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Genji Monogatari Emaki
La creazione dei rotoli del Genji fu un progetto monumentale. Oggi possediamo solo venti immagini (di una decina rotoli originali). Probabilmente all'opera lavorarono cinque gruppi, ciascuno composto da un aristocratico e i suoi disegnatori; non potevano inoltre mancare l'artista principale - il sumigaki - e gli specialisti che avrebbero applicato i pigmenti. Il sumigaki pianificava la composizione dell'opera e faceva un primo schizzo con inchiostro nero sottile; dopo l'applicazione dei pigmenti, tornava al lavoro aggiungendo strati su strati di colore. Alla fine, l'artista rifiniva il tutto aggiungendo i vari dettagli dei volti dei personaggi. La tecnica che prevedeva l'aggiunta di strati di colore su disegno è chiamata tsukuri-e. Il tema più importante che permea il Genji è il concetto del 'mono no aware', la consapevolezza della precarietà delle cose ed il lieve senso di rammarico che.Comporta il loro trascorrere; sicuramente un tema non facile da rappresentare visualmente, e che tuttavia, tramite alcuni accorgimenti, viene efficacemente trasmesso.
‘Minori’ (IV volume, XI capitolo) (XII SECOLO, INCHIOSTRO SU CARTA.)
Un’illustrazione particolarmente ricca di emozioni è quella del capitolo Minori. Il vero amore di Genji, la dama Murasaki, è in punto di morte. Il testo presenta i pensieri di Genji: la sua consapevolezza che la donna è gravemente ammalata, il terrore che lei possa morire, e l’incapacità di sopportare il dolore.
Genji è seduto affianco al paravento aperto sul giardino devastato dalla tempesta, di fronte alla donna morente, stretto in uno spazio angusto (l’architettura gioca di nuovo un ruolo importante). L’angoscia del principe è suggerita dalla posizione che occupa, alla fine della diagonale che si crea tra lui e Murasaki; la prossimità della scomparsa della donna è
data dall'architettura che si chiude su di lei quasi a nasconderla; la paura di essere sopraffatto dal proprio dolore è data dal giardino di arbusti in preda al vento.
C JHŌJŪ INBUTSU GIGAL'opera è molto diversa dal Genji monogatari emaki. Prima di tutto, le illustrazioni sono presentate come una narrazione continua. Non c'è prologo né passaggi inseriti tra le vaie immagini. In secondo luogo, le immagini sono dipinte secondo lo stile otoko-e, cioè in bianco e nero. Infine, la narrazione è puramente satirica e rappresenta animali che scimmiottano i comportamenti umani.
S HIGISAN ENGI
Li engi sono un tipo di emaki che nasce nel tardo periodo Heian, e narrano della fondazione di un particolare sito buddhista. È un racconto di folklore che racconta una fiabesca storia di miracolosi eventi relativi alla fondazione del Chōgosonshiji da parte del monaco Myōren.
B DAN AINAGON EKOTOBA
È un racconto storico, molto
Ben documentato, di intrighi a corte. Ekotoba è sinonimo di emakimono.
MANDALA
Il significato originale della parola sanscrita "mandala" è "cerchio", e nel Buddhismo si riferisce a un diagramma dell'universo spirituale. I mandala sono illustrazioni su seta o altre stoffe rappresentanti il circolo degli dei e l'universo; sono oggetti di meditazione finalizzata al raggiungimento dell'unità psicofisica con la divinità, attraverso postura, respirazione e concentrazione sulle illustrazioni.
I più importanti mandala giapponesi sono rotoli appendibili (kakemono), che vennero introdotti come nuovi oggetti di culto dalla scuola Shingon: il Taizōkai mandala (mondo del grembo) ed il Kongōkai mandala (mondo del diamante). Il nome usato per riferirsi a questa coppia è Ryōkai mandala, 'mandala dei due regni'. Entrambi sono una copia di opere cinesi, realizzate su commissione dell'imperatore Montoku.
Erano portate in Giappone dal monaco Enchin. Kūkai insegna che si può raggiungere l'illuminazione contemplando i mandala, che esprimono i tre misteri: corpo, parole e pensiero. Venivano utilizzati per l'iniziazione e l'attribuzione di un personale mandala. Nel rito veniva usato anche il kongō (scettro di diamante), derivato dal simbolo indiano del fulmine, che veniva mantenuto nella mano destra; nella sinistra bisognava invece tenere il suzu (campana).
Taizōkai Mandala (IX secolo, rotolo appendibile, colore su seta.)
Il Taizōkai mandala descrive la fenomenologia che accompagna la natura del Buddha (il lato misericordioso espresso dai Bodhisattva con molte braccia e teste, e il lato che distrugge il male rappresentato da figure aggressive con espressioni feroci e molti occhi, teste e arti). È composto di dodici sezioni organizzate in maniera concentrica e rappresenta le sfaccettature della natura del Buddha. Al centro, nella Corte degli Otto Petali, siede il Dainichi Nyorai.
Circondato dai quattro Buddhatrascendenti e da quattro Bodhisattva. Sopra il rettangolo centrale si trova la Corte della Conoscenza Universale, sotto di esso la Corte della Saggezza.
K MONGŌKAI ANDALA (IX SECOLO, ROTOLO APPENDIBILE, COLORE SU SETA.)
