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CROZIER POTERE E STRATEGIE DEI SOGGETTI

Michel Crozier (1922 - vivente), francese, fondatore nel suo paese della fiorente scuola di studi organizzativi e ha contribuito alla riforma dell'apparato amministrativo francese. Per Crozier l'uomo non è soltanto un braccio e non è soltanto un cuore, l'uomo è una mente, un progetto, una libertà. Sostiene che per capire il funzionamento di un'organizzazione, non basta l'approccio della scuola classica (dipendenti come semplici esecutori di comandi gerarchici) e non bastano le Relazioni Umane (limitano a sottolineare la psicologia e la sensibilità delle persone, il cuore). Bisogna tener presente la mente delle persone, riconoscere la loro capacità di pensare, progettare, sostiene che i soggetti sono capaci di sviluppare delle strategie all'interno dell'organizzazione, negoziano la loro partecipazione cercano di tutelare i propri interessi. Per Crozier,larazionalità non appartiene solo alle organizzazioni perché anche i soggetti hanno delle proprie razionalità private che non solo coincidono con quella dell'organizzazione ma che possono anche portare a condotte non previste dall'organizzazione stessa. Per Crozier il potere è la capacità di controllare i margini di incertezza presenti nei rapporti con altri soggetti. Nella realtà ci sono sempre situazioni imprevedibili e non è possibile ricondurre i soggetti a comportamenti pre-determinati come se si trattasse di api di un alveare. Per Crozier, inoltre, le radici del potere si trovano in rapporti squilibrati di prevedibilità tra due o più soggetti, in tutte le situazioni dove un soggetto prevede le mosse altrui e nasconde le proprie si può dire che egli si trova in un rapporto di potere favorevole rispetto agli altri interlocutori. Da tale definizione di potere deriva che il potere è cosa

diversa dall'autorità formale che si connette al grado gerarchico ricoperto in un'organizzazione; non vi è necessariamente corrispondenza tra grado gerarchico e sfera di potere, se un inferiore gerarchico riesce a conservare dei margini di imprevedibilità nel modo in cui compie il suo lavoro, per Crozier proprio su quei margini gli esercita un potere che sfugge al controllo del suo superiore. Chi detiene un margine di incertezza nel suo comportamento agisce per conservarlo mentre coloro che lo subiscono tentano di eliminarlo o ridurlo il più possibile. Il risultato sistemico complessivo di tali strategie possono essere circoli viziosi.

2.13 I CIRCOLI VIZIOSI DELLA BUROCRAZIA E LE INDICAZIONI PER IL SUO CAMBIAMENTO.

Crozier ottenne fama internazionale con il libro "Il fenomeno burocratico" (1963) sulla ricerca sul funzionamento di due amministrazioni statali, un'Istituto contabile presso il Ministero delle Finanze e il Monopolio dei Tabacchi.

Le due amministrazioni erano:
  1. acefale, le decisioni fondamentali dipendevano da un potere politico esterno.
  2. la dirigenza era nominata dal potere politico con criteri esclusivamente legali e burocratici.
  3. struttura centralizzata piramidale e gerarchica.
  4. tutto il funzionamento si ispirava a regole rigide precise, impersonali, a cui la dirigenza era tenuta ad uniformarsi senza libertà interpretative e senza iniziative autonome.
  5. le retribuzioni e l'assegnazione dei compiti erano regolate secondo il criterio di anzianità e l'impiego era garantito a vita.

Crozier ci offre una burocrazia lenta, pesante, poco efficiente, incapace di innovazione, la sua ricerca è empirica, il fattore di scarsa efficienza è da ricercare nel fatto che le burocrazie da lui studiate non operavano in condizioni di mercato, non si ispiravano a criteri di profitto, non dovevano competere con la concorrenza, non sentivano il bisogno di rinnovarsi. Crozier studia i rapporti

sociali all'interno di quelle organizzazioni, e trova un microcosmo bloccato, stratificato, senza conflitti espliciti, con poche occasioni di comunicazione e di contatto sociale, i dipendenti svolgevano il lavoro strettamente previsto dal regolamento, i vari strati gerarchici tendevano ad isolarsi, rapporti formali e di cortesia, i contrasti aperti erano evitati. I dipendenti lavoravano in modo disciplinato e uniforme, ma l'insoddisfazione per una vita monotona, creava frustrazioni nei dirigenti per mancanza di responsabilità e riconoscimento che trovavano una rivalsa nella sicurezza dell'impiego. In tutti i gradi gerarchici si avvertiva la profonda insofferenza per le situazioni di dipendenza diretta fra i rapporti faccia a faccia tra superiori e inferiori. Nonostante il diffuso individualismo esistevano meccanismi di difesa collettiva che sfociava in un atteggiamento soddisfatto e aggressivo, fatto di ostilità verso le nuove tecnologie e appello ideologico.

All'unità di classe di manutenzione per mantenere le cose come stavano, gli operai di manutenzione traevano il loro margine di potere dalle conoscenze tecniche e dall'imprevedibilità dei guasti che dovevano riparare. I quadri intermedi erano la componente più frustrata, semplici guardiani di norme, privi di discrezionalità nel disporre dei propri dipendenti privi di competenze tecniche, reagivano costruendo nicchie di piccoli favori per i loro dipendenti. Anche la direzione svolgeva un ruolo di basso profilo, gli obiettivi generali erano prefissati dal potere politico esterno, i metodi e processi di produzione erano stabili. Tutto converge nel direttore che detiene il potere legittimo, sola persona che abbia conservato nella fabbrica il diritto formale di prendere decisioni, seppur decisioni impersonali, non può manipolare i suoi subordinati e influenzare il loro comportamento usando il potere di accordare ricompense perché privo di tale potere.

