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SCUOLA/ESITO P B

L 4/6=0.667 2/6=0.333 1

T 10/15=0.667 5/15=0.333 1

C 6/9=0.667 3/9=0.333 1

In questo caso invece come possiamo vedere osservando le frequenze relative, le due variabili sono

indipendenti.

Analisi di dati quantitativi bivariati: è necessario che x e y siano entrambi dati quantitativi. A questo punto

posso vedere che relazione corre tra le due variabili analizzate.

Il grafico di dispersione è lo strumento grafico più appropriato per indagare in via preliminare la relazione

tra le due variabili, il loro andamento congiunto

In un grafico di dispersione i dati, che sono coppie di numeri reali (x , y ), sono rappresentati come punti

i i

nello spazio cartesiano.

Esempio di grafico di dispersione In questo caso al crescere di X, mediamente cresce anche Y,

sembra quindi esserci una relazione lineare tra X e Y del tipo

Y=a+bX, con a e b opportune costanti.

Tra due variabili può anche intercorrere una relazione non

lineare o non intercorrere alcuna relazione.

L’eventuale dipendenza tra due variabili è esprimibile attraverso un modello, cioè formula matematica o

funzione del tipo Y=f(x), tra cui la funzione lineare Y=f(X)=a+bX è la più semplice e facile da interpretare.

La covarianza è indicatore sintetico dell’attitudine di due fenomeni a essere suscettibili di variazioni in

:

̅ ̅

concomitanza. Dati i valori medi e essa si calcola come

1 1

∑( ) ( ∑(

= − ̅ − ̅) = − ̅ ̅)

=1 =1 ̅

La covarianza a seconda che le variazioni tra e siano positive o

negative, assumono i seguenti segni. ( )

>̅ − ̅

Per esempio se abbiamo un >̅ e allora sia che

( − ̅) saranno entrambe positive, la covarianza assumerà quindi

valore positivo.

SCUOLA/ESITO P B

L 21.1% 22.2%

T 52.6% 33.3% Quando si studia quale funzione leghi tra loro due variabili

quantitative si parla variabile indipendente o esplicativa, la quale è

C 26.3% 44.4% 10

rappresentata sull’asse delle ascisse e variabile dipendente o risposta, rappresentata sull’asse delle

ordinate. (Per esempio x=reddito e y=consumo).

Il coefficiente di correlazione lineare misura la forza e il segno della relazione lineare esistente tra due

variabili quantitative.

E’ definito come il rapporto tra media del prodotto degli scarti incrociati (covarianza) e prodotto degli scarti

quadratici medi (non corretti).

=

Il coefficiente di correlazione lineare di Pearson è calcolato come:

In maniera più estesa si calcola come:    

  

 

xy x y / n

r    

   

2 2

 

2 2

x x / n y y / n

Esso può assumere valori tra -1 e +1, dove -1 indica perfetta relazione lineare negativa, +1 perfetta

relazione lineare positiva e 0 indica che non esiste alcuna relazione lineare.

Se la relazione è pressocché lineare (cioè r è vicino a +1 o -1) possiamo trovare l’equazione della retta che

meglio si adatta ai dati; lo strumento per trovarla è il metodo dei minimi quadrati.

L’equazione generale della retta nel piano:

̂ = +

Dove a rappresenta l’intercetta sull’asse delle y e b è

il coefficiente angolare o pendenza della retta.

Y-cappello è il valore predetto di y per un

determinato valore di x.

Il metodo dei minimi quadrati permette di trovare

l’equazione della retta che minimizza la somma dei

quadrati degli scarti tra i punti osservati e la retta.

̂ = ̂ −

La distanza tra del valore previsto del valore reale osservato è chiamato scarto o errore

2

∑ (

̂ − )

questo metodo mira quindi a minimizzare identificando in questo modo la pendenza

=1

(b) e il punto di intersezione con l’asse y (a).

=1

∑ ( − ̅ )( − ̅)

= =1 2

∑ ( − ̅ )

̅ ̅

= − (̅ ; ̅)

La retta dei minimi quadrati passa sempre per il punto di coordinate ovvero il baricentro dei dati.

∑ ∑

̂

=

E’ tale che cioè la somma dei valori osservati è uguale alla somma dei valori stimati

=1 =1

Ovvero la somma dei residui/ scarti è uguale a zero.

L’interpolazione si usa per predire i valori di Y servendosi dei valori di X che si trovano all’interno

dell’intervallo dei dati. I risultati di questa procedura risultano soddisfacenti quando la retta ben si adatta ai

dati.

L’estrapolazione si usa per predire i valori di Y attraverso i valori di X che si trovano al di fuori dell’intervallo

dei dati. Procedura pericolosa perché non si conoscono le relazioni esistenti al di fuori dell’intervallo.

11

PROBABILITA – CAP.6

La probabilità è la misura di quanto è verosimile che si verifichi un evento.