Il Kongōkai mandala si focalizza sull'identificazione del Birushana come il Buddhatrascendentale Dainichi Nyorai, e lo mette in relazione con gli altri Buddha che sono vissuti in differenti epoche e luoghi. È formato da nove rettangoli o 'mondi di Buddha', rappresentanti la saggezza 'adamantina' che permea l'universo. Tutte le divinità qui riprodotte sono esseri completamente illuminati. Dainichi Nyorai siede, da solo, al centro del rettangolo centrale più in alto, ed è riprodotto anche nel rettangolo centrale, circondato da quattro Bodhisattva. Al centro di ogni altro vi è uno dei quattro Buddha trascendentali circondato da Bodhisattva.
T ( )ŌJI TEMPIO
Il sito del Tōji (dove Kūkai
installò la sua setta Shingon) venne costruito in pianura. Kūkai scelse un design complesso che includeva una singola pagoda ed un kōdō, dove voleva posizionare 21 statue per un mandala scultoreo, e venne aperto quattro anni dopo la sua morte, nell'835. Il Kongōbuji (fondato da Kūkai sul Kōya), riflette meglio la sua influenza, in particolare nel Tahōto (pagoda dei molti tesori). La costruzione, diretta dallo stesso Kūkai, non esiste più, ma nel Kongō Sanmaijin, un precinto del Kongōbuji, è rimasta una Tahōtō del 1222-1224. La costruzione prende nome dai sette Buddha del passato (Taihō) che si dice siano scesi in un reliquiario dalla forma simile quando Shaka iniziò a predicare il Sutra del Loto. La struttura consiste in un primo piano quadrato, con un tetto parziale, da cui spunta un'emisfera (che rappresenta il moto del sole e della terra all'orizzonte) in stucco bianco, su cui poggia un "collo" con finta balaustra, e un altro tetto.quadrato con tegole di legno (ilmondo ordinato con i 4 punti cardinali). L'interno consiste di una unica sala al primo piano con al centro Dainichi Nyōrai tra i Buddha trascendenti. Sul soffitto si alza un pilastro che sale per tutta la costruzione.
Di solito i Ryōkai Mandara si trovano nel recinto di un tempio Shingon, il Kongōkai a Est, il Taizōkai a ovest di un basso altare.
La coppia di mandala del Tōji sono i più antichi meglio conservati, copia di un set cinese per l'imperatore Montoku. Non si trova tridimensionalità, l'ombra è usata solo come decorazione di sfondo, i gesti danno idea di movimento ma non c'è idea di corpo.
Nel Tōji si trovano anche un gruppo di pitture eseguite nella Cina Tang, SETTE PATRIARCHI SHINGON che rappresentano i (sia leggendari che storici). La serie doveva legittimimare gli insegnamenti e confermare l'importanza del rapporto maestro-alunno; infatti un set era stato regalato a Kūkai dal suo maestro cinese.
E circa venti anni dopo furono commissionati altri due. Uno dei vari dipinti è datato circa 300 anni dopo la morte del soggetto: non era quindi un ritratto ma un'immagine realistica volta a dare un'idea dell'aspetto di quella persona.
F L C (A) (destra), il VI patriarca è un UKUSANZO DI I HEN MOGHAVAJRA monaco in meditazione, senza le scarpe, seduto su una piattaforma rettangolare, nel gesto che rappresenta la liberazione dalle passioni (genbakuin): le mani, pressate insieme con le dita intrecciate. Testa e mani sono delineati da linee nere a filo metallico, e il viso è modellato usando colore grigio. Il maestro è rappresentato come un non-cinese dalla testa rasata, con un ciuffo di capelli sopra l'orecchio destro. La veste, blu ombreggiato nero, mostra il volume del corpo.
R (N) è il IV patriarca. È rappresentato corpulento, ma YŪCHI AGABODHI simil-giapponese, su una piattaforma rialzata, con vesti rosse a righe nere e un quaderno.
nella destra (gli insegnamenti trasmessi), mentre la sinistra afferra la veste. Anche in questo caso le linee sono a filo metallico, ma c'è poca ombreggiatura per le ossa e nella veste. Nel kōdō del Tōji si trovano 21 sculture, quasi a dimensione naturale di Buddha, Bodhisattva, Myōō, Shitennō, Bonten e Taishakuten, come mandala scultoreo. I Myōō e i Godairiki Bosatsu (i cinque Bodhisattva della forza) sono come i Bodhisattva tradizionali, ma sono forme di "compassione violenta", che usano la loro energia contro il male. Al centro si trova Dainchi Nyōrai tra i quattro Buddha Trascendenti. A Est si trovano i Godai Kokūzō Bosatsu (i cinque Bodhisattva della Conoscenza senza limiti), intorno al più importante, Kongō Haramitsu, espressione di Kokūzō Bosatsu (la conoscenza vasta come il cielo senza limiti). A Ovest stanno i Godai Miyōō intorno al più importante, Fudō. Agli angoli esterni troviamo i Shitennō e, tra loro, Bonten e Taishakuten. Ilmandala, le divinità Shingon e le figure del buddismo tradizionale sono unite senza che questa "unione" sia dichiarata in nessun sutra. Probabilmente era il concetto di Kūkai, unire il vecchio al nuovo. Oggi tutte le statue sono rivolte a Sud, ma in origine guardavano frontalmente lo spettatore che girava intorno all'altare. La tecnica usata per i Myōō (ricoperti in gesso), i Bosatsu e i Bodhisattva (ricoperti in foglia d'oro), si basa sull'utilizzo di un singolo blocco di legno per le parti principali. Braccia e ginocchia sono pezzi separati, poi uniti. I dettagli sono modellati in lacca e aggiunti sulla superficie, con una tecnica simile a quella delle statue in lacca secca con interno in legno. F rappresenta il lato irascibile di Dainichi. Siede su una base di rettangoli, che rappresentano una roccia stilizzata. Nel