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Il ruolo della legge nell'attività amministrativa

Per quanto riguarda l'attività amministrativa, alla quale principalmente sono dedicate le presenti riflessioni, occorre interrogarsi sul ruolo della legge, cui spetta dettare all'amministrazione i precetti a cui essa deve attenersi, individuare gli interessi pubblici che devono essere perseguiti, indicare gli altri interessi, pubblici e privati, che possono essere sacrificati, stabilire procedimenti attraverso i quali la funzione amministrativa stessa deve essere esercitata (e nel corso dei quali quegli interessi hanno la possibilità di emergere): il principio di legalità, infatti, non si esaurisce nell'esistenza della previa norma legislativa, ma richiede la predisposizione da parte del legislatore di un complesso strumentario atto a realizzare quel che la formula sintetica dell'art. 97 chiama il buon andamento dell'amministrazione (oggi specificato nei riferimenti all'economicità, all'efficienza e all'efficacia).

dell'azione amministrativa). Ne discende allora la perdurante validità dell'intuizione crisafulliana, risalente al 1962, che vedeva nella distinzione tra disporre e provvedere, nello stacco tra la previa norma e il provvedimento amministrativo concreto l'essenza stessa del principio di legalità. Di qui la conclusione, comunque la si voglia argomentare, del disfavore del costituente nei confronti delle leggi che, invece di stabilire regole e procedimenti dell'azione amministrativa, si facciano esse stesse provvedimento concreto. Tali leggi, nelle quali si concentra la funzione legislativa e quella amministrativa, scavalcando la fase del procedimento amministrativo, con il bilanciamento degli interessi in gioco che questo assicura, finiscono con l'eliminare un anello essenziale del principio di legalità e delle garanzie che vi si ricollegano. Anche nell'ottica della sovranità popolare la legge-provvedimento, che apparentemente sembra rafforzarla,

in realtà ne indebolisce il significato, se si accetta l'idea che essa non richiede la concentrazione di tutto il potere nelle assemblee elettive, ma un equilibrato sistema di checks and balances, capace di assicurare bensì la preminenza del potere politico, ma di impedire che esso possa confezionare per le esigenze del momento la regola del caso concreto.

In conclusione, distinguere tra disporre e provvedere vuol dire non solo assicurare il rispetto del principio di legalità, ma anche consentire alla legge di essere strumento di mediazione tra la volontà e le scelte politiche della maggioranza, da un lato, e l'esercizio imparziale della funzione amministrativa, dall'altro.

4.- Ora, ciò che caratterizza, rispetto a quella giurisdizionale, l'attività amministrativa è il potere discrezionale, inteso come potestà di valutazione e di ponderazione degli interessi in gioco, al fine del miglior perseguimento.

dell'interesse pubblico concreto affidato dalla legge alla cura dell'amministrazione. Sebbene incanalata nelle regole tracciate dal legislatore e nei criteri elaborati dalla giurisprudenza, la discrezionalità dell'amministrazione presenta ampi margini di libertà nei quali possono collocarsi scelte strategiche o d'indirizzo politico-amministrativo, la cui definizione spetta naturalmente al vertice politico della stessa amministrazione. Ciò pone il problema, sempre travagliato, del quale all'inizio facevo cenno, del rapporto tra l'imparzialità dell'amministrazione e la sua soggezione all'indirizzo governativo. La soluzione offerta dal testo costituzionale è, nelle linee fondamentali, tracciata dall'art. 97: tra l'indirizzo politico del governo e l'imparzialità dell'amministrazione si frappone la legge cui è riservata la disciplina dell'organizzazione dei pubblici uffici,

La determinazione delle sfere di competenza, delle attribuzioni e delle responsabilità proprie dei funzionari. La legge interviene o dovrebbe intervenire per consentire, da un lato, al potere politico di impartire nell'ambito di essa le direttive dell'azione amministrativa, e, dall'altro, per assicurare al funzionario, le cui competenze e responsabilità sono dalla stessa legge garantite, il necessario margine di autonomia nei confronti del potere politico, che è condizione essenziale dell'imparzialità.

Questo è un punto fondamentale, che la legislazione sulla dirigenza statale ed in generale pubblica ha cercato, a partire dal 1972, di sviluppare, non sempre con esiti convincenti, attraverso la distinzione tra politica ed amministrazione e l'attribuzione ai dirigenti di potestà amministrative da esercitarsi in piena autonomia dai vertici politici. Tuttavia, senza qui poter riprendere ed approfondire un tema che meriterebbe

