia di un milione e cinquecentomila lire formato, senza alcun
contributo dello Stato, con le sole quote dei dieci istituti fondatori (istituti di credito – casse di risparmio).
Veniva assicurato qualsiasi infortunio che producesse nell’assicurato un’incapacità al lavoro per un periodo
superiore ad un mese.
Se in un primo momento il legislatore vide una soluzione valida nel lasciare l’iscrizione alla Cassa di
assicurazione facoltativa (a confronto dell’esempio della Germania dove era già stata istituita obbligatoria),
ben presto, dato gli scarsi e deludenti risultati di iscrizioni alla Cassa (solo i datori di lavoro più sensibili o
più diligenti vi si iscrivevano), capì che l’unico mezzo per indurre i datori di lavoro e per superare lo scoglio
della responsabilità presunta fosse sancire per legge l’obbligatorietà dell’assicurazione.
Numerose furono le discussioni parlamentari intraprese prima di arrivare al 1898 con l’istituzione
dell’obbligatorietà, fra i principali soggetti troviamo come promotore Bernardino Grimaldi e dobbiamo
ricordare l’ostilità del Chimirri (un relatore della Commissione parlamentare).
Nel 1890, Miceli,
in seguito ad uno studio svolto in Germania dal incaricato dal ministro Ferraris, venne
presentato alla camera il primo progetto di legge con il quale doveva essere accolto il principio
dell’assicurazione obbligatoria. Iniziata la discussione del progetto, non si ebbe una chiusura poiché finì la
legislatura dopo pochi mesi.
Nel 1891 Chimirri
vediamo presentare un nuovo disegno di legge da (divenuto Ministro dell’agricolutura,
industria e commercio), anche questo (suddiviso in cinque parti tra cui la prima dei regolamenti preventivi),
nonostante passò l’approvazione del Senato giunse alla Camera durante lo scioglimento e rimase nel
cassetto.
Nel 1895 Barazzuoli,
un nuovo disegno è presentato da Augusto quasi definibile un controprogetto rispetto
al precedente del Chimirri, poiché ne emendava numerose parti e ne reprimeva i buoni concetti chiave.
Sempre nello stesso anno, inoltre, si cominciava a discutere per la prima volta, alla Camera dei deputati, la
malattie professionali.
questione relativa alle
La legge 17 marzo 1898 n. 80
Il 13 aprile 1897 il ministro Guicciardini presenta al Senato un nuovo disegno di legge sugli infortuni,
accompagnato da una relazione di centodiciannove pagine stilata dal Ferraris. Discusso in Senato, dopo
l’approvazione, passò alla Camera e da qui venne ratificato senza discussioni il 15 marzo 1898 e promulgato
il 17 successivo.
Il lungo iter parlamentare, concluso con l’insabbiamento della legge sulla responsabilità civile dei padroni,
l’ostinata opposizione fuori e dentro il Parlamento, il rifiuto dell’obbligatorietà dell’assicurazione protratto
fino a questo anno, confermavano la volontà della classe politica dirigente decisa a difendere l’assoluta
libertà dei padroni e degli imprenditori nello sfruttamento della manodopera e a respingere qualsiasi vincolo
o controllo nei rapporti di lavoro e nell’impiego dei lavoratori.
Si era così cercato di porre in essere una legge sociale che avrebbe richiamato i ceti padronali ad assumere le
proprie responsabilità per le sciagure causate dalla mancanza delle più elementari misure di sicurezza.
Nota del Senatore Vacchelli (relatore del Senato nell’occasione)
[…] provvede questa legge al rischio professionale, provvede cioè alle indennità dovute per gli infortuni
provenienti da dal o da quella che subisce le
forza maggiore, caso fortuito, semplice colpa dell’operaio
conseguenze dell’abituarsi al pericolo, della involontaria temerità dell’affrontarlo e sono poi anche
comprese nel per ragioni di equità nascenti dal moderno ordinamento delle
rischio professionale,
industri, che tutelano e
quelle colpe dell’industriale che non costituiscono violazione delle leggi penali
vendicano la sicurezza delle persone.
Obbligatorietà assicurative ed obbligatorietà di adottare misur