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Secondo lo scrittore americano David Foster Wallace, che al talk show radiofonico ha dedicato un
saggio nel 2004, l’aumento della popolarità delle talk radio politiche è dovuto a tre fattori:
1. Lo strangolamento delle stazioni musicali Am da parte delle Fm a inizio anni Ottanta;
2. La revoca da parte del governo Reagan della dottrina dell’imparzialità, la norma
sopracitata, che prevedeva che, per ottenere la licenza di trasmissione, l’emittente doveva
“dedicare un ragionevole tempo alla copertura di questioni controverse di pubblico rilievo” e
di conseguenza doveva offrire agli opposti schieramenti l’opportunità ragionevole di
esprimere il loro punto di vista.
3. La distribuzione del Rush Limbaugh Show , il primo talk politico conservatore, a livello
nazionale a metà degli anni Ottanta. Rush Limbaugh iniziò il suo show politico nel 1984 in
una radio locale di Sacramento, per poi crescere in popolarità fino ad essere acquistato e
distribuito su scala nazionale nel 1988. Egli fu anche l’inventore dello schema retorico del
condizionamento liberal dei mezzi di informazione ha cambiato per sempre il modello del
talk politico permettendo l’emergere chiaro dello schieramento a cui si apparteneva.
Dal talk politico nasceranno altri formati come i talk partigiano, conservatore e di destra; il talk
religioso; il talk moderato; il talk liberal.
Hot talk: noto anche come Fm talk o shock talk, è diretto solitamente ad un pubblico maschile
compreso fra i 18 e i 49 anni. Il tema delle puntate è generalista, più orientato verso la cultura
popolare, i temi di costume e società.
Negli Stati Uniti uno dei più noti programmi di questo genere è l’Howard Stern Show, famoso
soprattutto negli anni Novanta e ora in onda nei canali satellitari.
Sport talk: indica sia i programmi dedicati al dibattito sportivo, sia il formato di un’emittente
dedicata interamente all’informazione sportiva.
Uno degli show più famosi è il Jim Rome Show: la retorica del programma è fondata sui valori del
machismo e della discriminazione di genere; conduttori, ospiti e ascoltatori mettono in scena la loro
mascolinità.
La Talk radio in Italia
La talk radio in Italia arriva con ampio ritardo rispetto a Stati Uniti e Europa. La versione italiana del
talk vide la luce nel 1969 da un programma del servizio pubblico, Chiamate Roma 3131, il primo a
introdurre le telefonate del pubblico in diretta, anche se fortemente filtrate e selezionate, in onda
tutte le mattine dalle 10.40 alle 12.15. Il conduttore era molto moderato.
La diffusione delle radio private a metà degli anni Settanta spinse la RAI a modificarne i contenuti
e i modi, virandoli verso un dialogo meno rigido e ingessato.
Nel 1979 la trasmissione cambiò nome in Radiodue 3131 e il nuovo conduttore, Corrado Guerzoni,
la trasformò in un programma molto più aperto verso il pubblico, seppure la pratica del filtro degli
interventi si sia mantenuta inalterata fino ad oggi e sia stata estesa a tutti i programmi con
telefonate della RAI. Guerzoni la condusse fino al 1990.
Il programma cambiò nome, formato e conduttori più volte nel tempo.
La RAI ha poi prodotto altri talk con telefonate del pubblico, di natura più politica, come nel caso
delle longeve trasmissioni Radio Anch’io e Zapping, tutt’ora in onda su Radio1.
Ma la vera rivoluzione del linguaggio arriverà con l’uso delle telefonate da parte delle radio libere
negli anni Settanta e con la nascita del formato, tutto italiano, del Microfono Aperto.
Microfono aperto: viene abolito il filtro alla partecipazione telefonica del pubblico. Il fulcro del
programma è il dibattito col pubblico, quello che esso ha da dire liberamente.
Un radio emblematica da questo punto di vista è stato Radio Popolare, che dal 1976 ha in
palinsesto un programma che porta questo nome, in onda dal mattino nella fascia 9.00-12.00.
Nel panorama radiofonico contemporaneo, in una società immersa in un ecosistema mediale
saturo di piattaforme e messaggi, il semplice intervento degli ascoltatori in diretta non basta più. La
radio non è più, da molto tempo, il luogo privilegiato dell’interazione e dell’espressione delle
opinioni. Esistono molti altri mezzi per partecipare alla sfera pubblica senza passare da essa.
Eppure la radio resiste come palcoscenico della condivisione delle opinioni (Radio3 con il
microfono aperto di Tutta la città ne parla; Radio24 IlSole24Ore, radio votata al talk&news, con
molti talk show, come La versione di Oscar, Melog che è un hot talk, A tempo di sport che è un talk
sportivo; La Zanzara, fra lo zoo e il talk politico). La novità di questi formati rispetto ai modelli del
microfono aperto sta nella forte caratterizzazione del conduttore, che diventa un personaggio-star.
In Italia è da notare anche il successo delle talk radio interamente dedicate allo sport e al calcio
che hanno rivitalizzato l’emittenza locale.
Capitolo Terzo – Lo spettacolo drammaturgico: radiodrammi, audiogrammi, serial
Radiodramma: è una performance acustica, trasmessa alla radio o pubblicata su un medium
sonoro. Senza componenti visive, il radiodramma dipende dal dialogo, dalla musica e dagli effetti
sonori per aiutare gli ascoltatori a crearsi l’immagine della storia. è un’opera originale pensata per
la radio, di durata varia, non seriale.
