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TIM BURTON

Nasce nel 1958 a Burbank vicino a Los Angeles (ricorda la cittadina di

Edward mani di forbice colorata, pastellata, con case tutte uguali e i

personaggi sono finti e costruiti), non si trova a suo agio nella città e

neanche con la sua famiglia, a 15 anni lascia la famiglia a va a vivere

con i nonni, va a lavorare alla Disney dove realizza dei character ma non

gli piace, lascia il lavoro e realizza Vincent.

Il suo esordio cinematografico è Beetlejuice.

Ama l’animazione a passo uno, l’artigianalità.

Le scenografie sono molto importanti e sono espressive.

Tutti i personaggi sono doppi come Batman, Catwoman, Vincent.

Dà spazio a ciò che accade, fa circa 5 o 6 ciak perché riesce ad ottenere

il meglio degli attori.

Realizza film di realtà e di animazione.

Deve sentirsi vicino ai personaggi dei suoi film, perché ci devono essere

degli aspetti del personaggio che devono essere anche suoi o contenere

delle cose a cui è legato.

VINCENT 1982

Alla Disney, dove lavora dopo aver vinto una borsa di studio per la Cal

Arts, gli finanziano Vincent, un corto di 5minuti, che sviluppa con Rick

Heinrichs e Steven Chiodo, animatore a passo uno.

Il film alterna la vita di Vincent Malloy e il suo immaginario, in cui lui si

immedesima in Vincent Price.

Non si vedono gli adulti, vengono esclusi. Vincent è un personaggio

“emarginato”, chiuso in se stesso, disadattato rispetto al mondo in cui

vive. Vuole essere Vincent Price, idolo dell’infanzia di Burton (che farà la

voce narrante in Vincent) che faceva film horror, cita Edgar Allan Poe.

Lo stile si ispira all’espressionismo tedesco, ai libri del Dr Seuss, le

architetture, il bianco e nero, le luci/ombre, gli elementi gotici.

Stop motion passo uno.

Usa molto il mondo delle filastrocche, l’immaginario un po’ dark della

sua infanzia.

Il film che lo lancia è Beetlejuice, visto il successo di questo gli sarà

dato da fare Batman.

BATMAN 1989

Titoli di testa: carrellata come se fosse un labirinto - allarga e si vede

che è il logo di batman. ci danno un senso di mistero, notte, labirinto.

musica solenne aumenta e enfatizza la tensione.

Le prime inq di gotham city si ispirano a metropolis e blade runner, la

fotografia è fredda, le scenografie sono imponenti, soffocanti, un

insieme di stili e epoche diverse, domina il grigio. abbiamo

l’impressione di claustrofobia e chiusura, non si vede il cielo. (girate in

studio a londra, scenografie di Anton Furst) Le inquadrature hanno un

taglio fumettistico. Le luci di taglio vengono dal noir,

dall’espressionismo.

Batman non ha superpoteri, è un eroe solitario, ha una profondità

psicologica.

Vengono usati molto il dolly e i carrelli, spesso inq dall’alto/basso o

oblique,

“Mi piaceva di Batman la doppia personalità, la persona nascosta

dentro un’altra persona.”

L’aspetto quindi che maggiormente colpì il regista americano è la

natura

freak del protagonista, che non l’accetta e la combatte, e che viene

esaltata dai suoi antagonisti,

freaks

anch’essi dei che invece la accettano e la valorizzano.

In entrambi i film Tim Burton ha posto l’accento sulla lotta interiore tra il

pipistrello e l’uomo,

tratteggiando una figura solitaria, triste e in preda a una inestinguibile

rabbia, che fa del

travestimento l’unica possibilità di salvezza.

Singolare ma azzeccata fu la scelta di Michael Keaton per il ruolo di

Batman/ Bruce Wayne,

che a detta dello stesso regista, incarnava perfettamente il disagio e la

doppiezza del

personaggio perché “ è il tipo di persona che potrebbe mettersi un

costume da pipistrello

deve

perché farlo. E questo proprio perché non è un macho grosso e

nerboruto. Perché il

problema sta nella trasformazione”

Prima scena: inquadratura labirintica, titoli di testa, non capiamo

finchè non allarga e scopriamo che è il logo. poi inquadratura della

città. senso di oppressione, grigiume.

Ultima scena: Joker viene ucciso, il sindaco ringrazia

pubblicamente, aggeggio che fa il logo di batman in cielo. lei va con

alfred che la porta a casa. inquadratura di batman travestito che

guarda il logo in cielo da sopra un palazzo. campane.

BIG FISH 2003

un film sul potere della fantasia, sull’arte di raccontare. girato dopo la

morte del padre, una sorta di metafilm sull’arte del potere

cinematografico.

Differenza tra verità e racconto, fotograficamente nella fantasia i colori

sono estremamente saturi. messinscena e realtà convergono nella

scena finale del funerale.

Il pesce rappresenta la libertà, il raggiungimento dei propri scopi.

il film inizia nel lago e finisce con il pesce in piscina.

Carrello laterale nel tempo attraverso la storia che il padre sta

raccontando.

Burton ci fa vedere come il trasformare la vita in un mito (cosa che fa il

cinema) rende estremamente belli e fantastici anche momenti

banalissimi.

