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Paradossalmente in questo modo si riconferma il principio di autorità perché le norme sono messe indiscussione in nome del bene della comunità. All'interno della realtà familiare le trasgressioni e i richiami all'ordine sono normali nel processo educativo e costituiscono una specie di gioco tra desiderio e principio di realtà; ma se queste sono trasferite nei quartieri diventano reati punibili con la legge. Quindi non è vero che l'adolescenza si è allungata, il fatto è che la crisi personale si scontra con quella della società.
CAPITOLO 3
Nella cultura occidentale educare significava condurre l'altro verso il desiderio e la promessa del futuro, ma al giorno d'oggi le istituzioni deputate all'educazione agiscono come se non ci fosse nessuna crisi e quindi è stato un passaggio dal desiderio alla minaccia. Si è dimenticato quale fosse secondo Freud il fondamento dell'educazione.
Freud lo spiega attraverso il concetto di sublimazione della libido: il ragazzo accetta di negoziare una parte della propria energia vitale passando così da una posizione autocentrata o libido narcisistica, all'attenzione verso il mondo esterno o libido oggettuale. E' il desiderio il fondamento stesso dell'apprendimento, infatti secondo il concetto di libido epistemofilica il bambino ha capacità di avere desiderio di imparare e quindi di consacrare una parte della sua libido agli oggetti del mondo. Il desiderio ha la capacità di porre in relazione e creare legami che l'educazione alla minaccia e lo spirito individualista e autoritaristico tendono a distruggere. L'utilitarismo al giorno d'oggi viene presentato come l'ideologia dominante facendo credere alle persone di dover costruire un mondo della trasparenza dove tutti possano essere giudicati secondo criteri molto spesso semplicemente quantitativi. Nell'utilitarismo scolastico
adesempio il voto è proposto come metro di misura e così si tende a pensare che un ragazzo che va bene a scuola avrà successo nella vita mentre uno che va male sarà un disoccupato ed un fallito. Il problema è che anche gli adulti hanno una visione pessimistica del futuro e lo temono, così si tende a passare da un'educazione spinta dall'invito al desiderio a quello che potremmo chiamare apprendimento sottominaccia. Si mette in atto una specie di selezione precoce che ha lo scopo (non rispettato) di mettere in guardia i giovani verso il mondo. Si predilige l'utile e ogni insegnamento deve servire a qualcosa perché l'unico mito riconosciuto è l'economicismo. In realtà la produttività non è la sola dimensione e i punti di vista non economici non sono affatto chimerici. Di colpo si è creata una gerarchia dei mestieri così che vedendo ad esempio un giardiniere non si pensa più.che quell'uomo ami la sua professione, ma che abbia fallito in qualcosa. In questa logica gli inni alla diversità rimangono dichiarazioni vane e illusorie, almeno fino a che non saranno effettivamente tutelate le diversità dei percorsi individuali.propria identità in realtà lo si sta facendo anche sull'ordine culturale.
CAPITOLO 5
Spesso si ha la tendenza a pensare che le minacce siano solo questioni tecniche risolvibili con un po' di buona volontà. Ognuno è libero di paragonare la minaccia attuale con quelle peggiori del passato e pensare che le società anteriori non ne sono mai state schiacciate, ma in questo modo si rischia di ignorare l'essenziale. La minaccia odierna infatti è più pericolosa perché si insinua nell'indole della società che sembra proseguire in tutta calma il suo cammino, ma che in realtà va verso il declino. Inoltre in teoria sono tutti contro lo sviluppo attuale delle cose, ma sembra che nessuno possa farci nulla. Lo stesso effetto si ha nell'ambito educativo in cui molti possono vedere logico un uso ragionato della minaccia. I genitori e i professori possono ritenere utile l'informazione sui pericoli del mondo, ma
questo in realtà può provocare l'effetto contrario a quello desiderato. Freud ne parlava già nel 1920 con il suo saggio "Al di là del principio di piacere" dove affermava che spesso le persone sono portate a tenere comportamenti per loro nefasti perché questo gli crea un godimento che appunto va al di là del piacere. L'informazione quindi resta una condizione necessaria, ma non sufficiente. Kant nella Critica del giudizio affermava il contrario con la metafora della "bella nella stanza" dove a un uomo viene offerto di fare ciò che vuole con la bella dei suoi sogni rischiando però di morire appena uscito dalla stanza; per lui l'uomo rinuncerebbe a una tale opportunità, ma oggi sappiamo che in realtà avrebbe più attrattiva il pericolo da correre che non la ragazza. L'educazione e l'accesso alla cultura non solo non bastano a proteggere l'umanità dalle barbarie, maspessocreano anche situazioni peggiori. L'occidente ne ha avuto conferma con i campi di concentramento e glistermini del Terzo Reich. La Germania infatti non era un paese qualunque dell'Europa,ma era la culla dellaragione,della filosofia e della scienza. Vedere nascere un mostro simile proprio in quel luogo acompletamente disilluso la società sulla possiblità di costruire un mondo dei lumi senza le ombre.Nonostante questo i responsabili della prevenzione conservano una fiducia kantiana nell'informazione. Lanostra società non fa l'apologia del desiderio,ma piuttosto quella delle voglie che sono dei desideriformattati e normalizzati. La sfida quindi è promuovere spazi e forme di socializzazione animati daldesiderio. Attualmente nell'ambito della medicina e anche della psichiatria si assiste a una tendenzadell'abbandono della profilassi in favore della prescrizione. La psichiatria dovrebbe fondarsi sullaclassificazione delle
patologie seguendo il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM) creato appositamente dall'Associazione degli psichiatri americani (APA). Questo agisce come un sapere prestabilito e il momento dell'incontro col paziente e della diagnosi non sono più il risultato di un progetto condiviso, ma di domande preconfezionate e valutazioni a priori. Si tende a non considerare più il corpo umano, ma quello sociale e lo si fa in termini di costi. Non si vuole mettere in dubbio l'utilità della ricerca psico-farmaceutica e della prescrizione di farmaci, ma solo la loro eccessiva egemonica. Questa clinica della classificazione-prescrizione non è infatti più scientifica, ma solo più redditizia.
CAPITOLO 6
L'evoluzione nel senso di una medicina della classificazione è inscritta in una tendenza più generale della cultura occidentale, cioè la rappresentazione in forma matematica e sistemica del reale per
comprenderlo. Una volta fissate etichette e classificazioni prendono il posto del mondo e la nostra relazione con il mondo diventa una relazione con i modelli. Tutto ciò che deborda è percepito come elemento di disturbo del reale. Ignoriamo il fatto che il reale tende a eccedere i limiti del modello epistemologico. E' vero comunque che senza un lavoro di classificazione e differenziazione non possono esistere sapere e pensiero. La questione dell'etichetta ci rimanda alla norma sociale e al suo funzionamento nelle nostre culture. La norma è legata a una sorta di distribuzione dello sguardo: è normale ciò che non attira lo sguardo. Ciò che si dà a vedere, ciò che bisogna vedere e ciò che si deve ignorare di vedere determina gli elementi di ogni cultura e i limiti da non oltrepassare per rientrare nel corretto. Questo meccanismo determina il rispetto di sé e degli altri. L'opacità agli occhi degli altri.Determina le basi della socievolezza. L'etichetta induce a pensare di star vedendo l'essenza stessa della persona etichettata e induce ad uno sguardo normalizzatore (ex. guardare con eccessivo rispetto un disabile). L'adulto insegna al bambino i limiti dello sguardo. Si perde il diritto all'opacità quando ci si discosta dalla norma.