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SCHUMPETER:

studio dei fattori non economici dello sviluppo. Nella Teoria dello sviluppo economico descrive il flusso

circolare della vita economica: una situazione caratterizzata da un equilibrio di mercato che determina la

quantità e il prezzo delle merci prodotte sulla base di routine e di tipo consuetudini consolidate. I fenomeni

di crescita che vi si riscontrano sono di tipo continuo, marginali e incrementali, e avvengono senza

modificare in maniera sostanziale il quadro delle condizioni date. Questa teoria statica non coglie i

fenomeni di sviluppo. L’analisi economica tradizionale non riesce a dar conto dei mutamenti radicali che

sono alla base dei processi di sviluppo e degli andamenti ciclici dell’economia capitalistica. Affinché questi

fenomeni si realizzino ci vogliono delle innovazioni nei modi di combinare materiali e forze produttiva,

devono essere introdotte delle nuove combinazioni di mezzi di produzione. Queste innovazioni possono

comportare la produzione di un nuovo bene, non famigliare ai consumatori, un nuovo metodo di produzione

o di commercializzazione, l’apertura di nuovi mercati, l’acquisizione di nuove fonti di approvvigionamento di

materie prime e di semilavorati. La riorganizzazione di un’industria, come la creazione o distruzione di un

monopolio. Sono gli imprenditori a realizzare queste innovazioni. S legge l’innovazione come fenomeno

sociale che modella lo sviluppo economico, non considera i cambiamenti negli stati di equilibrio come

dovuti a fattori esogeni all’economia. Il capitalismo ha un carattere dinamico che va spiegato con fattori

endogeni: le novità economiche che vengono introdotte da uomini nuovi mediante imprese nuove.

Dinamismo che non si basa su una concorrenza di prezzo tra le imprese, ma su una competizione di tipo

tecnologico e organizzativo, cioè sul fare cose in maniera diversa nel regno della vita economica. Lo

sviluppo avviene mediante un cambiamento industriale che rivoluziona incessantemente la struttura

economica dall’interno, distruggendo incessantemente quella vecchia e creando quella nuova. È questo

processo di distruzione creatrice che caratterizza in maniera specifica il capitalismo.

Le innovazione che hanno successo assicurano agli imprenditori un profitto economico che però è di natura

transitoria, poiché le novità vengono presto imitate dalle imprese concorrenti. Innovazioni: non si

presentano ovunque nell’economia ma si concentrano in particolari settori, tendono ad apparire a grappoli,

alimentando innovazioni collegate tra loro, hanno carattere ciclico, sono per lo più legate alla nascita di

nuove imprese. S opera una netta distinzione tra gli imprenditori-innovativi e coloro che nella gestione delle

imprese svolgono unicamente dei compiti amministrativi e direzionali, sfruttando le conoscenze già

acquisite e la routine consolidata. Gli imprenditori non sono neppure i proprietari dei mezzi di produzione o

del capitale finanziario. Per assicurare loro le risorse necessarie è cruciale l’azione del sistema creditizio

che crea un potere d’acquisto aggiuntivo destinato a finanziare le innovazioni. Gli imprenditori sono anche

diverse dagli inventori, poiché la loro funzione non è tanto quella di scoprire cose nuove ma di introdurre

novità nella sfera economica, piegando le molte resistenze di natura psicologica e sociale che esse

suscitano. È necessaria personalità dotata di energia determinazione e intuito, capacità di guidare gli altri

creando consenso intorno. All’imprenditore mancano le informazioni necessarie per applicare una

valutazione razionale dei costi e dei benefici del proprio comportamento, poiché si allontana dalla routine

consolidata. Le motivazioni che lo spingono ad agire non sono ne di tipo razionale ne edonistico. Negli studi

si S vi è attenzione per il quadro storico all’interno del quale questa figura si afferma. Il contesto

socioistituzionale e gli attori sono posti in una relazione di reciproca interdipendenza. Lo sviluppo cambia il

quadro istituzionale su cui si basa il capitalismo modificando le logiche stesse della competizione e

dell’innovazione. Distingue quindi il capitalismo concorrenziale al capitalismo trustificato. Nel primo modello

le innovazioni vengono introdotte da imprenditori individuali: nuovi uomini che si pongono a capo di nuove

imprese. Il tipico imprenditore industriale dell’800 era un uomo cui era proprietario. Nel secondo modello

l’innovazione è frutto dei laboratori delle grandi aziende oligopolistiche che, dominano il capitalismo a

partire dal 900. La competizione diviene più ristretta: si svolge tra poche imprese giganti, in cui la proprietà

si separa dalla gestione e la funzione imprenditoriale perde i tratti personale della fase precedente. Gli

imprenditori non costituiscono una classe sociale specifica e non vanno perciò confusi con la borghesia, da

cui provengono necessariamente. Esiste un rapporto stretto tra la borghesia e la funzione imprenditoriale,

poiché essa tende ad assorbire gli imprenditori e le loro famiglie nei propri ranghi, traendone nuova forza. Il

ruolo innovativo e il dinamismo economico assicurato dall’imprenditore conferiscono alla borghesia il

prestigio e la legittimazione sociale che è fondamento della loro posizione di classe. Le cause che

conducono alla crisi del capitalismo e della sua classe dominante: S individua alcune contraddizioni

socioculturali che possono condurre alla crisi del capitalismo poiché il suo stesso successo mina alla base

gli istituti sociali che lo proteggono. Economicamente il capitalismo è ancora in grado di assicurare un

benessere crescente. L’innovazione viene routinizzata, assicurata da team di specialisti che lavorano come

dipendenti. Il processo economico tende a spersonalizzarsi e ad automatizzarsi. Questa burocratizzazione

dell’innovazione, però non toglie spazio alla figura dell’imprenditore: si riducono i margini per una

leadership individuale basata sulla forza di volontà, intuito e responsabilità personale. La classe dominante

viene a perdere la sua legittimazione sociale, che era legata all’esercizio di questa funzione sociale.

