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VERSO UNA PRAGMATICA DEL FILM

18. Cohen - Séat

Lo studioso francese pone le base per un nuovo indirizzo nella teoria del cinema denominato filmologia, disciplina che studia la settima arte attraverso diversi ambiti di studio (sociologia, psicanalisi ecc.) e distingue tra fatto filmico, inteso come valore estetico dell'opera, e fatto cinematografico, inteso come impatto sociale e percettivo. Cohen sostiene la necessità dell'intervento di discipline diverse in grado di offrire alla teoria cinematografica un apporto mirato alla specificità delle diverse problematiche da essa contemplate e dotato di rigore metodologico. Il progetto di Choen prevede anche la tascita di una nuova terminologia ricca di neologismi o riproposte (profilmico - tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa pronto ad essere filmato, diegetico - costruzione spazio-temporale di eventi ed azioni di personaggi ecc.). E' proprio dagli ambiti psicologici, sociologici e psicanalitici.

che giungono alcuni dei contributi più importanti per la pragmatica del cinema. 19. Sachs Sachs pone alcuni elementi fondamentali delle spettacolo cinematografico in grado di porre lo spettatore al centro del film e della sua costruzione drammaturgica. Nell'analizzare come le convenzioni drammaturgiche cinematografiche siano strutturate su alcune delle forme espressive dell'inconscio studiate dalla psicanalisi, Sachs ne rivela il drande potere d'azione sullo spettatore, al quale perciò assegna un ruolo di centralità nella riflessione sul film: "L'azione, non importa se letterale, teatrale o cinematografica, comporta una serie di nessi psicologici; il cinema può esprimere un azione soltanto rendendo visibili nessi psicologici, sia sostituendo processi interiori con fatti percepibili esteriormente e rappresentandoli come movimento". Sachs precisa che tale movimento non dev'essere assunto per intero dalla recitazione del viso edel corpo, in quanto fortemente limitata nell'espressione di sentimenti e pensieri, resi dalla parole con ben altra profondità; il cinema votato alla sola espressione corporea "rimane un prodotto imbrido e ridicolo, incapace di riprodursi e svilupparsi". Egli perciò sostiene che siano proprio le cose inanimate ad offrire allo spettacolo del cinema la possibilità di "esprimere processi psichici". Gli oggetti, se assunti nella loro funzione simbolica come mezzi di rappresentazione astratti, possono diventare elementi della drammaturgia e agire sullo spettatore, richiamando ai nessi psicologici dei personaggi, aprendogli vie all'interpretazione del film, anticipando significati. "L'uomo si trova fra le cose inanimate con pari diritti, e come loro diventa veicolo dell'azione, ma solo in quanto si verificano in lui processi psichici che stanno al di là delle parole; così l'interesse si incentra su movimenti piccoli,involontari movimenti espressivi, descritti da Freud come "atti mancanti" (errore d'azione- si fa un'azione quando in realtà se ne voleva fare un'altra - lapsus freudiano). "Il film è una sorta di rallentatore psicologico: ci mostra in maniera chiara e coerente cose che sono così nella vita, ma che nella vita si sottraggono alla nostra osservazione grossolana... questo spostare l'attenzione su un fatto minimo è appunto un altro di quei mezzi d'espressione a proposito dei quali Freud per primo ha dimostrato che il subconscio dell'individuo se ne serve sempre; il cinema come nuova strada per costringere l'individuo a prenderne coscienza". 20. Merleau-Ponty Ulteriore sviluppo sullo studio della pragmatica del film giunge dal filosofo francese Ponty. Egli sostiene che, dinanzi ad uno spettacolo cinematografico, lo spettatore reagisce secondo schemi e modelli percettivi molto simili a quelli che impiega.dinanzi alla realtà. In primo luogo, tanto per la vista quanto per l'udito, vale il principio della "percezione dell'insieme che è più naturale e più primitiva di quella dei singoli elementi"; in secondo luogo, "la percezione non è la somma di dati visivi, uditi, tattili ecc. . . . io percepisco una struttura unica della cosa, che parla contemporaneamente a tutti i miei sensi". Per lo spettatore e per il regista, "il film non è una somma di immagini, ma una forma temporale"; il film non è fatto di elementi isolati, ma è un insieme. La durata delle singole inquadrature e il ritmo di montaggio sono dunque fondamentali, capaci di influire enormemente sulla reazione dello spettatore alle scene e quindi sull'interpretazione che ne deriva; il regista determina in gran parte il senso della sua opera". Tutto ciò rimane valido anche per il film audiovisivo, nel quale "il rapporto trasuono e immagine sono strettamente legati, tanto che l'immagine viene trasformata dal suono"; un suono che può essere quello dell'ambiente, quello della musica o quello della parola pronunciata. Essi non debbono essere semplicemente sommati all'immagine, ma integrati con essa, sia da un punto di vista formale che contenutistico. Questo significa che si rende necessaria una drammaturgia audivisiva unitaria e coesa, simile a quella concepita da Ejzestejn. Poiché dinanzi allo spettacolo cinematografico lo spettatore non può fare a meno di utilizzare quel principio sintetico della percezione d'insieme che impiega normalmente nella quotidianeità, il regista dovrà sapere creare un'opera audiovisiva organica e tener conto che "la parola, nel cinema, ma non funzione di aggiungere idee alle immagini, né la musica di aggiungere sentimenti. L'insieme ci dice qualcosa di molto preciso che non è un richiamo dei

