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VICO, OVVERO LA RIMOZIONE DELLA GUERRA COME SPIADELL'INTERPRETAZUONE
Dopo aver delucidato il gioco dei palinsesti limone individua come paradigma indiziario della problematicità del rapporto grozio-vico la collocazione sul medesimo piano del diritto naturale, sia della pace che della guerra. La guerra non sospende del tutto la natura umana, non diversamente da una malattia che non sospende la vita, ma è uno dei modi, quello patologico, di proseguire la vita. La guerra è il luogo comune dei belligeranti i quali hanno in comune il non avere più pace, la pace della naturalezza ordinata del diritto pacificatore. Esse divengono reciprocamente ratio cognoscendi e ratio essendi l'una dell'altra. Contestualmente emerge come luogo comune ad entrambe, il limite, il confine, la soglia del diritto naturale (crista). Insieme a tale limite, luogo comune è pur sempre la natura, che per grozio è ciò che è comune, in particolare sotto la specie della sociositas: il
comuneoggettivo come costume, il comune soggettivo come ragione, il comune intersoggettivo come linguaggio e il comune valoriale come giustizia. Limone parte dalla DIGNITA 14 (testo che fa parte della scienza nova), in cui Vico scrive che le cose fuori del loro stato naturale né vi si adagiano né vi durano. La natura dunque, non è un puro essere statico, bensì il luogo di un oscillare dinamico, interno ad un nucleo essenziale o interno ad un campo di forze, essa è cioè un limite o una delimitazione. Le è connaturale l'idea del confine che può essere oltrepassato ma non deve essere attraversato. Come soglia, come delimitazione, tale natura non è che il diritto naturale. L'intuizione di Vico è che questa natura può essere negata e violata, ma nel senso che essa è proprio ciò che negato necessariamente emerge, riappare. In Vico la storia, ingrozio la guerra dunque sono componibili con il diritto naturale ovvero con una natura.in cui emerge e può emergere un diritto. Una natura dunque che individua la soglia oltre la quale si esce dall'umano. Così essa svela per grazio il luogo comune del comune sentire, ovvero la rotta e per vico il luogo comune del personale sentire, ovvero il pudore.LA FALLACIA NATURALISTICA
L'argomento della fallacia naturalistica (leggendo l'essere scopro il dover essere), ha acquisito una potenza intimidatoria che va pensata e che pesa sulla ricostruzione storiografica dei vari autori del giusnaturalismo moderno. Questa fallacia in realtà è l'altra faccia del principio di non contraddizione e il suo terreno di giurisdizione teorica è la logica. Il principio di non contraddizione vieta che lo stesso rispetto una cosa sia e non sia, non vieta che sotto due aspetti distinti una cosa sia due qualità diverse tra di loro che non possa dedursi il dover essere dall'essere. Non significa che non si possa riconoscere in un essere anche un dover essere.
sia nel senso della necessità naturale, sia nel senso del valore. Dall'essere non è logicamente deducibile il dover essere, ma è deducibile il poter dover essere, ma non implica nemmeno che essa debba dover essere.LA CATASTROFE E IL PUDORE
Per Vico la catastrofe è una struttura fondamentale così come lo è il tema del pudore. Parliamo di pudore come crinale, limite e misura di civiltà, è un sentimento di confini, la custodia di un limite. Il vissuto di una soglia che vale in due forme simmetriche e fondamentali: sia nella direzione della tua soglia da non varcare sia nella direzione della mia soglia da non far varcare. La soglia la cui complessa struttura in termini di diritti e doveri incrociati, individua la dignità, e soglia la cui persistente negazione segna la catastrofe di una civiltà. Il pudore non è solo un bisogno profondo, è anche un pensiero speculativo che con esso si confronti una sfida.
teoretica. Il p.Ha da fare certo con la qualità dell'uomo e con la sua resistenza ad essere ridotto ad un fantoccio ad una copia, esso va pensato non solo per istruire un pensiero adeguato alle diversità di ogni persona rispetto ad ogni altro e non solo per istruire una zona di rispetto da non invadere mai, ma anche per dar vita ad un atteggiamento specifico che prende in considerazione l'uomo non come mero oggetto ma come centro profondo di risorse e di atti. Il p. è segnale di una unicità, di una relazione, di una profondità e vari pensato non solo in termini di vigilanza e di soglia e di apertura di possibilità e di speranza. DIGNITÀ NOBERTO BOBBIO dice che oggi è l'età dei diritti, il che sta ad indicare una rotazione della prospettiva e ci si chiede che senso ha trasformare i doveri in diritti. Per la logica del diritto in quanto tale, trasformare un dovere in diritto non è eliminare il dovere dall'orizzonte.
