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SCUOLA DI CHICAGO
La Scuola di Chicago e la Scuola di Birmingham studiano il concetto di subcultura.
Il prefisso sub può significare qualcosa di “piccolo” e quindi viene studiata la diffusione di
una cultura. Ma il prefisso sub implica anche una posizione subordinata al potere, e quindi vengono
studiate le relazioni di potere interne ad una società.
Sia la Scuola di Chicago che la Scuola di Birmingham utilizzano entrambe queste
concezioni di sub, ma soprattutto la seconda.
C’è un gioco di differenziazione sia in verticale (differenziare una subcultura da una cultura
meno subordinata) sia in orizzontale (differenziarsi da altre subculture).
La Scuola di Chicago lavora tra fine ‘800 e gli anni ’50 del ‘900 nelle grandi città
americane. Il concetto di subcultura nasce dalla sovrapposizione di tre aspetti: culturale, sociale e
spaziale (geografico). Si nota la concentrazione, in determinate parti della città, di determinate
pratiche devianti, e ci si chiede il perché. Questo è il punto di partenza della Scuola di Chicago.
Trasher scrive The Gang, parlando di questa concentrazione spaziale.
Per spiegare la concentrazione dei comportamenti devianti devono essere presi in
considerazione i concetti di nicchia ecologica (c’è un’interazione tra la caratteristiche fisiche dello
spazio urbano e gli attori sociali e che quindi favoriscono la concentrazione di persone con
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caratteristiche sociali e culturali simili), aree naturali e regioni morali. In queste aree cominciano a
concentrarsi persone con caratteristiche etniche simili: quest’area attrae determinati soggetti,
creando una concentrazione omogenea, e allo stesso tempo viene messo in atto un processo di
selezione e repulsione. Attraverso il processo di attrazione e repulsione si creano concentrazioni
omogenee sempre più grandi. Si creano così aree culturali, e quindi la zona passa dall’esser una
nicchia ecologica e un’area naturale ad essere una regione morale.
Ci sono altre spiegazioni di questo processo, come la teoria della disorganizzazione sociale
(che si evolve nella teoria dell’organizzazione sociale differenziale).
A Chicago e nelle grandi città americane c’era una grande mobilità, e le istituzioni non
riescono a socializzare i giovani con la cultura dominante: c’è quindi una mancata socializzazione.
Merton faceva risalire la socializzazione tanto ai fini quanto ai mezzi socialmente definiti per poter
interiorizzare i fini. Quando un soggetto interiorizza i fini attraverso mezzi socialmente definiti si ha
conformismo, quando si interiorizzano i fini attraverso mezzi illegittimi si ha innovazione, quando i
mezzi non sono orientati all’interiorizzazione dei fini si ha ritualismo, quando non si perseguono
fini e non si usano mezzi si ha rinuncia, quando si mettono in discussione mezzi e fini e vengono
rielaborati si ha ribellione.
Per la Scuola di Chicago, che si rifà ad un’interpretazione strutturalista, sono importanti i
concetti di innovazione, rinuncia e ribellione. La mancata socializzazione si rifà ad
un’organizzazione sociale alternativa, per questo parlano di organizzazione sociale differenziale. In
questi territori i soggetti sono esposti a fini e modelli di socializzazione diversi da quelli presenti
nella cultura dominante.
Questo conduce a due interpretazioni estreme. A. Cohen parla di ribellione: i modelli
dominanti vengono rifiutati ed invertiti. Un’altra posizione (di Matza e Skyes) è quella che
sottolinea i processi di adattamento: c’è una negazione, un parziale adattamento ai mezzi e ai fini
della cultura dominante. Foote White, in Street Corner Society, studia un gruppo di italiani
concentrati in un quartiere, e li suddivide in chi rifiuta la cultura dominante, in chi si adatta e in chi
la accetta.
Queste subculture, concretamente, possono esser suddivise e distinte dallo stile (concetto
introdotto da Cohen). Lo stile è costituito da immagine (costruzione della propria presentazione
pubblica), contegno (modo di usare il corpo: se l’immagine è una rappresentazione statica, il
contegno è l’uso del proprio corpo), linguaggio (gergo specifico).
Se la Scuola di Chicago mette l’accento sul punto di vista ecologico, un altro elemento per
loro fondamentale è anche quello dell’integrazione.
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All’interno di questi gruppi è fondamentale anche acquisire in determinato status. La
partecipazione subculturale è fondamentale per i soggetti, in quanto hanno la possibilità di potersi
costruire, attraverso metodi alternativi, riconoscimento e status. Anche le subculture sono quindi
gerarchizzate.
La questione dell’”etichettamento”, della definizione di subcultura, è un gioco di specchi che
viene sia dall’interno che dall’esterno. L’idea di devianza non ci dice niente della qualità della
pratica, ma deriva dallo sguardo che viene dato a quella pratica.
Una critica è l’enfatizzazione della devianza: non per forza una subcultura è una forma di
devianza. Un’altra critica è quella di cercare tratti distintivi di una subcultura negli aspetti più
visibili. 29.10
SCUOLA DI BIRMINGHAM
Nel 1964, a Birmingham, vengono alla luce i cosiddetti CCCS. Il periodo storico è
importante ed i componenti provengono da più discipline. Si sviluppa quindi un approccio
multidisciplinare.
