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3 IL FILM. UN LABIRINTO SENZA CENTRO
“quarto potere” 1941 è un film eccessivo. La sua eccezionalità, la sua stessa forza, e
certamente anche il motivo per cui continua a essere oggetto di studio e amore, in una
parola, un mito. È un vero e proprio eccesso di sensi, una stratificazione e complessità
semantica che rendono qualsiasi percorso interpretativo semplicemente un percorso
possibile tra altri. L’avventura ermeneutica del film assomiglia all’attraversamento di un
labirinto in cui tutte le strade, e nessuna al contempo, sembrano condurre al centro.
Fu Borges a definire il film in questi termini: “nulla è più terrificante di un labirinto senza
centro. Questo film è esattamente quel labirinto. Welles esibisce frammenti della vita
dell’uomo Charles Foster Kane e ci invita a combinarli e a ricostruirlo. Alla fine
comprendiamo che i frammenti non sono retti da una segreta unità: l’aborrito Kane è
un simulacro, un caos di apparenze.”
4 REALISMO STORICO E SENSO MORALE
Attraverso la vita del cittadino Kane vengono inquadrati 50anni di storia americana, e
l’approccio Wellesiano mette a nudo una contraddizione che mira all’ideologia del New
Deal, per esempio nell’ambivalenza del Kane pubblico: da un lato riformista autoritario
e paternalistico, dall’altro capitalista aggressivo.
Il passaggio dalla storia alla Storia avviene anche attraverso una connotazione
simbolica dei personaggi e degli accadimenti. La perdita dell’infanzia, l’allontanamento
da casa del bimbo, corrispondono anche al passaggio dell’America dall’età pura a
quella di Wall Street. Molti hanno sottolineato come la madre di Kane rappresenti il
perfetto emblema dell’etica puritana del sacrificio e il suo nome Mary Kane suona quasi
uguale alla pronuncia americana di <<american>>.
Ma ecco che da questa dimensione storica si ritorna a una dimensione esistenziale,
morale. L’ossessione di potere politico, finanziario, sociale di Kane appare
un’ossessione dell’infanzia. Bazin giunge addirittura a cogliere nell’ossessione di Kane
l’ossessione di Welles. L’enfant prodige, che Welles è stato, è qualcuno che invecchia
precocemente, che si allontana a passi prodigiosi dalla propria infanzia.
5 DA CONRAD A COLERIDGE, DA POLLICINO A KUBLA KHAN
La duplicità è del resto uno dei motivi essenziali del film, a partire dalla personalità di
Kane ( generoso e tiranno, onesto e prevaricatore…) agli oggetti ( due slitte: rosebud e
the crusader). La stessa duplicità è ravvisabile nella struttura narrativa del film ( il
prologo e l’epilogo; il racconto della vita di Kane nel cinegiornale e il racconto della vita
di Kane attraverso testimoni), nonché nello stile di scrittura ( la ripresa in continuità, il
piano-sequenza e la profondità di campo). Inoltre, il motivo del doppio può anche
funzionare come motivo guida attraverso le molte reminiscenze e i molti riferimenti
culturali e letterari presenti nel film: a partire da quello conradiano, per cui quarto
potere è anche il “cuore di tenebra” che Welles non è riuscito a realizzare l’anno
precedente.
Evidenti i riferimenti al romanzo americano, come al “great gatsby” di Fitzgerald. Ma
anche da questo punto di vista il film pare come un labirinto senza il centro. Nessuno di
questi riferimenti risulta quella centrale. Il film è allora anche un simulacro culturale, un
caos di apparenze che rinviano ciascuna ad altrettanti archetipi. Per esempio, in stretto
collegamento con il tema dell’infanzia, è possibile anche riconoscere una dimensione
fiabesca come quando Kane, allontanandosi da casa da piccolo, ricorda Pollicino. La
dimensione fantastica del film richiama anche un altro riferimento, lirico poetico e
diretto: il kubla khan di Coleridge e la descrizione, onirica, della sua Xanadu.
6 LA STRUTTRA NARRATIVA E LO STILE
UN PROLOGO ( dall’esterno all’interno di Xanadu, fino alla morte di Kane, con
l’enunciazione della parola “rosebud”), senza narratore.
UN CINEGIORNALE diegetizzato che funziona come un film nel film, una sorta di suo
doppio, con voce narrante.
AVVIO INCHIESTA
RACCONTI IN FLASHBACK
FINE INCHIESTA, con il ritorno al sistema del prologo senza narratori.
In qualche modo è come se ogni testimone della vita di Kane, promosso a turno al
ruolo effimero di narratore, non svelando l’enigma, rimandi al successivo, in una
globale sconfitta di tutti i narratori interni al racconto. Il gioco della narrazione è anche il
gioco e la messa in scacco del quadro enunciativo di un film che programmaticamente
si dà come discorso che ospita altri discorsi, rappresentazione che ospita altre
rappresentazioni offrendo da un lato incarnazioni precise di narratori e narratari,
negando tuttavia dall’altro veridicità al loro vedere, sapere e credere.
7 IL PROLOGO
L’enigma esplicito del film, quello della vita di un uomo, è non solo destinato a rimanere
irrisolto ma soprattutto rimanda a una più generale crisi del soggetto e dell’essere cui
anche i molteplici riferimenti culturali ravvisabili nel film in fondo rinviano. È dal prologo
che il film inizia a demolire, a vanificare le configurazioni classiche del racconto, per
stabilire le cifre peculiari del proprio percorso narrativo.