del discorso ma è piuttosto spostare un tale dovere in altri centri di radicazione. Il punto da vagliare è se possono separarsi doveri e diritti dove gli uni e gli altri sono fondamentali, in realtà possiamo dire che un soggetto si riconosce doveri in quanto riconosce diritti e riconosce diritti in quanto riconosce doveri, sia sul piano intersoggettivo che intrasoggettivo. Anche i doveri verso se stessi sono un riconoscersi diritti, diritti a quel rispetto che chiamiamo dignità la quale si presenta sia come diritto sia come dovere. Dire che un uomo ha dignità può contenere sia l'uno sia l'altro significato, si tratta del dovere di rispetto e del diritto di rispetto che l'uomo ha verso se stesso e nei confronti degli altri. Della dignità potrebbe dirsi che essa è la condizione radicale della persona colta, nel suo diritto ai diritti, anzi nel suo diritto ai diritti e ai doveri. GIUSNATURALISMO E GIUSPERSONALISMO Il termineIl giusnaturalismo (dal latino ius = diritto e naturalis = natura) indica la dottrina filosofica che afferma l'esistenza di un diritto di natura, cioè di un insieme di norme o prescrizioni diverse da quelle poste dallo stato (diritto positivo). In tal senso, il giusnaturalismo si oppone al positivismo giuridico che ritiene che non esistano norme naturali valide di per sé (senza uno stato e un ordinamento giuridico che l'emani e le faccia rispettare) e superiori alle leggi positive. Il termine giusnaturalismo è equivoco perché può riferirsi, ove si accetti che una natura ci sia e che abbia un suo diritto, sia a un diritto strutturato nel cosmo sia a un diritto strutturato negli esseri animati, sia a un diritto strutturato negli esseri razionali. Anche il termine giuspositivismo si pone come equivoco perché può riferirsi, dove si accetti che un tale diritto positivo ci sia, sia al mero insieme di comandi del sovrano sia di un.
ordinamentonormativo ricostruito dala scienza giuridica. guardando al giuspositivismo se assumiamo come punto di riferimento Kelsen ci si chiede cos'è lo stato ed egli risponde che lo stato è il diritto in cui esso si esprime, è l'organizzazione della violenza. il giusp. È un giusnaturalismo della forza in quanto è effettiva, riflessa nelle forme di un ordine logico-linguistico-co-creativo e ricostruito dalla ragione della scienza nelle forme della modernità. Ma questo diritto pensato dai giuspostivisti oggi è messo in crisi da 2 processi diversi. da un lato il crescere dei fenomeni di globalizzazione che fanno decrescere la forza dello stato e dall'altro il crescere di una sensibilità culturale e teorica verso quei diritti che sono quei diritti più forti, a valenza costituzionale. La cultura dei diritti che oggi si impone come risposta alle sfide della globalizzazione è una cultura dei diritti.fondamentali, ossia di quei diritti che prevalgono sulle stesse leggi. Su questi diritti fondamentali oggi esistono molte carte internazionali che non riguardano solo il mondo occidentale ma anche quello islamico, orientale... Bobbio ha scritto che oggi non occorre più giustificare i diritti perché basta tutelarli, ma non è sempre possibile separare il giustificare e l'interpretare, il giustificare i diritti entra sempre nel modo di interpretarli né d'altro parte si possono leggere e studiare i diritti fondamentali in una carta senza interpretarli. Oggi bisogna non abbandonare la necessità della giustificazione, ma abbandonare la necessità giustificativa della mera ragione, assumendo come criterio strutturale la persona. E non va dimenticato che: - la ragione è universale, la persona è singolare - la ragione prescinde dal corpo, la persona no - la ragione non conosce narratività, la persona vi trova alimento essenziale. Sonomaturi, in pratica, i tempi per passare dal giusnaturalismo al giuspersonalismo esi tratta di un giuspers. consapevole che, sappia muovere da un ente empirico: l'uomo, guardando al quale sappia di dover compiere due passi fondamentali:
- assumere l'uomo singolare nella sua concretezza quotidiana, in quanto distinto da ogni altro, in quanto originale, nuovo;
- guardare a quest'uomo in quanto base concreta per enuclearne una considerazione universale.
La persona, l'uomo distinto da ogni altro, è un uomo concreto e la sua idea, un'idea radicata nel giudizio riflettente che da quell'uomo concreto distinto da ogni altro, muove e a quell'idea perviene, per approdare ad un nuovo modello aperto di universalità.
Ci si chiede come passare dall'uomo alla persona, ossia dall'essere umano generico all'essere umano individuale e diciamo che occorre realizzare la scommessa teorica implicata nel giudizio riflettente di Kant. Si tratta
Cioè di delineare una strada logica lungo la quale è possibile postulare e ricostruire la stessa idea di libertà a partire da ogni concreta libertà così come esercitata da ogni singolo uomo. La persona non può non essere il nostro nuovo orizzonte, basti pensare all'ordinamento italiano e all'affermarsi dell'idea della violenza carnale come offesa alla persona e non alla moralità.
DIRITTI UMANI
L'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (ONU) sostiene che "ognuno ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia". La stessa Costituzione italiana recita: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. La salute non è più solo un bene da difendere dalle ingiurie della vita, ma anche un bene da difendere rispetto.
alleingiurie delle istituzioni forti, in pratica oggi si pone anche come un