Un esperimento è qualsiasi azione che ha come risultato un insieme di dati registrabili. Di un esperimento

casuale è possibile solo elencare a priori l’insieme dei possibili esiti, l’insieme di essi è detto spazio

campionario e si indica con la lettera S. Lo spazio campionario può essere finito se è composto da un

numero finito di esiti o infinito con un numero di possibili esiti infinito.

(Es. Lancio del dado S={1,2,3,4,5,6} Lancio della moneta S={T,C} )

Un evento casuale è qualsiasi sottoinsieme dello spazio campionario S. (Es. Se lancio un dado, l’evento A

‘esce un numero pari’ è un evento casuale che si può scrivere come A={2,4,6} S (incluso in S))

Un complemento detto anche evento complementare di un evento A è l’insieme di tutti gli esiti dello

spazio campionario S che non appartengono ad A e si denota con A’ o Ā, che si può leggere ‘non A’. Esso è

(̅) = 1 − ()

calcolato come: 

L’evento unione A o B (A B) indica che o A o B o entrambi possono verificarsi. Contiene tutti gli esiti

elementari di S che appartengono ad A o a B o ad entrambi.

L’evento intersezione A e B (A B) indica che sia A sia B si verificano. Contiene tutti gli esiti elementari di S

che appartengono sia ad A che a B.

Due eventi A e B sono detti mutuamente esclusivi o incompatibili se non hanno casi in comune, cioè

AB=Ø (Es. lancio di un dado. A={Esce un punteggio pari}={2, 4, 6} e B={Esce il punteggio 3}. A e B sono

incompatibili).

La probabilità di un evento casuale A, P(A), è una misura di quanto sia verosimile che accada l’evento A,

cioè è un numero associato ad A che ne quantifica a priori la possibilità di realizzazione.

Nel caso i cui ogni esito elementare dello spazio campionario ha la stessa probabilità di verificarsi, allora

() =

definiamo la probabilità di A secondo la definizione classica è:

Utilizzando la definizione classica di probabilità, questa deve soddisfare degli assiomi, condizioni previste

0 < () < 1

dalla definizione assiomica, in particolare: la probabilità è sempre compresa tra 0 e 1,

() = 1 () = 0

significa che A si presenta sicuramente rappresenta un evento quasi certo, se A non

può verificarsi è un evento quasi impossibile.

Per calcolare la probabilità totale che si verifichino due eventi: se eventi sono mutuamente esclusivi o

P(A B) = P(A)+P(B)

incompatibili si utilizza la regola della somma semplice ; altrimenti la regola

 

P(A B) = P(A) + P(B) - P(A B)

generale della somma .

La probabilità condizionata è la probabilità che si verifichi A dato che si è verificato B, si calcola come:

(∩)

(|) = () ≠ 0.

se

()

Due eventi A e B sono indipendenti se la probabilità che un evento si verifichi non è modificata dal

verificarsi dell’altro evento o altrimenti se la probabilità della loro intersezione è uguale al prodotto delle

(|) = () ( ∩ ) = () ∙ ()

loro probabilità. o 12

PROBABILITA – CAP.7

Una variabile casuale X è una variabile quantitativa i cui valori sono determinati dai risultati di un

esperimento casuale, le variabili casuali possono essere discrete o continue.

Una variabile casuale è detta discreta se assume un numero finito o al più numerabile di valori. (Es. Lancio

moneta può assumere solo i valori ‘testa’ o ‘croce’.

Una variabile casuale è detta continua se può assumere tutti i valori appartenenti ad un intervallo reale.

L’insieme di tutti i possibili valori che X può assumere è detto supporto.

La distribuzione di probabilità p(x) detta anche funzione di probabilità di una variabile casuale X è la

funzione che associa ad ogni possibile valore di X la probabilità che X assuma tale valore:

() = ( = ) 0 < () < 1 () = 1

; ;

(Es. doppio lancio di una moneta S={TT,TC,CT,CC}, dove la variabile causale X={‘numero di teste’} allora i

possibili valori che può assumere sono x={0,1,2} quindi p(0)=1/4, p(1)=2/4=1/2, p(2)=1/4)

Il valore atteso di una variabile causale discreta X con funzione di probabilità p(x) è definito come:

() = ∑ ∙ () 2

∑[

() = − ()] ∙ ()

La varianza di una variabile causale è definito come:

Esiste quindi una analogia tra il valore atteso di una variabile causale e la media aritmetica di una variabile

statistica; esiste anche una analogia tra la varianza di una variabile causale e la varianza statistica.

Si parla di variabile causale di Bernoulli quando consideriamo un esperimento che può portare a due soli

esiti: A (successo) e A’ (insuccesso), con probabilità rispettivamente p e 1-p

La variabile casuale discreta X che associa all’evento A il numero 1 e all’evento A’ il numero 0 è una

variabile causale di Bernoulli di parametro 0<p<1. ( = 0) = 1 − ( = 1) =

La sua distribuzione/funzione di probabilità è quindi: ;

Nel caso i

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A.A. 2017-2018
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher leonardo.cerana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e statistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Vernizzi Achille.