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S D
d’onda della luce incidente, n -n = indici di rifrazione dell’enantiomero sinistrorso e destrorso, l =
S D
lunghezza del cammino ottico
Si definisce una rotazione specifica, misurata ad una certa T e λ
α/l⋅c
τλ 3
[α] = c = concentrazione della sostanza otticamente attiva espressa in g/cm
α
L’osservabile fisico che dà il polarimetro è l’angolo di cui è ruotato il raggio di luce polarizzata.
Dal fatto che in una sostanza otticamente attiva gli indici di rifrazione e gli ε dell’enantiomero sinistrorso e
destrorso sono diversi si dà origine a 2 spettroscopie: dicroismo circolare e dispersione ottica rotatoria.
Dicroismo circolare
Una radiazione elettromagnetica si dice linearmente polarizzata se si propaga in un’unica direzione, mentre
è monocromatica una radiazione elettromagnetica (o un fascio di radiazioni elettromagnetiche) che hanno
tutte lo stesso intervallo di lunghezza d’onda.
La luce normale si trasforma in luce polarizzata se viene fatta passare attraverso un prisma di calcite detto
prisma di Nicol, e quando la radiazione elettromagnetica polarizzata è fatta passare attraverso una sostanza
otticamente attiva il piano della luce polarizzata è ruotata rispetto alla direzione della radiazione
elettromagnetica incidente, dovuta alle diverse velocità che si impartiscono alla radiazione in quanto vi è una
sostanza chirale con un certo indice di rifrazione; le sostanze chirali hanno anche ε ≠ ε , che sono legati
S D
all’A, per cui solo una delle 2 componenti viene assorbita.
Se si fa passare la luce polarizzata in una sostanza non otticamente attiva, viene diminuito il modulo dei 2
vettori che descrivono il fenomeno polarizzato circolarmente in modo che all’uscita, secondo la legge di
Lambert-Beer, si vede che l’intensità della luce uscente è minore di quella incidente e non viene deviata,
quindi il modulo dei 2 vettori viene diminuito della stessa entità; nelle sostanze otticamente attive, essendo
ε ≠ ε una delle 2 componenti è assorbita più dell’altra. Una delle 2 componenti ruota più velocemente
S D α
dell’altra, quindi quando si fa a fare la ricomposizione delle 2 si ha una deviazione di un certo angolo
rispetto alla direzione della radiazione incidente, in più essendo ε ≠ ε il modulo di una delle 2 componenti
S D
rimane invariato, mentre il modulo dell’altra è più piccolo perché questa viene assorbita.
I moduli sono diventati diversi, quindi facendo la ricomposizione dei 2 vettori si ottiene una radiazione
polarizzata ellitticamente anziché circolarmente polarizzata: la differenza di ε dà luogo al dicroismo
circolare e la differenza di indici di rifrazione dà luogo alla dispersione ottica rotatoria, e questi 2 fenomeni
avvengono simultaneamente.
Quando si ricompongono i 2 fenomeni circolarmente polarizzati che hanno un raggio diverso, la
ricomposizione dà un ellissi in cui l’asse maggiore è rappresentato dal diametro della radiazione maggiore e
l’asse minore è rappresentato dal diametro di quella assorbita.
Si definisce una ellitticità molare ϴ: [ϴ] = 3.300 (ε -ε )
S D
L’ellitticità molare dà luogo al dicroismo circolare, e il fatto che dipende dalla differenza ε -ε fa si che le
S D
bande degli spettri possono essere positive (+) o negative (-) a seconda che la differenza è positiva o
negativa.
L’ellitticità di una radiazione è una misura della sua attività ottica:
ellitticità = arctg (asse maggiore ellisse / asse minore ellisse)
L’orientazione dell’ellisse non coincide più con quella della radiazione incidente ma è ruotata di un certo
angolo e la rotazione ottica come funzione della lunghezza d’onda è chiamata dispersione ottica rotatoria.
In un mezzo otticamente attivo A ≠ A perché gli ε sono diversi: dopo esser passata attraverso il campione
D R
ciascuna componente è ancora circolarmente polarizzata, ma una passa inalterata e l’altra è assorbita per cui
i raggi sono diversi e quando si fa la ricomposizione la luce è polarizzata ellitticamente.
Dal punto di vista dell’indice di rifrazione si ha uno spostamento dell’asse della radiazione di un certo
angolo dovuto alla differenza degli indici di rifrazione, e questo fenomeno è noto anche come birifrangenza
circolare.
Si definiscono ϕ e ϴ:
ϕ = 180⋅ l(n – n ) / λ prende in considerazione la differenza di indici di rifrazione
L R
ϴ = 2,303 (A – A )⋅180 / 4π prende in considerazione la differenza di assorbanza
L R
Queste spettroscopie sono 2 fenomeni che avvengono simultaneamente e danno informazioni importanti
sulla struttura secondaria e terziaria delle proteine. -4
Per soluzioni di proteine e di acidi nucleici per una concentrazione di 10 M di cromoforo (le macromolecole
non sono totalmente chirali, ma la chiralità è dovuta ai gruppi cromofori) il piano della luce polarizzata per
un campione di uno spessore di 1cm viene deviato da 0,01° a 0,1°.