"sentimenti". Egli spiega che come "c'è sempre, in un romanzo, un'idea di fondo che può riassumersi in poche parole" e come "c'è sempre, in un poema, allusione a cose o idee, analogamente c'è sempre in un film una storia, spesso un'idea, ma la funzione del film non consiste nel farci conoscere i fatti o le idee". È infatti proprio "dell'arte il mostrare come qualcosa diventi significato grazie alla disposizione temporale e spaziale degli elementi". "Il senso di un film è incorporato nel suo ritmo, nella sua forma, come il senso di un gesto è immediatamente leggibile nel gesto"; "solo grazie alla percezione possiamo capire il significato del cinema: il film non si pensa, si percepisce". Poiché quindi dinanzi a uno spettacolo cinematografico lo spettatore utilizza la medesima reattività impiegata nella vita quotidiana, egli trova il significato del film

nell'insieme ch'esso gli presenta, colto nella sua complessità eterogenea. La psicologia moderna intende il sentimento come un comportamento visibile all'esterno, ossia come una palese modificazione dei rapporti dell'individuo con gli altri e con il mondo. La collera, la paura, l'angoscia, la vergogna e persino amore e odio sono per la nuova psicologia dei comportamenti iscritti sul volto e sul corpo e non celati dietro di essi; il corpo manifesta l'interiorità, il corpo incarna lo spirito. L'interiorità del personaggio deve essere resa attraverso la recitazione, dev'essere manifestata nella mimica, nel gesto, nell'espressione del volto, nella postura, nell'atteggiamento; deve essere immediatamente percettibile.

21. Musatti

Lo psicologo e psicanalista Musatti ha dato alla teoria dello spettacolo cinematografico contributi fondamentali, soprattutto per quanto riguarda l'ambito della pragmatica relativo alla comprensione e

allaprevisione delle dinamiche di partecipazione dello spettatore al film.
Musatti rivela numerose affinità tra le forme di rappresentazione dell'inconscio e quello dello spettacolocinematografico, rintracciando così le cause della particolare intensità che caratterizza la partecipazionedello spettatore al film.
La ricerca di Musatti sul cinema prende avvio dall studio della stereocinesi: un fenomeno che attiva unmeccanismo percettivo fondamentale per la determinazione nello spettatore dell'illusione ditridimensionalità del film, a partire dal movimento di immagini bidimensionali.
Secondo Musatti la stereocinesi non solo è alla base dell'illusione di realtà offerta dallo spettacolocinematografico, ma situa quella realtà in uno spazio immaginario e che non è in alcun modo assimilabile aquello reale in cui è fondamentalmente immmerso lo spettatore. Quando infatti cala il buoi nella sala, loschermo si spegne, in
quanto entità fisica, scompare e sembra lasciare il posto ad una sorta di apertura su un ambiente tridimensionale, anzi, per così dire, su un intero mondo che appare reale. Lo spazio di quell'ambiente è collocato, per lo spettatore, in una sorta di indefinibile altrove che non è effettivamente in alcun luogo. Afferma che la particolare condizione percettiva provocata dall'effetto stereocinetico è caratteristica della condizione psicologica dello spettatore dinanzi allo spettacolo cinematografico ed è ciò che lo caratterizza e differenzia radicalmente da altre forme d'arte e di spettacolo. Mentre la realtà di un romanzo viene immaginata e quella teatrale viene rappresentata, la realtà dello spettacolo cinematografico viene invece presentata, dando allo spettatore l'illusione di trovarsi alla presenza di eventi e persone reali. Attraverso l'illusione del "non-luogo" o di "realtà".

fittizia" si produce ciò che Musatti chiama "ipocrisia delfilm": lo spettatore è consapevole di trovarsi dinanzi ad una "realtà fittizia", ma proprio in virtù di ciò siconcede di vivere la finzione come se fosse reale; il suo assistere distaccato all'azione sfocia in un'intensapartecipazione interiore. La condizione creata dal cinema è simile a quella che la mente vive nel ricordo,nella fantasia o nel sogno, ovvero in quel complesso di attività psichiche che prevedono sconfinamenti più omeno ampi nei territori dell'inconscio. Questo sconfinamento da un luogo finisco a un "non-luogo", da unarealta effettiva ad una fittizia, in qualche modo corrisponde ad una condizione mentale per così dire diconfine.Musatti ritiene che lo spettacolo cinematografico stimoli un'attività creativa, tale da poter far considerarelo spettatore come un'"artista passivo"

immenso in un profondo interscambio con l'artista attivo. Egli pone lo spettatore al centro del lavoro del regista e chiarisce che "nessuna opera è creata per se stessa o per l'autore". La concezione del film viene quindi concepita int
Dettagli
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A.A. 2012-2013
27 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mtt_sold di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e critica del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Simonigh Chiara.