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Nel tempo sullo stesso caso: si parla in questo caso di studio longitudinale (diacronico). Questo è
- più frequente nelle scienze naturali, basandosi su variazioni nel tempo di variabili (al variare di x
vedo come varia y)
Fra i casi nello stesso tempo: si parla in questo caso di studio trasversale (sincronico). Questo è il
- caso più frequente nelle scienze sociali, in quanto spesso è impossibile manipolare una variabile per
vederne gli effetti.
Le variabili sono l’elemento centrale dell’analisi empirica, i termini essenziali, gli elementi fondamentali
delle scienze sociali. Il passaggio dai concetti alle variabili, l’operativizzazione, risulta essere una scelta
arbitraria della definizione operativa dell’autore della ricerca. L’autore infatti può scegliere qualsiasi modo
per operativizzare i concetti, ma deve esplicitare e giustificare le sue scelte. La definizione operativa perciò
comporta una limitazione ed un impoverimento del concetto, ma il pericolo più grande risulta essere nella
sua reificazione: si rischia di scambiare il valore, particolare e arbitraria interpretazione del concetto con il
concetto stesso. La definizione operativa comunque è il fondamento della scientificità e oggettività della
ricerca sociale. Ritornando alle variabili, esse sono di tre tipi, e vengono classificate in base alle
caratteristiche logico-matematiche delle variabili, distinzione che permette di stabilire le procedure di
elaborazione statistica che si posso utilizzare:
Variabili nominali: si ha una variabile nominale quando la proprietà da registrare assume stati
- discreti ma non ordinabili. La proprietà può assumere una serie di stati finiti, non esistono stati
intermedi e non sono ordinabili, non esiste una gerarchia tra loro. Le uniche relazioni che possiamo
fare tra le modalità sono se due modalità sono uguali o diverse, e al massimo possiamo usare
l’operazione della classificazione, ponendo gli stati della proprietà in categorie che devono avere le
caratteristiche di esaustività (ogni caso deve poter essere collocato in una categoria), mutua
esclusività (ogni caso deve poter essere collocato in una sola categoria) e l’unicità del criterio di
divisione. Il valore associato alle modalità serve solo per identificare la categoria, non ha valore
numerico. Quando le variabili sono solo due esse vengono dette dicotomiche, in quanto possono
essere trattate statisticamente con strumenti non applicabili alle variabili nominali.
Variabili ordinali: si ha una variabile nominale quando la proprietà da registrare assume stati
- discreti ordinabili. L’ordinamento, l’assegnazione a modalità ordinate, permette di stabilire
relazioni di uguaglianza o no e anche di istaurare relazioni di ordine, sebbene non sia nota la distanza
che intercorre tra le diverse modalità. Perciò l’attribuzione dei valori non potrà essere più casuale ma
dovrà seguire il senso logico dell’ordine degli stati, ma i valori avranno solo un significato ordinale.
Le variabili possono essere ordinali o perché derivano da proprietà costituite da stati discreti o perché
derivano da proprietà continue registrate su una sequenza ordinale per difetto di strumenti di
misurazione.
Variabili cardinali: sono variabili per le quali i numeri assegnati alle modalità hanno pieno
- significato numerico, in quanto i numeri posseggono anche le proprietà cardinali, perciò si potranno
anche stabilire relazione attraverso la somma e la sottrazione dei valori, e si conosce la distanza
esistente tra due valori. Si ottengono variabili cardinali attraverso due processi di operativizzazione
della proprietà:
1) La misurazione: si ha la misurazione quando la proprietà da misurare è continua, potendo assumere
infiniti stati intermedi in un intervallo tra due stati qualsiasi e possiede un’unità di misura stabilita.
2) Il conteggio: si ha il conteggio quando la proprietà da registrare è discreta (assume stati finiti, non
frazionabili) ed esiste una unità di conto, un’unità elementare che è contenuta un certo numero finito
di volte nella proprietà dell’oggetto.
Le variabili cardinali hanno anche le caratteristiche delle variabili nominali ed ordinali. Un sottoinsieme
consiste nelle variabili quasi-cardinali, che derivano da tecniche che si avvicinano alla misurazione
attraverso metodi matematico-statistici quando questa non è possibile (es. tecnica delle scale). In quanto alle
tecniche di elaborazione statistica, queste sono di due tipi, uno applicabile alle variabili cardinali e le altre
alle variabili nominali.
Unità di analisi
Un’unità di analisi è l’oggetto sociale al quale afferiscono, nella ricerca empirica, le proprietà studiate.
Per definire il disegno della ricerca, cioè come lavorare empiricamente, bisogna per prima cosa stabilire
l’unità di analisi. L’unità di analisi è perciò cosa si va a studiare per controllare empiricamente la mia teoria.
La traduzione empirica di un concetto astratto avviene assegnandolo come proprietà ad un oggetto sociale
concreto, che è proprio l’unità di analisi. Si possono individuare nelle ricerche sociologiche 5 tipi di unità di
analisi: L’individuo: è l’unità di analisi più frequente nelle ricerche sociologiche.
