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PERULLI
-Cinquant’anni, tre fasi.
La produzione sociale dello spazio economico ha conosciuto nel mezzo secolo che va dagli anni
70 ai giorni nostri, una significativa accelerazione. Il sistema di produzione flessibile e modulare,
che in questi decenni è arrivato a dominare il mondo dell’epoca globale, prevede organizzazioni
decentrate e connessioni multilple tra le diverse unità remote distribuite a scala planetaria. La
concentrazione spazio-temporale resa possibile dalle nuove tecnologie di rete e il sistematico
superamento dei confini locali e nazionali sono gli elementi essenziali per capire la
globalizzazione. Il nuovo sistema, inventato tra Giappone e Stati Uniti, ha trovato in Europa uno
sviluppo già in parte predisposto: si tratta di forme insediate reticolari basate sulle maglie urbane e
conoscenza in nuove direzioni.
Il periodo qui considerato può essere scomposto in tre sotto-periodi:
1) la crisi spaziale del fordismo (1960-70)
2)lo spazio dei sistemi produttivi locali (1980-90)
3)il dinamismo spaziale delle reti (2000-…)
1)La crisi spaziale del fordismo
In questo periodo emergono fenomeni di metropolizzazione circoscritti alle città capitali e alle
metropoli industriali, immerse in un mondo segnato ancora dal dualismo economico tra industrie
della produzione di massa e mondo rurale. Si trattava di un dualismo anche politico: da un lato la
società industriale fondata sulle organizzazioni di classe e sul conflitto, dall’altro sistemi
premoderni funzionali al mantenimento del consenso dei ceti sociali moderati del piccolo
commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura.
Gli stati nazionali procedevano mediante una modernizzazione dall’alto decisa dal centro e messa
in opera da agenzie centrali (poles de croissance= poli di sviluppo) . Ma la modernizzazione
dall’alto causò processi complementari di polarizzazione e desertizzazione socio territoriale che
accentuavano quegli stessi squilibri socioeconomici che le politiche regionali europee erano
chiamate a mettere in discussione.
In questo momento solo la Gran Bretagna si presentava fortemente urbanizzata, seguita dai Paesi
Bassi. Solo intorno agli anni 70 la vita urbana era diventata assai più omogenea e con poche
eccezioni , la maggioranza della popolazione dei paesi europei era ormai divenuta cittadina.
2)Lo spazio dei sistemi produttivi locali
In seguito alla crisi del fordismo in Europa si apre un ventennio basato su distretti industriali,
sistemi locali, piccole e medie imprese,diffusione insediativa, delocalizzazione. E’ il cosiddetto
modello della “Terza Italia” introdotto da Arnaldo Bagnasco (1977) definisce il peculiare sistema di
produzione flessibile di piccole imprese delle regioni italiane Centro-Nord-Est, ed è divenuto il più
fortunato paradigma di economia locale finendo per dominare la rappresentazione socioeconomica
territoriale europea.
Il modello Baden-Wuerttmberg centrato su un distretto industriale a base regionale ha
rappresentato un’altra variante assai famosa. In questo caso si trattava di un sistema basato su
una città centrale (Stoccarda) e su altre città medie interconnesse in rete nella produzione di
“filiera”, un prodotto regionale (che era l’automobile e la sua subfornitura).
Questi sistemi produttivi hanno in comune un uso dello spazio meno concentrato e più diffuso
rispetto al modello fordista, forme di cooperazione allargata tra strutture e imprese diverse e tessuti
sociali densi e pronti allo scambio di conoscenze idiosincratiche.
Oggi i paesi ai primi posti nella performance innovativa mondiale sono quelli nordeuropei:
Finlandia, Svezia e Danimarca.
In questi anni l’elemento nuovo è l’apertura ad Est dell’Europa. In primo luogo l’Est è stato e si
qualifica sempre più per essere la grande area di subfornitura dell’industria europea. Ma si tratta
prevalentemente di investimenti attratti dal basso costo del lavoro locale, e quindi concentrati in
settori ad elevata intensità di lavoro e di energia. La seconda ipotesi tracciata è che l’Est
rappresenti un colossale serbatoio di forza-lavoro pronta al dumping sociale (principale fonte di
immigrazione per paesi come Germania, Austria, Scandinavia). Una terza ipotesi è che l’Est
alimenti flussi migratori diretti verso i paesi ad elevato benessere (ipotesi complementare).
L’apertura ad Est ha per ora comportato, qualunque sia l’intepretazione, una drastica divaricazione
dei differenziali di reddito tra i paesi membri dell’Europa. Tra gli effetti principali vi è stata quindi
l’uscita di molte regioni periferiche dall’Europa dall’ambito dell’intervento di sostegno previsto dalle
politiche regionali di coesione, a vantaggio dei nuovi stati dell’Est.
E’ avvenuto così che la territorialità e la dinamica dello sviluppo abbiano comportato l’ascesa, il
declino ed eventualmente la scomparsa di certe combinazioni istituzionali basate sulle relazioni tra
diversi attori politici ed economici locali. Questi sistemi produttivi locali si basano
sull’apprendimento reciproco e sull’adeguamento processuale da parte di una pluralità di attori,
pubblici e privati, nessuno dei quali è dotato di visione completa ma ognuno è consapevole di
dover fare affidamento sui punti di vista degli altri.
