Storia contemporanea - crisi del 1929 - Tesina
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LA CRISI DEL 1929 E L’ASCESA DEL
NAZISMO IN GERMANIA
A partire dalla metà degli anni Venti i paesi europei cominciarono a
ridurre l’importazione di prodotti agricoli dagli Stati Uniti. La contrazione
del mercato provocò una sovrapproduzione, cui seguì una consistente
riduzione dei prezzi. Particolarmente danneggiate furono le imprese
costruttrici di macchine agricole. Alcune migliaia di banche, non riuscendo
a recuperare i crediti concessi, fallirono. I fattori di rischio presenti
nella fase di grande espansione economica cominciavano così a produrre i
loro effetti. La corsa al rialzo, che aveva portato il valore dei titoli a
livelli mai raggiunti, iniziò ad attenuarsi nel settembre 1929. Quando
risultò più chiara la tendenza al ribasso, si innescò una reazione a catena,
che provocò uno spaventoso crollo; in un mese le quotazioni calarono del
40%. Il crollo della Borsa segnò il passaggio dalla crisi alla recessione
vera e propria. L’economia si trovò priva dei principali fattori di
espansione. La riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori (i salari
diminuirono più del 50%) provocò una drastica riduzione dei consumi e
degli investimenti. Le banche restrinsero i crediti, molte fallirono; i
disoccupati superarono il 24% della popolazione; la produzione industriale
calò quasi del 50%. Il collasso dell’economia statunitense ebbe
ripercussioni a livello internazionale. Gli Stati Uniti ritirarono i crediti a
breve termine dall’Europa ed accentuarono le misure protezionistiche. I
governi dei paesi industrializzati, ponendosi come obiettivo il risanamento
del bilancio nazionale, aumentarono le tasse e cercarono di contenere la
spesa pubblica, riducendo gli stipendi dei pubblici dipendenti. In Europa il
ritiro dei capitali statunitensi causò il fallimento di numerose banche e di
molte piccole e medie imprese. In Inghilterra la paura determinò una
corsa al ritiro dei fondi depositati nelle banche e la conversione di
sterline in oro. Ma le varie svalutazioni non produssero l’effetto sperato e
la recessione venne aggravata e prolungata. Una crisi economica così
grave poteva avere conseguenze sui sistemi politici. In quasi tutti gli stati
coinvolti la recessione produsse rapporti autoritari. Nei paesi dotati di
maggiori capacità di ripresa e più stabili come Francia, Inghilterra e Stati
Uniti non si produssero profonde trasformazioni; in Germania, Austria e
in Italia si formarono, invece, veri e propri regimi autoritari o dittatoriali.
I governi di quasi tutti gli stati cominciarono ad attuare un maggiore
controllo sul sistema economico attraverso interventi sui cambi, sui prezzi
e sui salari. L’assunzione di ampie e precise funzioni economiche da parte
dello stato era ritenuta necessaria dall’economista inglese Keynes. Egli
sosteneva che il livello della produzione e dell’occupazione non era
determinato dalla disponibilità di risorse, ma dalla domanda complessiva,
ossia dalla spesa per i consumi e per gli investimenti. A tale scopo i
governi non dovevano più porsi come obiettivo il pareggio del bilancio; essi,
al contrario, dovevano promuovere la realizzazione di opere pubbliche,
concedere contributi e sussidi. Negli Stati Uniti il crollo della borsa
ridusse drasticamente il patrimonio della massa degli speculatori e dei
risparmiatori. Uno dei più tragici effetti della crisi era però la
disoccupazione; i disoccupati erano costretti a ricorrere in massa alla
carità. La tensione sociale raggiunse momenti di estrema gravità. Nel
luglio del 1932 migliaia di disoccupati attuarono a Washington una grande
marcia di protesta che venne duramente repressa dall’esercito. Una tale
situazione non poteva non influire sulle elezioni presidenziali del 1932:
sostenuto da un’ampia base sociale, che andava dagli imprenditori alla
massa dei lavoratori, vinse le elezioni Franklin Delano Roosevelt. Il nuovo
presidente avviò subito un piano per affrontare la grave crisi economica,
new deal
noto come . Questo fu volto a risanare prima di tutto la
situazione finanziaria. Per riequilibrare il bilancio statale vennero ridotte
le spese e introdotte nuove tasse. In campo monetario le decisioni più
importanti furono l’abbandono del dollaro e la sua svalutazione. Per
attenuare il disagio sociale, vennero aumentati i sussidi di disoccupazione,
concessi finanziamenti per l’acquisto di abitazioni e realizzati lavori
pubblici che consentirono l’impiego di manodopera. Le prime misure di
emergenza furono seguite da interventi nei vari settori produttivi. La
principale misura di politica agricola fu l’Agricultural Adjustment Act che
prevedeva la concessione di sovvenzioni per evitare la sovrapproduzione e
stabilizzare i prezzi. Nel giugno del 1933 fu approvato il National
Industrial Recovery Act con il quale si intendeva favorire la ripresa della
produzione industriale incentivando i consumi. I provvedimenti decisi nel
1933 contribuirono al superamento dell’emergenza ma non raggiunsero
pienamente gli obiettivi prefissati. Il Nationale Industrial Recovery Act
consentì un calo della disoccupazione ma non ridusse il potere dei grandi
monopoli. Visto il parziale fallimento dei primi provvedimenti, Roosevelt
ed i suoi collaboratori decisero di intensificare la politica riformatrice.
Ad essa però si opposero gli ambienti imprenditoriali e finanziari che la
consideravano costosa e non produttiva. Nel maggio del 1935 venne
istituita la Works Progress Administration con il compito di attuare un
vastissimo programma di lavori pubblici, che rese possibile
l’ammodernamento delle infrastrutture e l’impiego di otto milioni di
lavoratori. Inoltre nel mese di luglio venne approvato il National Labor
Relations Act che riconosceva ai lavoratori la libertà di organizzazione
sindacale, il diritto di sciopero e la contrattazione collettiva. Con il Social
Security Act che istituiva la pensione di vecchiaia e l’assicurazione contro
la disoccupazione per gran parte dei lavoratori, vennero poste le basi di
un sistema di previdenza sociale. Confermato presidente nel novembre del
1936, Roosevelt, varò altri provvedimenti a favore dei lavoratori. Tale
politica produsse un rilevane progresso, ma limitati furono i suoi effetti
sulla crisi economica. La disoccupazione continuava ad essere elevata e
l’inflazione era in aumento. In seguito ad una vasta ondata di scioperi il
grande padronato reagì con una decisa riduzione degli investimenti che
aggravò la recessione. Nel frattempo il progressivo deterioramento delle
relazioni internazionali imponeva maggiore attenzione per la politica
estera. Roosevelt manifestò la sua avversione verso il nazismo e promosse
il potenziamento della produzione bellica. Sarà proprio quest’ultima che
consentirà il definitivo superamento della recessione e l’avvio di una nuova
imponente fase di espansione economica. In Germania il collasso
dell’economia determinato dalla crisi del 1929 portò alla instaurazione del
regime nazista. Nel settembre del 1930 si svolsero le elezioni per il
Reichstag: moderati e conservatori risultarono indeboliti e i nazisti
diventarono il secondo partito dopo i socialdemocratici. Iniziò così la
rapida ascesa del partito nazista, resa possibile dalla crisi economica, dai
contrasti sociali, dalla instabilità politica e da vari altri fattori, che
favorirono una sempre più massiccia adesione al programma di Hitler.
Questo appariva in grado di soddisfare aspirazioni diffuse in tutte le
classi sociali; il suo fine era la rinascita della nazione tedesca, per
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