Lo stesso tema musicale – il montaggio di diverse inquadrature della residenza di
Xanadu a cominciare dal cartello << no trespassing >> - ma soprattutto, i due momenti
estremi del racconto, nell’assenza di narratori figurativizzati nella diegesi, rilevano nella
visibilità della scrittura e nella forte organizzazione interna l’esistenza di un presunto
narratore sovrano che sembra porre l’enigma nel prologo, con la morte di Kane e lo
lascia sussistere con il ritorno, a conclusione dell’epilogo, del << no trespassing>>, che
viene qui ad acquistare e compiere un senso letterale.
Marie Claire Ropars ha sottolineato come nel montaggio della sequenza iniziale,
piuttosto rapido sembrino ravvisabili due movimenti o andamenti narrativi: uno più
propriamente descrittivo (l’evocazione esterna di Xanadu) e un secondo maggiormente
diegetico, con la messa in scena del personaggio all’interno di Xanadu, l’evento della
sua ultima parola e, infine, la morte.
Infine l’epilogo. Una serie di inquadrature, in movimento e dall’alto, con frequenti
dissolvenze incrociate mentre la colonna sonora ritorna sul tema musicale del prologo.
Il film non finisce con lo svelamento di “rosebud” : il discorso prosegue, riprendendo a
ritroso il cammino dell’inizio del prologo, dall’interno all’esterno di Xanadu, fino a
ritornare al cartello che vi vieta l’accesso.
VIII capitolo IL CINEMA D’ANIMAZIONE. WALT DISNEY
E <<BIANCANEVE E I SETTE NANI>>
1 CHE COS’è IL CINEMA D’ANIMAZIONE?
Cinema d’animazione indica ogni film che utilizza la tecnica del ‘passo uno’: la
macchina da presa impressiona la pellicola un fotogramma per volta e tra uno scatto e
l’altro gli elementi inquadrati (disegni, pupazzi, ecc.) vengono modificati, così che in
fase di proiezione si ha l’illusione di movimento. Più le modifiche sono piccole e più il
movimento è fluido. La forma maggiormente diffusa di cinema d’animazione è costituita
dai disegni animati, che negli Usa si chiamano Cartoons. Le prime esperienze sono
legate al mondo dei comics.
Il padre del cinema d’animazione americano, Winsor McCay, al quale si deve il primo
cartoon, “LITTLE NEMO”1911 è al contempo uno degli inventori del fumetto.
L’animazione dunque non è un genere, ma una tecnica. Nella Hollywood classica il
cartoon aveva la durata canonica di 7 minuti, proiettato prima del lungometraggio,
insieme agli altri cortometraggi che componevano il ‘pacchetto’ offerto allo spettatore.
Accanto al disegno animato troviamo altre tipologie di film d’animazione quali i film con
le silhouette articolate e quelli con i pupazzi.
Ma l’animazione è presente in vari modi anche all’interno dei lungometraggi dal vero:
negli effetti speciali, nei titoli di testa, nelle sequenze ibride. La dizione ‘ effetti speciali ‘
venne utilizzata per la prima volta nei credits di “GLORIA”1926, un film sulla grande
guerra diretto da Raoul Walsh. Con questa formula si indicano tutti i trucchi cui si
ricorre durante le riprese con l’uso di cascatori e particolari attrezzature, e in fase di
post-produzione ( effetti fotografici ), quando l’immagine viene rielaborata in vari modi
al fine di ottenere soluzioni visive che altrimenti sarebbe impossibile realizzare per
motivi tecnici, economici o di sicurezza.
Uno dei film chiave degli anni 30 “KING KONG” 1933 di Cooper e Schoedsack, deve il
suo successo in larga parte ai modellini animati con cui il responsabile degli effetti
speciali, Willis O’Brien, ha dato vita al gigantesco Gorilla. Una seconda modalità
d’impiego d’animazione sono i titoli di testa. Il nome più illustre in campo è Saul Bass i
cui esempi più alti si trovano in film come “l’uomo dal braccio d’oro”, “intrigo
internazionale” e “LA PANTERA ROSA”1963 di Blake Edwards.
Da ultimo bisogna citare le forme di tecnica mista, in cui gli attori compaiono insieme a
personaggi animati, tecnica usata già ai tempi del muto come in “alice e il paese delle
meraviglie” di Caroll che Disney realizzò tra il 1924-27. Nell’ambito della produzione
sonora, il terreno d’incontro tra i due mondi è spesso rappresentato dai numeri di ballo.
Infatti, da un lato il lungometraggio animato adotta, a partire dal suo capostipite
“BIANCANEVE E I 7 NANI” 1937, il modello del musical. Ad esempio, nei “TRE
CABALLEROS”1945, della Disney, Paperino balla latino americano con la ballerina
brasiliana Aurora Miranda. In “DUE MARINAI E UNA RAGAZZA”1945 di George
Sidney, un musical della MGM con Gene Kelly dove lui danza con Jerry di Tom&Jerry.
2 VITA E MORTE DEL CARTOON AMERICANO
Felic the Cat, creato da Otto Messmer, la prima vera star del cinema d’animazione, che
nel corso degli anni 20 si guadagnerà una vasta popolarità ovunque. Egli fa della
povertà stilistica dei cartoons dell’epoca un elemento di forza: felix è al centro di
avventure surreali in cui vengono sovvertite le regole dell’universo sociale e di quello
fisico, dove il corpo del gatto si trasforma nei modi più impensati. Ed è proprio qui, nella
violazione del confine tra viventi ed in