Si distingue dal teatro radiofonico per la sua originalità, mentre il primo è la semplice trasmissione
di uno spettacolo teatrale. I primi tentativi di definire il genere nascondono però l’incapacità di non
riferirsi al medium di origine, cioè il teatro.
È in Inghilterra che il genere prende per la prima volta la forma attuale di spettacolo originale
scritto per la radio, che rispecchia lo specifico del medium sonoro. Il primo vero radiogramma della
storia viene infatti trasmesso dalla BBC il 15 gennaio 1924, si intitola Danger! ed è scritto dal
ventiquattrenne Richard Hughes. Quello di Hughes era l’unico originale radiofonico, in onda nel
prime time dell’epoca, dalle 19.30 alle 21.15, quel giorno.
Nello stesso anno di Danger! vennero alla luce altri due radiodrammi: il francese Maremoto e il
tedesco Magia sulle onde, che condividono col primo l’ambientazione in un luogo con presenza
d’acqua e un’impostazione proto-thriller.
In Italia gli esperimenti sul radiodramma iniziarono tardi. Bisognerà aspettare il 1929 per mettere in
onda il primo radiodramma, L’anello di Teodosio, un giallo dalla trama esilissima.
I primi esperimenti di drammaturgia radiofonica italiana scontavano una forte dipendenza dal
medium teatrale. Tardò ad affermarsi in Italia una tradizione di scrittori per la radio e un dibattito
sull’estetica radiofonica.
Il dibattito sull’estetica radiofonica e sulle forme di questa nuova arte drammaturgica inizierà a
muoversi negli anni Trenta, grazie al Manifesto della radio come forza creativa (1931) di Enzo
Ferrieri, che fu il primo a vedere il potenziale drammaturgico della radio.
Nel frattempo si poggiarono le basi per la nascita della figura del regista radiofonico. Tra i registi
italiani dell’poca bisogna ricordare Alberto Casella, Guglielmo Morandi, Nino Meloni, Enzo Ferrieri.
Nel 1935 l’autore Ettore Giannini firmò il primo vero radiodramma della storia italiana, Isolato C.,
con la regia di Alberto Casella.
Il radiodramma in Italia dal dopoguerra ad oggi
Nel 1949 la RAI istituisce il Prix Italia per premiare i prodotti radiofonici delle radio di servizio
pubblico nel mondo, un premio che acquisisce una particolare importanza non solo per la
valorizzazione della qualità radiofonica ma soprattutto, in mondo appena uscito dalla guerra, per la
ricostituzione di rapporti culturali tra i paesi europei, asiatici e americani.
Da una parte le opere vincitrici ottengono la possibilità di essere distribuite fuori dai confini
nazionali, superando uno dei maggiori vincoli alla circolazione dei prodotti radiofonici, quello
linguistico, dall’altra, il Premio offre un’occasione di scambio di opinioni, commenti, tecniche e
strategie produttive tra gli autori e i produttori radiofonici di tutto il mondo, contribuendo
all’innovazione del genere.
La produzione drammaturgica cresce soprattutto negli anni Quaranta, e ha una battuta d’arresto
con la popolarizzazione della televisione. L’anno d’oro fu il 1950, con la produzione di 48
radiodrammi. Più in generale il periodo d’oro fu tra il 1949 e il 1955, con una ripresa a inizio anni
Sessanta e fine anni Settanta, periodo in cui la produzione drammaturgica si sposterà molto più
verso ibride di drammaturgia come il docu-dramma e la docu-fiction. Gli anni Sessanta e Settanta
sono anche gli anni delle sperimentazioni tecniche.
A partire dagli anni Ottanta la produzione di radiodrammi andrà lentamente diminuendo. Negli anni
Novanta il radiodramma diventa un terreno di sperimentazione per giovani scrittori.
Mentre Radio2 diventerà il canale elettivo della fiction seriale, il radiodramma in atti unici rimarrà
prerogativa di Radio3. Questa rete all’inizio degli anni Duemila, sotto la spinta della direttrice
dell’epoca, Roberta Carlotto, propone alcuni format di fiction che innovano il genere del
radiodramma, tornando a renderlo popolare negli ascolti. È il caso di:
Teatrogiornale di Cavosi e Pierattini: notizia del giorno sceneggiata in diretta;
Atto Unico Presente: una serie di radiofilm realizzati da scrittori allora emergenti e in
seguito divenuti popolari affiancati da registi emergenti provenienti dal cinema.
Radiobellablu di Sergio Ferrentino: un radiogiallo.
Con la nuova direzione successiva alla Carlotto la produzione di radiodrammi si limiterà alla serie
di originali radiofonici Dialoghi impossibili, che si inserisce nel solco della tradizione aperta con
Atto Unico Presente.
Il dibattito sullo statuto estetico dell’arte radiofonica
Nel resto d’Europa il dibattito sulla nascente arte radiofonica fiorì molto prima rispetto all’Italia. in
Inghilterra ad esempio si svilupparono due correnti di pensiero: una incentrata sullo specifico
tecnologico; l’altra attenta al testo e alla sua traduzione sonora. Da queste discendono due diverse
tradizioni drammaturgiche inglesi, che trovano la loro massima espressione l’una nel dramma
sperimentale Cascando di Samuel Beckett (1961), l’altra nel magistrale Sotto il bosco di latte di
Dylan Thomas (1953).
Negli Stati Uniti, dove è fiorito il modello commerciale, al dibattito teorico sulle forme espressive
dell’arte radiofonica prevalse il pragmatico produttivo della serialità, una forma di storytelling che
non proveniva dal teatro, come il radiodramma, ma dalla narrazione seriale popolare.