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SOCIABILITÀ

Tale termine indica sia la disposizione generica degli esseri umani a stabilire con gli latri un qualche tipo

di relazione sociale sia le molteplici manifestazioni concrete di tale disposizione sotto forma di gruppo,

associazione, comunità, massa sulla base di determinati bisogni o interessi.

Rispetto a socialità, sociabilità è priva di connotazioni valutative, ad es. la guerra, considerata l’opposto

della socialità, rientra tra le manifestazioni di sociabilità.

Rispetto ad associazione, che indica solo i processi di avvicinamento tra due soggetti, sociabilità comprende

anche i processi dissociativi e di allontanamento.

SOCIALIZZAZIONE

Insieme dei processi attraverso i quali un individuo sviluppa lungo tutto l’arco della vita, nel corso

dell’interazione sociale con un numero indefinito di collettività, il grado minimo, e a certe condizioni gradi

più elevati, di competenza comunicativa e di capacità di prestazione, compatibile con le esigenze della

sua sopravvivenza psicofisica entro una data cultura e ad un dato livello di civiltà.

Ogni definizione di socializzazione sarà diversa in base al modello di formazione della personalità che si sta

usando.

Ogni definizione di socializzazione può essere raggruppata in 3 gruppi, a seconda che accentui:

• L’apprendimento delle prescrizioni di ruolo in forza delle quali l’individuo è plasmato come essere

sociale capace di pensare e agire in conformità ai valori ed alle norme dominanti nella società di cui

fa parte, o di un dato settore di essa. In questo modo per l’individuo sarà gratificante agire come

deve agire in base ai ruoli che gli sono prescritti.

• La riduzione dell’ampio rango di potenzialità che l’individuo possiede alla nascita ad un rango molto

più piccolo, che è confacente ai codici morali della società o del gruppo di cui fa parte.

• La relativa autonomia che l’individuo possiede dinanzi ai vari tipi di situazione che via via deve

affrontare, e la sua capacità di sviluppare un proprio modello di comportamento sociale rilevante e

coerente non necessariamente conforme a delle aspettative di ruolo.

Per socializzazione primaria s’intende quella che interviene nei primi anni di vita, mentre quella secondaria

comprende tutti i processi successivi. Queste due si distinguono in varie fasi o stadi, la natura di tali fasi, la

loro durata e la sequenza variano a seconda del modello di personalità cui ci si riferisce.

SOCIALIZZAZIONE POLITICA

È l’insieme dei processi di formazione della personalità e del carattere sociale, intercorrenti tra la prima

infanzia e la fine dell’adolescenza, che per loro natura e contenuto danno origine a tratti psichici

durevoli, avanti rilevanza diretta per il sistema politico: concezioni della politica, immagine della società,

pulsioni autoritarie o libertarie, atteggiamenti pro o contro all’esercizio della democrazia, disposizione

consapevole alla partecipazione, adesione morale ed affettiva ad una data ideologia.

La socializzazione politica appare dipendere dalla comunicazione tra il soggetto e altri soggetti

significativi, in primis i genitori, attorno a temi, valori, messaggi propri della sfera politica, oppure dal

modo in cui il soggetto ha esperito fatti della vita politica.

È corretto affermare che tutti i soggetti ricevono una socializzazione politica che può essere completa,

incompleta, inadeguate o nulla, sulla base del presupposto (non sempre vero) che il comportamento

politico dipenda dalla socializzazione politica ricevuta.

In senso largo la socializzazione politica può essere definita come l’insieme dei bisogni, degli interessi,

degli atteggiamenti aventi possibile rilevanza per il comportamento politico, derivati dai tratti della

personalità e del carattere sociale che il soggetto sì e formato, anche nei casi in cui non sia stato esposto

né ad informazione, né a condizionamenti, né ad alcuna esperienza attenente alla sfera politica. In questa

accezione tutti i soggetti hanno una socializzazione politica dalla quale dipenderanno i comportamenti

politici ritenuti rilevanti.

SOCIETÀ GLOBALE

Espressione che acquista significato nella teoria della società di Gurvitch. Indica il carattere organico di

ogni società storicamente determinata, ovvero il fatto che tutte le strutture sociali e culturali, le pulsioni

motivazionali, i valori, i tipi di gruppo, di classe sociale, i ruoli, i modelli di comportamento formano un

tutto entro il quale l’insieme dei rapporti tra i diversi elementi costituisce una struttura in temporaneo

equilibrio che conferisce una forma particolare a ciascun elemento o piano.

Secondo Gurvitch esistono 4 tipi di società globale:

• Società dirigista, cioè il capitalismo maturo.

• La società fascista su basi tecnico-burocratiche.

• La società pianificata secondo i principi dello statalismo collettivo.

• La società pianificata secondo i principi del collettivismo pluralista.

