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La produzione di massa nel Novecento
Nel corso del Novecento si è affermata una produzione di massa, una produzione in grande quantità di cose, che dovevano costare poco e permettere a tutti di vivere meglio. La catena di montaggio è un processo che costa molto applicarla, una volta che l'imprenditore l'ha applicata è difficile che venga smontata, o convertita. Questo è un motivo per cui la maggior parte delle industrie che si sono affermate nel corso del secolo sono state proprio formate sulla catena di montaggio. Questo paradigma ebbe tutta una serie di effetti collaterali per chi lavorava, alienazione, crisi, monotonia, ripetitività.
Questo è un paradigma che regge fino agli anni '70, quando comincia ad andare in crisi, proprio grazie ai processi di globalizzazione e la crescita di molti paesi concorrenti. La catena di montaggio poteva essere utilizzata solo per produrre certi tipi di bene, poteva essere estesa in alcuni ambiti dell'industria ma non in tutti.
tutti: sarebbe stato infatti impossibile applicarlo nellaproduzione di beni di alta qualità. Quindi elementi sia esogeni che endogeni, che hannoportato a galla i punti deboli di questo modo di produrre.C'è anche da ricordare che l'educazione, nel Novecento, è diventata di massa, e questo non èun particolare di poco conto. Nel momento in cui questa non è più una risorsa di pochi, illavoro dell'operaio diventa un lavoro poco desiderato, si cerca altro. Il consumatore sviluppadelle esigenze diverse rispetto al passato, e le stesse modalità di acquisto cambiano, perché sicomincia ad acquistare dei beni che hanno una componente di qualità più elevata. Non siguarda più esclusivamente alla quantità, ma anche alla qualità dei prodotti, e si va verso unapersonalizzazione dell'acquisto. Basti pensare alla pubblicità, la stampa, la televisione,internet per capire che il mercatodiventa qualcosa di molto più fluido e stimolato. Tutto ciò ha portato all'epoca post-fordista, un'epoca diversa di produzione capitalistica in cui si cercava di essere più flessibili, più innovativi, proprio perché si voleva rispondere a esigenze di prodotti diversi. Michael Piore è Charles Sabel, del Massachusetts Institute of Technology, ci dicono che i consumatori sono diventati dei clienti difficili da conquistare, e bisognava quindi cercare di produrre prodotti sempre diversi, prodotti su misura. Il consumatore quindi non è più la parte passiva, che acquisto qualsiasi cosa. È un consumatore più istruito, più protagonista rispetto al passato. C'è un cambiamento anche nella organizzazione, con i "circoli di qualità" di cui si è già parlato. Non richiede anche la formazione di laboratori più competenti, non soltanto più istruiti ma in
costante aggiornamento. Nel film si vede bene questa volontà da parte imprenditoriale di legare la forza lavoro molto di più ai propri destini, cercando cioè di far parte tutti della stessa squadra, in questo saltando la mediazione del sindacato. Ed è questo il motivo per cui in questo periodo cominciano ad entrare in crisi, perdendo iscritti. C'è una crisi di rappresentanza che invade i sindacati. Si affermano queste tendenze di lavoro che sono tipiche dei momenti di crisi, come il "just in time", un classico modo di produrre orientale. In tempi di crisi economica le industrie devono riorganizzarsi, anche in piccole aziende, riprendendo anche questa tendenza orientale del "just in time". Nel momento in cui il mercato diventa più turbolento e instabile, non si tende più a tenere le scorte nel magazzino, perché c'è il timore di non poterle vendere. L'imprenditore quindi si abitua a produrre sul momento,
a seconda di quali sono gli ordinativi. Altro aspetto è quello legato al fatto che il lavoro diventa di tipo più impiegatizio, si comincerà ad avere una perdita del potere del lavoro industriale tipico del secolo scorso, e si avrà anche un grande sviluppo del terziario. Le industrie continueranno ad esistere, ma accanto a queste si sono affermati altri tipi di lavoro. Nel momento in cui si assiste all'istruzione di massa, sia hanno non soltanto uomini lavoratori ma anche lavoratrici, soprattutto dagli anni '80, quale si assiste a una femminilizzazione del mercato del lavoro. Entra in crisi il modello parsonsiano di famiglia, che legava la sfera lavorativa esclusivamente alla figura maschile, un ruolo strumentale tutto proteso verso la sfera pubblica. Bisogna a questo punto parlare anche di una segregazione occupazionale, perché ci fa capire che la realtà è ben lontana dalla parità. Le donne spesso svolgono lavori "da donna".Il lavoro delle donne è spesso ripetitivo e poco retribuito. Si distingue tra una segregazione verticale e una orizzontale: la prima vuol dire che le donne sono più presenti nelle posizioni più basse, in quelle posizioni lavorative che hanno meno potere; la seconda vuol dire che si distingue la posizione di genere sulla base della categoria lavorativa, gli uomini svolgono i classici lavori di ingegnere, informatico, architetto etc., mentre ci sono altre categorie lavorative che le donne tendono a ricoprire, come la segretaria o la maestra etc. L'effetto di tutto questo è che le donne sono più presenti nel mondo del lavoro, ma quando si tratta di posizioni più alte, queste sono occupate essenzialmente da figure maschili. Ci sono dei divari di genere che sono molto più visibili quindi nelle posizioni di potere più alto. Spesso, nel momento in cui si parla di contratti di lavoro che sono flessibili, la possibilità viene immediatamente scaricata sui ruoli femminili.