A parità di struttura primaria l’aspetto e la posizione dei massimi e dei minimi degli spettri di dicroismo
α-elica,
circolare e di dispersione ottica rotatoria varia a seconda che la macromolecola si trova in
β-foglietto e random coil: l’analisi degli spettri di dicroismo circolare di una macromolecola.
Dalla posizione dei massimi e dei minimi all’interno dello spettro e dall’aspetto degli spettri di dicroismo
circolare si può definire la struttura della proteina. A parità di struttura primaria gli spettri di dicroismo
circolare e di dispersione ottica rotatoria sono differenti a seconda della struttura secondaria e terziaria
perché il modo di ripiegarsi influisce sull’indice di rifrazione e sull’ε di una certa sostanza.
Spettroscopia lez. 9
NMR (Risonanza Magnetica Nucleare)
Tecnica molto utile nell’analisi di spettri di miscele provenienti anche da campioni di tipo biologico, non è
invasiva e non è distruttiva perché permette di esaminare il campione tal quale.
Usa radiazione elettromagnetiche che si trovano all’estremo dello spettro elettromagnetico che coinvolge
interazioni con radiazioni che si trovano ad energia molto bassa: il tempo di vita media è lungo e le bande
negli spettri di NMR sono risolte.
Nell’NMR si studia l’interazione della radiazione elettromagnetica nel campo delle radioonde (λ dai cm ai
m) e gli spin nucleari.
Se si prende una qualsiasi particella in un sistema di coordinate cartesiane, il moto della particella è definito
dalle leggi di Newton: v = dr/dt
Se la particella è soggetta ad un campo di forze, la sua posizione si determina tramite un vettore se si risolve
l’equazione che descrive il moto della particella stessa:
F = m⋅a = d(mv)/dt = p
m è una costante e si ingloba nella derivata.
mv = momento angolare
p = momento lineare
Il moto della particella è descritto dai momenti dei vettori F e P (momento angolare) calcolati rispetto
all’origine.
Il momento della forza è anche chiamato coppia torcente τ: τ = r x F e P = r⋅mv
τ è un vettore perpendicolare al piano istantaneo individuato dai 2 vettori r e F, e P è perpendicolare al piano
individuato dai vettori r e v.
Essendo F = d(mv)/dt r x F = r x d(mv)/dt = d(r⋅mv)/dt questa uguaglianza deriva da una regola di
differenziazione dei prodotti vettoriali.
⋅
P = r mv per cui τ = d(r⋅mv)/dt
Dalla meccanica classica se τ = 0 allora P = costante nel tempo in grandezza e in direzione. Se i 2 vettori
sono invarianti nel tempo la particella è confinata nel piano individuato dai 2 vettori.
La traccia del percorso della particella è detta orbita e il momento angolare è detto momento angolare
orbitale.
Il concetto di momento angolare è molto importante nella quantomeccanica, ma presenta delle proprietà
diverse rispetto al momento angolare della fisica classica.
Nella fisica classica P è il momento angolare orbitale di una particella classica rispetto ad un’origine
arbitraria, mentre n è un versore (vettore di modulo unitario) che specifica la direzione di una linea variabile
che passa per l’origine; se τ = 0 P è una costante del moto e la proiezione del momento angolare sul versore
π.
n varia tra + |P| e -|P| e l’angolo tra n e P può variare da 0° a
Postulato della quantomeccanica: il momento angolare totale di una particella non può assumere valori
qualsiasi valori ma è esso stesso quantizzato, e la teoria della quantomeccanica del momento angolare
stabilisce che la misura della componente del momento angolare in qualsiasi direzione non può assumere
qualsiasi valore ma deve assumere uno dei valori compresi nella sequenza
-ħL, - ħ(L-1)….. +ħ(L-1), +ħL dove ħ= h/2π, L = numero intero non negativo che esprime la
quantizzazione ed è detto numero quantico orbitale.
La quantizzazione del momento angolare è una conseguenza dell’interpretazione del momento angolare non
come un vettore ordinario, ma che il momento angolare è un vettore operatore.
Il momento angolare nella fisica classica e in quantomeccanica ha 2 tipi di interpretazione: nella fisica
classica può assumere qualsiasi valore mentre nella quantomeccanica può assumere solo valori quantizzati.
Queste leggi sono valide, ma se applicate a livello macroscopico perdono di importanza a causa
dell’espressione mediante la costante di Plank che è un numero molto piccolo.
Quando si applicano le proprietà quantomeccaniche del momento angolare, la quantomeccanica e la
meccanica classica tendono allo stesso valore se applicate a sistemi macroscopici.
Il momento angolare orbitale della particella è quantizzato, per cui qualsiasi grandezza che deriva da esso è
anch’essa quantizzata, e quindi anche il momento magnetico della particella è quantizzato.
Si può ricavare la relazione tra il momento magnetico orbitale il momento angolare orbitale, perché in NMR
si considera l’interazione di una radiazione elettromagnetica con un nucleo che ha uno spin diverso da 0
dotato di un momento angolare quantizzato e momento magnetico.
Data una particella di massa M e carica Q che si muove rispetto ad un’origine, la particella stessa ha un
momento magnetico orbitale: ⋅
µ = Q/2c (r x v) c = velocità della luce, r x v = momento angolare orbitale da cui µ = Q/2mc P
Q/2mc è una costante, e questo rapporto è noto come rapporto gir