William alla fine capisce il padre, al capezzale prima di morire, e la

dimostrazione è che gli racconta la sua morte a modo suo, ovvero in

modo fantastico: il figlio lo porta in braccio, come in trionfo, verso il

fiume, passando davanti a tutti i suoi amici, in una sorta di parata

carnevalesca (che molti hanno assimilato al finale dell’8 e mezzo

felliniano). L’ultimo bacio alla sua amata, anzi, molto romanticamente e

quasi commovente, l’ultima carezza con il pollice sul suo mento, e poi

verso il fiume. Appoggiato candidamente sull’acqua dal figlio, Edward si

trasforma nel pesce magico e sguscia via.

Sì, perché “il grande pesce” non è altro che lui stesso.

La similitudine è stata già accennata all’inizio, quando da ragazzo

Edward legge i comportamenti del pesce rosso. “Il pesce rosso rimane

piccolo se tenuto in una vasca piccola, ma se tenuto in un spazio più

grande sarà in grado di raddoppiare e anche triplicare le sue

dimensioni”. E lui è stato così, ad ogni nuova storia, il pesce Edward

Bloom è aumentato di dimensioni agli occhi dei suoi interlocutori (e la

presenza continua del gigante sembra quasi ribadire metaforicamente

questo concetto). E Edward aumenta progressivamente di dimensioni

soprattutto agli occhi del figlio, quello che aveva più dubbi su di lui, fino

alla fine quando, climax del percorso formativo, viene compreso come

padre. Alla fine non può che identificarsi con il grande pesce magico,

ed è significativo che sia il figlio stesso che lo immagina come tale nel

suo racconto. E’ il corollario del suo perdono e della sua comprensione.

Il grande pesce magico infatti era per William una cosa mitica,

leggendaria, e non a caso in uno dei racconti fantastici, si dice che il

pesce era così leggendario perché non veniva mai catturato.

“A furia di raccontare storie, un uomo diventa una di quelle storie e

diventa immortale”.

Prima scena: titoli continui. sott’acqua, vediamo il fondo del lago e

il grande pesce. la voce inizia a raccontare la storia del pesce.

carrello laterale che passa nel tempo prima a lui da piccolo a cui il

padre racconta, poi di nuovo al pesce, poi al padre che racconta la

storia a un falò ai bambini, poi di nuovo lui che racconta la storia

alla damigella di nozze, e poi di nuovo al ricevimento di nozze. Qui

per la prima volta lo vediamo in volto.

Ultima scena: Siamo al funerale del padre, tutti i personaggi si

presentano per un saluto, svelando il segreto della narrazione.

anche qui abbiamo un mix tra la storia che il figlio sta raccontando

al padre morente e la realtà. lui riconsegna il padre al fiume. poi

abbiamo lui in piscina coi suoi figli, nell’acqua vediamo la sagoma

del grande pesce, poi di nuovo libero e la frase che dice che un

uomo diventa le sue storie, e che attraverso queste diventa

immortale.

WESTERN ALL’ITALIANA chiamati anche Spaghetti western in modo

dispregiativo. nasce nel ’62-’63 il cinema italiano era in crisi, dovevano

rilanciarlo. Da metà ’50 la televisione ha un sacco di successo, tanto

che i cinema fanno vedere lascia o raddoppia tra le proiezioni dei film.

Si girano in spagna o in sadegna, le stesse location usate anche per più

film. Grande successo per le colonne sonore (Morricone), vengono usati

attori non noti con pseudonimi americani per farli sembrare meno

italiani. Molti primi piani per prolungare l’attesa.

Cambia l’idea di eroe: non ho piu un eroe positivo e uno negativo,

sfuma il confine. Anche la violenza è diversa, sono molto più duri di

quelli americani. Distribuiti nrgli usa verranno presi molto bene dal

pubblico e molto male dalla critica.

CLINT EASTWOOD

Fa la scuola per meccanico di aerei, dopo i marines inizia la sua

carriera, frequenta una scuola, partecipa a un programma della

universa. fine ’50 fa dei provini per western e finisce a fare Per un

pugno di dollari di Sergio Leone. Di Clint Leone dirà “ha due

espressioni: col cappello e senza il cappello”. Eastwood però finirà la

trilogia (anche perchè scopre di avere una figlia) - ne avrà sette poi, di

figli. il che spiega il ricorrente tema del rapporto padre-figlio.

Clint Eastwood vuole emozionare, raccontare vite attraverso una regia

pulita, essenziale, è uno degli ultimi registi classici americani.

Il sonoro non è significativo, accompagna la storia, il montaggio,

narrativo, invisibile.

Fonda la casa di produzione Malpaso, con cui si produce i film, così da

avere controllo totale.

GRAN TORINO 2008

storia di un cambiamento. il protagonista da ostile nei confronti dei

vicini stranieri, attraverso una serie di vicessitudini, scopre di avere in

comune più con loro che con la sua famiglia, fino a concludersi in un

sacrificio. Fotografia piuttosto fredda, desaturata, ci dà la fredda e

cruda periferia.

La significazione del film nasce chiaramente dalla grande evoluzione del

protagonista: Walt, nei confronti di Thao, che è diverso da lui e che

appartiene ad un'altra cultura (così come le altre persone che gli vivono

accanto), ha inizialmente un atteggiamento di rifiuto pregiudiziale; passa

poi al dialogo e alla conoscenza; scopre che la diversità può essere un

elemento di arricchimento; diventa suo amico e gli fa quasi da padre

fino al punto di difenderlo e di sacrificarsi per lui. Così lo salva, non solo

dalla banda dei teppisti, ma, cosa ancora più importante, dalla

tentazione della violenza e dall'accettazione della sua logica. È evidente

l'intento universaliz

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
43 pagine
6 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliabojjoe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Nuova Accademia di Belle Arti - NABA o del prof Carlini Fabio.