MODELLI DI CAPITALISMO:

La political economy analizza i rapporti di reciproca influenza tra fenomeni economici, sociali e politici e i

loro modi di regolazione in differenti contesti istituzionali. Lo studio delle diverse forme istituzionali delle

economie avanzate, il dibattito sulla varietà dei capitalismi. L’esistenza di diversi modelli di capitalismo che

si differenziano tra loro nel modo in cui regolano tutta una serie di attività economicamente rilevanti. Queste

differenze dipendono dagli assetti istituzionali, politici e sociali che storicamente si sono formati nei vari

paesi e che ne condizionano le prestazioni economiche a livello nazionale, regionale e settoriale. La

letteratura ha elaborato due modelli idealitipici di capitalismo contemporaneo: il modello anglosassone con

economie di mercato liberali, il modello renano le economie di mercato coordinate. Il primo tipo si

caratterizza per il maggior spazio accordato al mercato nella regolazione dell’economia. Nel secondo

l’azione congiunta delle istituzioni politiche ed economiche e delle organizzazioni degli interessi tende a

limitare i meccanismi di mercato e a disegnare sistemi di protezione sociale più estesi e inclusivi. Le diverse

prestazioni economiche offerte da questi modelli. Negli anni ’80 si sottolineava il vantaggio del modello

renano nel favorire la stabilità occupazionale e il dinamismo delle imprese. Nel decennio successivo, il forte

risveglio delle economie anglosassoni ha fatto rivalutare alcuni punti di forza. in un conteso di

cambiamento tecnologico e di crescita ella competizione internazionale, la maggior flessibilità delle

economie liberali ha consentito migliore performance occupazionale e elevata specializzazione nei settori

più dinamici all’alta tecnologia. Il nesso che viene stabilito tra i due modelli di capitalismo e i relativi regimi

di innovazione: HALL E SOSKICE vantaggi istituzionali che orientano in direzioni diverse gli sforzi

innovativi delle imprese. I 2 autori propongono una concezione relazionale delle aziende che vengono

concepite come attori che devono sviluppare le loro capacità dinamiche e innovative per competere

efficacemente sul mercato. Ciò dipende dalla qualità delle relazioni che esse stabiliscono al proprio interno

con i dipendenti e all’esterno con pluralità di attori. Queste decisioni servono a risolvere problemi di

coordinamento di attività cruciali per la competitività delle imprese: 1. La sfera delle relazioni industriali

questioni retribuzioni e produttività del lavoro. 2. Sfera dell’istruzione e formazione professionale, per avere

un capitale umano dotato di competenze professionali. 3. la sfera delle governance aziendale e

dell’accesso ai finanziamenti per l’innovazione. 4. La sfera delle relazioni esterne con altre imprese. 5. La

sfera di relazioni interne per assicurarsi la cooperazione dei dipendenti al raggiungimento degli obiettivi

aziendali. Per risolvere questi problemi di coordinamento le imprese graviteranno verso il modo di

coordinamento per il quale c’è un sostegno istituzionale. Rinforzare il rendimento delle istituzioni e

promuovere un certo tipo di azioni. Le imprese delle economie liberali faranno ricorso alla gerarchia interna

e alla competizione di mercato, nelle economie coordinare a relazioni non di mercato ma a forme

d’interazione con gli altri attori più collaborative. Gli incentivi forniti dalla cornice istituzionale e a innovare in

un certo modo. Le economie coordinate agevolano innovazioni graduali, piccoli miglioramenti ai prodotti, ai

processi produttivi esistenti. Il capitalismo renano sorregge un regime di innovazione incrementale. Le

economie coordinare possiedono un sistema di finanziamento basato sulle banche, su capitale paziente,

relazioni industriali che orienta alla collaborazione e alla moderazione salariale. Una forza lavoro ben

formata e dotata di grazie occupazionali. Relazioni stabili e cooperative. strategia manageriale orientata a

lungo termine. le economie liberali sono per un capitale poco paziente e per relazioni di mercato che non

garantiscono stabilità contrattuale e occupazionale. Accorcia perciò gli orizzonti temporali del management,

ma garantisce anche flessibilità, agilità e propensione al rischio che possono risultare utili per progetti

caratterizzati da elevata incertezza. Il regime di innovazione radicale e la specializzazione in settori a rapido

mutamento tecnologico (Germania e Stati Uniti) le dinamiche innovative varino da settore a settore a causa

delle differenti opportunità di innovazione e di cumulazione delle conoscenze nei loro regimi tecnologici.

l’aspetto istituzionale ha giocato un ruolo nella scelta delle loro specializzazioni. L’ana

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
11 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher micolb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Ramella Silvia.