Un lavoro come il part-time è da sempre un contratto di gran lunga più usato dalle donne che dagli uomini. Vi è anche un grande divario retributivo: a parità di mansione, il lavoro delle donne è nettamente meno retribuito rispetto a quello degli uomini. Noi tendiamo a pensare perché le donne. C'è da dire anche che la disoccupazione femminile è più alta di 20 punti percentuali rispetto a quella maschile. È uno spreco capitale, perché se oggi le donne si formano molto più dei maschi, te rimangono più a lungo nei circuiti formativi e dopo l'acquisizione del titolo di studio impiegano molto più tempo a trovare lavoro, e quando lo trovano spesso si fermano subito (fenomeno del "leaky pipeline") di solito a causa della nascita di un figlio. Oggi si parla di un lavoro che è sicuramente diverso rispetto al passato perché c'è molta più formazione.l'apporto individuale del singolo. Si parla molto di un lavoro in cui rientra il bagaglio scientifico dell'individuo, si parla di competenze, della necessità di far sì che si possa affermare il "portfolio worker", un lavoratore flessibile perché è destinato anche a cambiare spesso lavoro nell'arco della sua vita. La flessibilità è anche molto subita dal lavoratore, perché non sempre è voluta. La devianza La devianza è un altro dei temi classici della sociologia. È un tema molto studiato ed è quello che nasce con la sociologia. Ho parlato della scuola di Chicago, cioè quel gruppo di studiosi che aveva seguito le lezioni di alcuni studiosi esuli europei, sfuggiti dalle dittature che dominavano nei loro paesi. Una parte di sociologia europea si è inserita nel contesto americano, e Chicago è una roccaforte. Robert Ezra Park, Ernest Burgess, Neil Anderson, Edwin Sutherland sono alcuni.dei membri che hanno fondato la scuola di Chicago. Park non era nemmeno un sociologo, ma un giornalista, e Anderson era addirittura un esiliato sociale, un vagabondo (una delle sue opere più importanti è appunto "il Vagabondo", frutto degli studi compiuti sulle persone ma anche su se stesso). Quest'ultimo ha compiuto molti studi su quanti sono i vagabondi nella Chicago dell'epoca, che problemi hanno, come sono i rapporti tra i generi che vivono questa condizione di povertà e vulnerabilità sociale. La scuola di Chicago si muove proprio in questa direzione, sono autori, non per forza sociologi, molto interessati a fare ricerca in prima persona, andare nelle città per vedere quali sono i problemi che l'urbanizzazione di fine Ottocento aveva creato. Questi autori sono i primi che si interessano allo studio di fenomeni che fino a quel momento erano stati veramente poco indagati, anche dalla stessa scuola funzionalista. La devianza è
proprio uno di questi argomenti che vengono particolarmente studiati. Nella nostra vita siamo costantemente obbligati a seguire delle norme sociali. Che le si seguano o no, per ogni azione che l'individuo compie c'è una sorta di risposta che la società dà. Queste risposte sono le sanzioni, che possono essere positive o negative. Se l'azione che l'individuo ha svolto è conforme alle aspettative, segue le norme sociali, la sanzione sarà positiva. Se l'individuo ha compiuto un'azione che si allontana dalle norme sociali, la sanzione che la società metterà in atto sarà negativa. La devianza è la non conformità alle norme sociali. La società dà anche delle risposte che possono essere formali o informali, ed è molto importante fare questa differenza, perché è una cosa che avviene costantemente, anche nell'arco di un singolo giorno. Un esempio di sanzione positiva
informale è il complimento, che anche formalizzarsi, come ricevere un buon voto ad un esame o una promozione per un impiegato. È positivo perché c'è il riconoscimento da parte di un'agenzia che certifica l'azione. Un esempio di sanzione negativa informale è la punizione dei genitori, mentre quella formale può essere una multa. Tutta la nostra vita è un continuo oscillare tra rispetto, conformità alle norme e allontanamento da queste. C'è anche la dimensione culturale. Quando parliamo di devianza bisogna sapere che ogni società ha delle norme di riferimento che possono essere diverse da quelle di un'altra. Seconda della cultura in cui cresciamo, svilupperemo una certa concezione di devianza che sarà diversa di quello di un altro paese. L'uso di sostanze stupefacenti è accettato in alcune società e in altre no ad esempio. I devianti di oggi sono dei grandi innovatori, non pern possiamo permetterci di vivere in una società senza alcuna forma di conformità. La conformità è necessaria per mantenere l'ordine sociale e per garantire il rispetto delle regole e delle norme. Tuttavia, è importante trovare un equilibrio tra la conformità e l'individualità, in modo da permettere a ciascun individuo di esprimere la propria unicità e di contribuire alla società in modo significativo.