benaltri sviluppi, va detto che la recente e meno recente legislazione è apparsa insoddisfacente ed inidonea ad assicurare realmente quella separazione sotto due fondamentali aspetti: da un lato perché, nello spirito di semplificare e di rendere flessibile l'organizzazione amministrativa, ne si sono delegificati aspetti che avrebbero meritato di restare nell'orbita legislativa (com'è, in particolare, il caso dell'organizzazione dei ministeri, rimessa dal comma 4 bis dell'art. 17 della l. 400 alla fonte regolamentare e dei compiti delle "unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali" addirittura affidati a "decreti ministeriali di natura non regolamentare"), dall'altro perché, nel tentativo di creare meccanismi per trasmettere gli indirizzi governativi alle autorità amministrative, si sono privilegiati 'rapporti fiduciari' tra i vertici politici e i dirigenti.cui si deve la non maiabbastanza deprecata introduzione di uno spoils system (la cui compatibilità con il 3° c.dell’art. 97 nessuno ha nemmeno accennato ad argomentare) che, nelle versioni che sisono via via succedute, ha sempre di più sottolineato il collegamento politico tra il ministroe i suoi funzionari, mentre è rimasta nel vago la disciplina delle responsabilità dirigenziali(cfr. Colapietro). Se, come ho cercato sin qui di dimostrare, la sovranità popolare si manifestanell’azione amministrativa attraverso la sua derivazione dalla legge (e non, all’opposto,attraverso la sua soggezione al potere politico, ancorché democraticamente legittimato)l’eliminazione dell’intervento legislativo dalla disciplina dell’organizzazione e deiprocedimenti amministrativi ed ancor più la mancata creazione di uno statuto del dirigentepubblico, che gli permetta di resistere ai condizionamenti e alle lusinghe della

politica, finiscono con l'attenuare quel collegamento e, insieme con esso, l'efficacia della sovranità popolare.

5.- Il quadro sin qui delineato, che ha visto, non ostante le proclamate buone intenzioni, un espandersi dell'indirizzo politico nei confronti dell'autonomia dell'amministrazione, vede in controtendenza la creazione e la moltiplicazione delle c.d. autorità indipendenti. Il panorama che esse presentano è, come è noto, assai variegato e non consente generalizzazioni, sia per la diversa natura delle funzioni che a codeste autorità sono conferite, sia per il diverso tipo e grado d'indipendenza che è loro riconosciuto.

Va comunque detto che l'istituzione di autorità svincolate dal circuito politico-rappresentativo per l'intervento in settori nei quali, per diverse ragioni, l'esigenza dell'autonomia dell'amministrazione è maggiormente avvertita ha posto il diverso

Il problema della sua compatibilità con l'art. 95, che sembra presupporre un'amministrazione organizzata per dicasteri, al vertice dei quali dovrebbe collocarsi un ministro responsabile. Si è quindi cercato, soprattutto in dottrina, di giustificare questa supposta anomalia, resa in taluni casi più evidente dall'attribuzione ad esse di rilevanti poteri normativi, con il richiamo dei valori e degli interessi protetti dalle autorità di cui si tratta, sottolineandosi il carattere neutrale o garante delle loro funzioni, rimarcandosene la diversità rispetto alle normali funzioni amministrative (non è, infatti, mancato chi ne ha inteso il ruolo come 'paragiurisdizionale').

Alcuni profili della loro attività meritano qui di essere rapidamente richiamati. Innanzitutto, come accennavo, molte di esse sono dotate, a presidio della loro autonomia di rilevanti poteri normativi, sia per la disciplina della loro organizzazione interna.

sottolineato si basa su principi fondamentali che possono essere applicati in diversi contesti. Le autorità amministrative indipendenti svolgono un ruolo cruciale nel sistema giuridico di molti paesi. In primo luogo, esse sono caratterizzate dalla loro indipendenza, sia per quanto riguarda la loro struttura organizzativa che per quanto riguarda i procedimenti che si svolgono dinanzi ad esse. In secondo luogo, esse agiscono in modo tale da realizzare quanto più possibile il contraddittorio con le parti coinvolte e garantire la parità delle armi. In terzo luogo, esse sono spesso titolari di funzioni regolative o di garanzia, per le quali l'esigenza di autonomia dall'esecutivo è particolarmente avvertita. Infine, esse, pur non essendo collegate all'indirizzo politico governativo, trovano nel parlamento l'interlocutore istituzionale privilegiato. Questi rilievi manifestano la creazione di un diverso modello di amministrazione, che, se si discosta da quello presupposto nella carta costituzionale, non appare con essa incompatibile, non soltanto perché il modello tradizionale non è sicuramente esclusivo (basti pensare al CSM, agli enti pubblici territoriali e non), ma soprattutto perché, ai fini che qui interessano, il modello sottolineato si basa su principi fondamentali che possono essere applicati in diversi contesti.

Delle amministrazioni indipendenti tende a realizzare al meglio, insieme con la legalità e l'eguaglianza, lo stesso principio della sovranità popolare.

6.- L'istituzione, la proliferazione delle Autorithies ed ora il tentativo di dar loro una razionale ed organica sistemazione non sono però gli unici aspetti innovativi dell'organizzazione e del funzionamento delle pubbliche amministrazioni che ne interessano il rapporto con la sovranità popolare. La legislazione sul procedimento amministrativo, prima, l'imponente processo di privatizzazione insieme con le nuove norme sulla giurisdizione nei confronti dell'amministrazione, poi, hanno, invero, contribuito a spostare verso il cittadino (recte: l'amministrato) il punto di equilibrio del rapporto autorità/libertà. Per un verso, infatti, la l. 241/1990 e, più recentemente, la l. 212/2000 sullo statuto del contribuente hanno mirato ad incanalare in precise regole

procedimentali l'attività amministrativa, creando in capo agli interessati situazioni soggettive di vantaggio, che si collocano all'interno dello stesso

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Publisher
A.A. 2011-2012
7 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher summerit di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Cortese Fulvio.