Nel 1976 esce la rivista Resistance through rituals. Youth subculture in post-war Britain
(Jefferson, Hall). L’oggetto di studio è quindi la subcultura (sub come piccolo e sub come
subordinato: questo secondo significato è particolarmente importante per la Scuola di Birmingham).
La collocazione storica è importante: vengono studiate le subculture giovanili nate dopo la
Seconda guerra mondiale. In questo periodo, i giovani della classe media dispongono di capitale
economico, culturale e di tempo libero, e quindi rappresentano un nuovo modello di consumatori.
Allo stesso tempo, le subculture studiate (della working class) sono subculture di resistenza e di
spettacolarizzazione, con l’obiettivo di ottenere valori socialmente accettabili (subculture
resistenziali e spettacolari).
Anche le teorie della Scuola di Birmingham sostengono una distinzione. Ci sono due linee di
opposizione: una è di classe (opposizione ai modelli dominanti della middle class), l’altra è di
generazione (opposizione ai “vecchi” della stessa working class, opposizione alla parent culture).
I giovani della working class percepiscono una differenza con i giovani della middle class,
ma anche con i vecchi della working class.
Ciò che viene messo in atto da queste subculture è una resistenza simbolica: si muovono sul
piano della stratificazione culturale perché non possono muoversi su quello della stratificazione
sociale. Non possono cambiare le condizioni materiali, ma possono creare dei modelli alternativi sul
piano culturale. 19
Parlare di resistenza simbolica non significa che non abbia conseguenze sociali. Queste
azioni permettono comunque la formazione di modelli sociali alternativi all’interno dei quali potersi
riconoscere.
La resistenza simbolica avviene attraverso lo stile, attraverso la stilizzazione della vita.
vengono qui ripresi i concetti di Cohen di immagine/contegno/linguaggio, ma vengono introdotti
anche altri elementi, quali l’utilizzo degli oggetti, l’occupazione dello spazio.
Siccome i soggetti studiati usano oggetti di consumo sul mercato, la personalizzazione
avviene non solo per differenziarsi all’interno della subcultura, ma per distinguere la subcultura
dalla massa dei consumatori.
Gli studiosi della Scuola di Birmingham si riferiscono alla working class come unica classe
che possa rappresentare questi aspetti subculturali. Ma in realtà si possono trovare esempi
subculturali anche all’interno della middle class. Secondo la Scuola di Birmingham, quindi,
subcultura appartiene solo alle classi subordinate, quindi working class: quello che riguarda la
middle class è una controcultura.
P. Willis dice che bisogna studiare le relazioni costitutive esistenti tra oggetti e contesto. Ci
sono, secondo lui, tre modi per leggere queste relazioni: indessicale/indicizzato (indagare gli aspetti
quantitativi relativi l’uso di un oggetto (frequenza e intensità); è un primo livello di analisi, in
quanto non dice niente riguardo al significato), omologico (indagare come un oggetto è espressione
dell’etica di una subcultura, collegare elementi stilistici ed estetici ai valori; l’analisi omologica si
ferma ad un livello sincronico), integrale (indagare le relazioni storiche, ricostruire una sorta di
genealogia della subcultura e una sorta di biografia degli oggetti).
Bisogna analizzare anche il rapporto che le subculture hanno con i media e l’industria
culturale. In una prima fase il rapporto con l’industria culturale viene letto come opposizione e
sottrazione: le subculture si oppongono sottraendo oggetti e risignificandoli. Spesso però l’industria
culturale riassorbe gli oggetti propri delle subculture e li rimercifica.
I media costruiscono rappresentazioni delle subculture, e sono considerati come una sorta di
banalizzazione e manipolazione delle subculture.
Osservazioni successive mostreranno come media e industria culturale possono aiutare nella
costruzione delle subculture: non ci deve essere per forza solo un’opposizione.
Una prima critica riguarda un’eccessiva attenzione alle pratiche visibili in spazi pubblica,
che fa sì che certi attori appaiano invisibili. Un’altra critica riguarda l’accento posto sulla divisione
di classe, che rischia di sottovalutare altre componenti socio-culturali. Un’altra critica riguarda
l’enfasi sulla resistenza politica messa in atto da queste subculture.
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In risposta a queste critiche c’è stata una revisione dall’interno ed un superamento della
dimensione subculturale.
S. Thornton è a cavallo tra le due risposte alle critiche all’approccio CCCS.
I post-subcultural studies si sviluppano a partire dagli anni ’90 a Manchester. Avviene un
cambio terminologico: da subculture a clubculture, dove c’è un forte legame tra pratiche, luoghi ed
identità.
S. Thornton fonde la teoria CCCS con alcuni aspetti della Scuola di Chicago (studio di
Becker sugli outsider) e di Bourdieu. Becker aveva introdotto una distinzione tra “esperti” e
“consumatori” e aveva detto che la cultura dominante è una costruzione costruita per opposizione.
S. Thornton riflette quindi sul rapporto con il mainstream, sulla questione dell’autenticità (che è una
costruzione) che rimanda alla questione delle identità subculturali, sulla questione del rapporto con i
media (generali