Il fatto di essere acefale rendeva tali burocrazie prive degli strumenti finanziari, politici, tecnici per decidere qualsiasi innovazione, anche la cultura aziendale era ostile ai cambiamenti. La dirigenza interna si limitava a redigere per l'autorità giuridica per l'autorità politica dei rapporti in cui si segnalavano le insoddisfazioni interne. Crozier conclude che il fenomeno burocratico rispecchiava lo stato della burocrazia francese degli anni 50 e 60. 2.14 SOGGETTI, POTERE, STRUTTURE: ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Crozier e Roy studiano realtà antitetiche, Roy esplora l'industria privata, Crozier due burocrazie statali. Il rapporto tra Roy e Crozier, si presta alla considerazione che entrambi pongono come oggetto centrale della loro analisi i comportamenti dei soggetti in rapporto alle strutture e ai vincoli organizzativi in cui si trovano ad agire. CAPITOLO 3 L'APPROCCIO ISTITUZIONALISTA: MUTAMENTO SOCIALE, POTERE, AMBIENTE. 3.1 CARATTERI

GENERALI DELL'ISTITUZIONALISMO

Barnard: mette a fuoco i moventi che inducono gli individui a cooperare per raggiungere gli scopi dell'organizzazione.

Simon: gli interessi e le convinzioni dei soggetti limitano la razionalità delle organizzazioni.

Roy: analisi empirica profondità dei conflitti in seno a un'organizzazione.

Crozier: riconosce ai soggetti la capacità di sviluppare delle strategie ispirate a una razionalità diversa da quella organizzativa, e in tale capacità risiede la fonte imprevista di potere informale che lui definisce come controllo dei margini di incertezza presenti nelle condotte organizzative, e la possibilità che le organizzazioni si avvitino in circoli viziosi che provocano scarsa efficienza.

L'approccio istituzionalista va oltre il rapporto soggetti-organizzazioni perché sottolinea l'importanza delle grandi istituzioni nel condizionare i comportamenti umani. Tale scuola di pensiero, presente nelle

scienze economiche, politiche e sociali, rifiuta di vedere la società come un aggregato di individui orientati a massimizzare le proprie utilità secondo criteri di razionalità sia pur limitata e pone in primo piano i condizionamenti di carattere materiale e simbolico che istituzioni storiche (stato, chiesa etc) esercitano sugli orientamenti e sui comportamenti umani. L'istituzionalismo si differenzia da: 1. correnti razionaliste che spiegano i comportamenti umani in base a principi universali astratti della natura umana. 2. visione riduttiva dell'ambiente come insieme di fattori produttivi dotati di maggiore o minore turbolenza. Per l'istituzionalismo sono le istituzioni a plasmare la mappa mentale degli individui nei loro aspetti cognitivi e normativi, a suggerire sia i modi di agire che di conoscere, interpretare il mondo. L'istituzionalismo, ha avuto un particolare sviluppo nello studio delle organizzazioni, ha avuto due fasi, una tra gli anni

'40 e '60 el'altra dagli anni '70 ad oggi. Tratto comune tra le due è quello di spiegare sia l'ordine che i mutamenti nelle organizzazioni rialendo al più ampio quadro istituzionale inteso come ambiente sociale e culturale.

3.2 PHILIP SELNICK: UN APPROCCIO FUNZIONALISTA E PESSIMISTA.

Philip Selznick (1919 - vivente), padre fondatore della prima fase dell'istituzionalismo, il suo pensiero si qualifica in tre aspetti:

  1. il funzionalismo. in base al quale le istituzioni sono concepite come sistemi sociali che per sopravvivere devono soddisfare alcuni bisogni fondamentali.
  2. l'enfasi sulle influenze che centri di potere esterno percepiti come istituzioni esercitano sulle organizzazioni.
  3. il pessimismo dell'analisi che concepisce il mutamento come risultato di logiche degenerative presenti nelle organizzazioni, che accettando compromessi esterni si allontanano dai loro scopi originari.

Selznick riceve l'influenza di Roberto Michels

ruoli e di definire in modo chiaro le responsabilità e le procedure da seguire. Tuttavia, Selznick sostiene che le organizzazioni formali sono soggette a un processo di degenerazione, in cui i meccanismi impersonali e la difesa del partito prendono il sopravvento sugli obiettivi per cui l'organizzazione è stata creata. Selznick identifica i centri di potere esterno come la causa principale di questo processo degenerativo. Questi centri di potere possono essere politici, economici o sociali e cercano di influenzare l'organizzazione per i propri interessi. Inoltre, Selznick sottolinea che il processo degenerativo non è causato solo dalle azioni dei centri di potere esterno, ma anche dalle strategie degli individui all'interno dell'organizzazione. L'autore si concentra sullo studio delle organizzazioni pubbliche o semipubbliche, che hanno l'obbligo statutario di perseguire determinati obiettivi di interesse generale. Tuttavia, queste organizzazioni spesso si allontanano da questi obiettivi e si concentrano sulla difesa del partito o sulla protezione dei propri interessi. Selznick conclude che il processo degenerativo è un fenomeno comune nelle organizzazioni formali e che può portare a una perdita di efficienza e di efficacia nell'attuazione degli obiettivi per cui l'organizzazione è stata creata. Per contrastare questo processo, Selznick suggerisce l'importanza di una leadership forte e di una cultura organizzativa che promuova l'orientamento verso gli obiettivi e l'etica professionale.

Vari ruoli senza che l'organizzazione entri in crisi. Trascura il fatto che l'organizzazione formale è solo un aspetto di una struttura sociale concreta, formata da soggetti che agiscono come esseri umani totali, dunque gli aspetti formali e informali non sono considerati.

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
37 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiakka87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'organizzazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Pichierri Angelo.