SOCIETÀ POST-INDUSTRIALE

Società in cui:

• La maggioranza delle forze di lavoro, grazie anche all’automazione, non è più occupata

nell’industria come nella società industriale, ma è occupata nel settore dei servizi, sebbene il

volume della produzione di beni rimanga molto alto; la maggior parte del reddito nazionale è

prodotta dal terziario;

• I rapporti politici e economici, le relazioni sociali, la cultura appaiono molto meno condizionati

dall’attività industriale;

• Si recuperano relazioni, valori, modelli di vita pre-industriali e se ne formano di nuovi;

• Forte espansione degli strati intermedi;

• La scienza diventa fattore di produzione e fondamento del potere.

Esistono almeno 3 diverse varianti del concetto di società post-industriale:

1. Quella di Robert Jungk, secondo cui la società post-industriale è una società che si rifiuta di

percorrere la sequenza storica degli stadi d’industrializzazione perché si è resa conto dei danni

causati dal sistema industriale (inquinamento, alienazione, inaridimento della creatività e dei valori

morali). Mettono da parte valori e modi tipici dell’industrialismo per creare una società che sappia

conciliare un diverso impiego della scienza e della tecnologia con i valori della tradizionale cultura

comunitaria.

2. Quella di Alain Touraine secondo cui l’industria continua a svolgere un ruolo centrale ma né le

direzioni delle industrie né i sindacati rappresentano più soggetti di primo piano nella lotta al

potere economico e politico. Il conflitto si è spostato dalla distribuzione del reddito prodotto

dall’industria tra imprenditori e lavoratori all’orientamento e alla formazione delle decisioni che

riguardano la programmazione della società sotto ogni suo aspetto (scuola, trasporti,

amministrazione pubblica, ecc.).

3. Quella di Daniel Bell secondo cui la società post-industriale è una società che ha superato il

culmine dell’industrializzazione, iniziando un nuovo ciclo di sviluppo sociale, che vede l’attività

industriale relegata in posizione periferica, in cui si da molto più spazio allo sviluppo del settore

dei servizi e della tecnologia.

LAVORO

1. Lavoro: attività diretta mediante un dispendio di tempo ed energie a modificare le proprietà di

una qualsiasi risorsa materiale o simbolica per accrescerne l’utilità per sé o per altri, col fine di

trarre dei mezzi di sussistenza. La sociologia studia sia le variazioni dell’organizzazione, della

qualità e del valore del lavoro mettendole a confronto col variare del modo di produzione, della

tecnologia, della struttura tecnica ed economica delle aziende, della composizione sociale della

popolazione, sia gli effetti che i vari aspetti del lavoro hanno sui lavoratori, sulla società, sull’uso del

tempo libero, sulla qualità della vita. La sociologia del lavoro interseca vari campi di ricerca quali la

sociologia dell’azienda, dell’industria, delle professioni.

2. Stadi della riflessione sociologica sul lavoro:

1) Trasformazione radicale del lavoro rispetto al passato, vista come un peggioramento della

sua qualità;

2) Trasformazione del lavoro che provoca effetti sugli operai, modificando le abilità richieste, la

loro posizione sociale e le condizioni a cui devono vendere la propria forza-lavoro;

3) Effetti precedenti, considerati sempre dannosi, innescano reazioni a vari livelli da parte dei

lavoratori e delle loro associazioni;

4) Si sviluppano interpretazioni sociologiche che vertono sia sulle cause di trasformazione del

lavoro, sia sulle conseguenze sociali;

5) L’interazione delle varie reazioni al peggioramento della qualità del lavoro e le

interpretazioni sociologiche, stimolano proposte più o meno radicali e tentativi di migliorare

la situazione per restituire la qualità perduta al lavoro, umanizzandolo.

Una simile frequenza si è riprodotta ciclicamente più volte nelle società industriali fino ai giorni

nostri, sempre arricchita e complicata da dall’inserimento di nuovi elementi. Dalla storia della

sociologia del lavoro si può dedurre quali siano i suoi limiti e le distorsioni. Essa infatti si è sempre

occupata del lavoro industriale, recentemente non solo operaio ma anche impiegatizio, ma quasi

mai ha trattato il lavoro agricolo, viste le forse poche trasformazioni che quest’ultimo ha subito nel

tempo non paragonabili a quello industriale. Altra ragione è il declino numerico degli addetti

all’agricoltura e il parallelo aumento degli addetti all’industria e ai servizi, che ha portato una

perdita di visibilità politica e culturale dei primi a favore appunto dei secondi. Tale distorsione

riflette l’dea della sociologia che l’industria sia da ogni punto di vista il settore determinante della

struttura delle società moderne. Altra distorsione è la concentrazione degli studi sul lavoro

maschile. Erano rare infatti le ricerche sul lavoro della donna.

3. Nel concetto di qualità del lavoro sono presenti anche tutte le forme e i tipi in cui esso si

presenta. Ci sono stati nel tempo vari eventi che hanno determinato i criteri da adottare per

l’analisi e l’organizzazione del lavoro. Il più rilevante è stata la protesta dei lavoratori nei

confronti di varie caratteristiche dell’organizzazione del lavoro che veniva loro imposta. La

protesta era ed è dovuta alla molteplicità dei bisogni del lavoratore violati dal modello dominante

di organizzazione del lavoro. La qualità del lavoro quindi non può essere definita ba

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Publisher
A.A. 2019-2020
40 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lucamileva97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Scalon Francesco.