Nel frattempo la globalizzazione dei mercati, la loro apertura e soprattutto la massiccia immissione
di merci provenienti dalle nuove aree mondiali emergenti hanno creato un quadro di competizione
e di selezione territoriale senza precedenti.
3) Il dinamismo spaziale delle reti
L’emergere delle reti elettroniche e di Internet è stato il fenomeno “spaziale” più rilevante dell’intero
periodo considerato. Ha comportato la creazione di uno spazio unificato virtuale e fluido in ragione
del nuovo paradigma tecno-economico. L’emergere di un dispositivo interattivo hanno modificato
profondamente spazio e tempo. Si afferma la governante, cioè la creazione e lo sviluppo di nuove
reti di relazione tra attori locali e globali, prossimi e remoti.
Un ripensamento radicale del concetto di “locale” è alla base dell’attuale ritorno delle città nella
forma di “città delle reti”. Questa metafora indica che il locale è sempre più connesso e mescolato
al globale: originando forme “globali-locali”, senza precisi confini. Il mondo della produzione
centrata su prodotti regionali viene sostituito dall’immagine di prodotti fatti nel mondo.
-Le economie locali “knowledge based”
Con l’emergere dello spazio dei flussi e delle reti si sta affermando una diversa idea della
produzione del valore nell’epoca dell’economia della conoscenza. I sistemi locali diventano
knowledge-based se riescono a incorporare conoscenza globale (astratta) e a fissarla alla
conoscenza locale (contestuale) che è tipica di un luogo specializzato. L’idea è che l’aumento del
contenuto di conoscenza nelle relazioni economiche che si svolgono nel mercato, il fatto che tra gli
attori si realizzino scambi essenzialmente di conoscenza, stiano modificando i vecchi fattori
spaziali e istituzionali dell’economia in modi che possono essere osservati empiricamente in
concreti contesti di azione.
a) modificato lo spazio-tempo dei processi economici annullando le distanze, rendendo istantanee
le transazioni e rimescolando conoscenza astratta e contestuale
b)nei processi di valorizzazione sono diventati essenziali chi possiedono lavoro della conoscenza
da immettere nei sistemi di produzione
c) oggi è l’intera società ad assumersi il rischio dell’investimento
-Reti tecniche nello spazio globale
All’inizio della nuova economia della conoscenza sta la realtà delle reti tecnologiche: esse da
disciplina pratica dell’ingegneria informatica assumono sempre più il valore di “media” generali
dell’agire. La conoscenza scientifica incorporata nei mezzi tecnologici ha reso possibile la profezia
di Keynes (1931) per cui uno dei fattori determinanti della prosperità economica è “la nostra
volontà di affidare alla scienza la direzione delle questioni che sono di sua stretta pertinenza”.
Gli strati sociali che popolano la nuova economia della conoscenza sono una realtà ancora
sfuggente. Infatti mancano analisi strutturali che ne approfondiscano la mappatura. Si tratta in gran
parte di nuovi arrivati sulla scena economica, sociale e culturale. E vanno visti senza presupporre
che la sfera tecnica dell’impresa e il nuovo ethos professionale si identifichino nelle stesse figure.
Accanto a una crisi di regolazione si manifesta una crisi altrettanto forte delle forme organizzative
che si affidano agli automatismi della Grande Organizzazione. Emerge il bisogno di forme nuove di
auto – organizzazione da parte dei soggetti in rete : e questo è uno dei possibili percorsi dello
sviluppo locale.
-Varietà istituzionale e traiettorie dello sviluppo locale
La nuova economia della conoscenza mette in evidenza un apparente paradosso, che è stato
colpo dagli studiosi dei sistemi produttivi locali in Europa. Proprio mentre la rete Internet sembra
imporre un pensiero unico dell’individuo e del mercato, nello stesso tempo le soggettività delle
imprese e dei mercati, le diseguaglianze di accesso e le varietà si rafforzano. In altri termini proprio
l’affermarsi di un equivalente universale come la rete stimola la ricerca di soluzioni, prodotti, servizi
fatti su misura di nicchie specializzate. La nuova economia della conoscenza sembra più destinata
a favorire la varietà e le differenze che ad omologare i comportamenti degli attori intorno a un
paradigma tecnologico unico. A questa questione cruciale si connette il tema della varietà
istituzionale.
BALLARINO
Nella seconda metà del Novecento l’espansione dei sistemi di istruzione europei ha investito i
livelli scolastici superiori: una volta generalizzata l’istruzione di base, sono gradualmente
aumentate sia la partecipazione alla scuola media sia, successivamente, quella all’istruzione
universitaria (processo cominciato nell’800 con la scuola obbligatoria di massa).
-La specificità della scuola europea
Esiste una specificità dei sistemi di istruzione europei? La risposta la si trova nel lavoro dei
sociologi dell’istruzione e dei sociologi storici nordamericani.
-a) L’istruzione di massa : origini europee, successo globale
L’analisi neo-istituzionalista delle organizzazioni, sviluppatasi a partire dagli anni Settanta, e della
teoria della modernizzazioni hanno studiato approfonditamente le organizzazioni scolastiche, le
quali sono una delle principali organizzazioni burocratich