- Aggregato di individui: quando l’unità di analisi è un collettivo. Può essere un aggregato territoriale
- di individui per esempio. Distinguendo l’unità di analisi dall’unità di rilevamento, l’unità di analisi
sarà il collettivo, mentre l’unità di rilevamento sarà l’individuo.
Gruppi-organizzazioni-istituzioni: quando l’unità di analisi è formato da un gruppo,
- un’organizzazione o una istituzione, fino ad arrivare anche a stati e nazioni intere.
L’evento: come le persone si comportano rispetto ad un evento o quando proprio causano un evento
- Il prodotto culturale: per esempio quando l’unità di analisi è un messaggio di comunicazione di
- massa scritta o orale.
I casi sono gli esemplari di una data unità di analisi inclusi in una determinata ricerca. I casi, a
differenza dell’astrazione dell’unità di analisi, sono multipli e concreti, e costituiscono gli oggetti
specifici della ricerca empirica. I casi localizzano nel tempo e nello spazio l’unità di analisi.
Concetti indicatori e indici
Nel processo di traduzione empirica un concetto viene applicato ad un oggetto (unità di analisi), ne
diviene una proprietà, viene operativizzato. Ma quanto più il concetto è generale quanto più è complicato
darne una definizione operativa. Si possono classificare i concetti in base ad un continuum dato al
diverso grado di generalità-specificità. Un concetto specifico è solitamente più facilmente osservabile
rispetto ad un concetto generale dal punto di vista empirico. Per dare una definizione operativa di
concetti astratti nelle scienze sociali si utilizzano gli indicatori. Gli indicatori sono concetti più semplici
e specifici legati ai concetti da un rapporto di indicazione o di rappresentanza semantica (di significato);
si scende nella scala di generalità a concetti specifici affini a quelli generali. Un concetto non può essere
però esaurito da un solo indicatore, e un indicatore non può sovrapporsi solo parzialmente al concetto
per cui è stato scelto ma dipendere per il resto da un altro concetto. Un indicatore è in grado di cogliere
solo un aspetto della complessità di un concetto generale; perciò è necessario ricorrere a più indicatori
per rilevare operativamente lo stesso concetto. Inoltre, un indicatore può essere connesso a più concetti
dal contenuto semantico anche diverso. Su questo punto Marradi parla di parte indicante e parte
estranea di un indicatore, dove la prima è la parte del contenuto in comune con il concetto per cui è stato
scelto come indicatore, mentre la seconda gli è estranea. La scelta degli indicatori è comunque
nuovamente arbitraria del ricercatore, che ha solo l’obbligo di spiegare la sua scelta.
Riassumendo possiamo dire che la rilevazione empirica di un concetto passa attraverso quattro fasi:
Articolazione del concetto in dimensioni: pura riflessione teorica in cui il concetto viene analizzato
- nelle sue principali componenti di significato
Scelta degli indicatori: individuazione di indicatori afferenti ad ogni dimensione.
- Operativizzazione indicatori: trasformazione degli indicatori in variabili.
- Formazione degli indici: la formazione degli indici interviene sono in caso di concetti complessi
- che richiedono più indicatori, mentre non si pone per concetti semplici. Quando un concetto viene
scomposto in dimensioni e rilevato attraverso una molteplicità di indicatori, si pone l’esigenza di
sintetizzare in un unico indice la pluralità delle variabili che abbiamo prodotto.
A volte il processo di traduzione di un concetto in operazioni empiriche non viene realizzato in questa
sequenza temporale, ma in altre, o il ricercatore non rileva i dati ma li raccoglie da altre ricerche già fatte.
Errore
Non è inusuale in una ricerca sociologica imbattersi in un errore di rilevazione, lo scarto tra il concetto
teorico e la variabile empirica. Alla luce di ciò si può dire che il valore osservato, cioè il valore della
variabile rilevato, è la somma di tra parti: il valore vero della variabile non rilevato, l’errore sistematico e
l’errore accidentale.
L’errore sistematico è un errore costante che inficia in modo sistematico la ricerca e che può
- dipendere dagli indicatori usati per la ricerca.
L’errore accidentale è un errore variabile, che varia da rilevazione a rilevazione.
-
Gli errori si possono commettere lungo tutto l’iter della ricerca sociologica, sia nella fase teorica, chiamata
di indicazione, sia nella fase empirica, chiamata di operativizzazione.
Gli errori in fase di indicazione risultano nella scelta degli indicatori atti a rappresentare un certo
- concetto, ed è perciò un errore sistematico. Un indicatore è scelto male quando copre malamente o
troppo parzialmente il concetto, quindi si ha un difetto nel rapporto di indicazione. Deve quindi
avere una parte indicante molto maggiore della parte estraniea.
Gli errori in fase di operativizzazione possono essere sia sistematici sia accidentali. Essi possono
- accadere in tre diversi momenti: la fase di selezione delle unità studiate, la fase di rilevazione dei
dati chiamata di osservazione e la fase di tratta