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Lezione 4: Il modello italiano di disoccupazione
La specificità del caso italiano dal confronto con gli altri paesi:
I paesi europei presentano tassi di disoccupazione totali? In realtà i livelli non sono diversi tra loro ma quello che cambia è come la disoccupazione si va a distribuire nella popolazione (maschi vs femmine, giovani vs vecchi e così via...)
Il tasso di disoccupazione va interpretato con attenzione, perché mostra anche la % di giovani che sono disoccupati (esempio su 10% disoccupazione giovanile, indica che 10 su 100 sono disoccupati), questo dato non è cambiato nel tempo, anche la percentuale dei giovani disoccupati sta sempre scendendo, cioè su 100 disoccupati solo 30 sono giovani e ora sta scendendo sempre di più.
Perché il peso dei giovani nei disoccupati cala? Perché sulla popolazione complessiva i giovani sono sempre meno, e quindi la quota di giovani diventa sempre più piccola e quindi diventa...
Anche meno dei disoccupati. Un'altra motivazione è l'istruzione, dal '77 ad oggi, sono aumentati i livelli di istruzione, che come sappiamo l'istruzione influenza molto infatti chi studia esce delle forze e quindi uscendo dalle forze lavoro, esco anche dal conteggio del tasso di disoccupazione. Quindi perché si invecchia e perché si studia più a lungo. Perché questi due dati non vanno assieme? Non entrano quelli che studiano e quindi il tasso complessivo può salire molto anche se la percentuale rimane costante, e anche perché siamo un paese vecchio.
Apogeo e declino della disoccupazione giovanile?
- Giovani si contano da 15 a 24 anni
- Con la crisi il più alto tasso di disoccupazione da 40 anni ma la percentuale in cerca di lavoro era più alta a metà anni '80 e la percentuale di giovani disoccupati sul totale dei disoccupati sempre più bassa.
Motivi: crescente frequenza della scuola superiore
lavoro tendono ad essere più istruite. Tuttavia, non possiamo parlare di disoccupazione intellettuale in generale, poiché ci sono molte altre variabili che influenzano la disoccupazione giovanile. Il divario di genere: La disoccupazione giovanile colpisce in modo diverso uomini e donne. Le donne hanno tassi di disoccupazione più alti rispetto agli uomini, soprattutto nel Sud Italia. Questo può essere attribuito allo scoraggiamento delle donne nel cercare lavoro e alla mancanza di opportunità lavorative nella regione. Le migrazioni interne: Le migrazioni interne hanno un impatto significativo sul tasso di disoccupazione nel Sud Italia. Molte persone, soprattutto giovani, si spostano verso il Nord in cerca di migliori opportunità di lavoro. Questo contribuisce alla riduzione del tasso di disoccupazione nel Sud, ma non risolve completamente il problema. La crisi economica: La crisi economica ha aggravato il divario territoriale e ha portato ad un aumento della disoccupazione giovanile. I tassi di disoccupazione sono cresciuti in tutto il paese, ma sono stati particolarmente alti nel Sud Italia. Inoltre, la mancata partecipazione al lavoro è più diffusa nel Sud, contribuendo ulteriormente al divario. In conclusione, la disoccupazione giovanile in Italia è influenzata da diversi fattori, tra cui il divario territoriale, il genere, le migrazioni interne e la crisi economica. Non possiamo parlare di disoccupazione intellettuale in generale, ma è importante affrontare questi problemi per creare opportunità di lavoro per i giovani.lavoro solo per lo più giovani e le nuove generazioni sono più istruite delle precedenti. Le implicazioni sociali sono importanti, la disoccupazione colpisce anche le classi più elevate, le famiglie delle classi non elevate, che hanno fatto studiare i figli anche per sfuggire ai rischi della disoccupazione, vedono deluse le loro aspirazioni. Comunque questo è un fenomeno transitorio perché i laureati prima o poi lo trovano, anche se diventa frustrante. Abbiamo disoccupazione intellettuale quando la più elevata scolarità è una difficoltà a trovare lavoro. Quindi per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i giovani occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà aggiuntiva nella ricerca di un lavoro, e quindi non basta che ci siano disoccupazione tra gente con titoli di studio. Ma perché può accadere? La disoccupazione intellettuale contrasta con le comuni
Ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel mercato del lavoro: I più istruiti dovrebbero correre meno rischi di rimanere disoccupati dei meno istruiti per due ragioni:
- Teoria del capitale umano: lo sviluppo economico richiede una maggiore istruzione e quindi le opportunità di impiego per i più istruiti non possono che aumentare.
- Spiazzamento: in mancanza di buone opportunità di lavoro, i più istruiti "spiazzano" i meno istruiti nelle attività lavorative di livello medio/basso. Quindi in teoria i più istruiti dovrebbero avere tassi di disoccupazione inferiori ai meno istruiti.
Ma in realtà esiste anche la disoccupazione intellettuale: i più istruiti rimangono in attesa di un buon posto di lavoro e quindi risultano disoccupati più spesso dei meno istruiti.
La disoccupazione intellettuale viene spiegata allora tramite:
- Un eccesso di persone istruite
- quando i giovani non rinunciano alle aspettative connesse all'elevata istruzione e restano in attesa del "posto buono". Quindi non faccio pressione per rimpiazzare i meno istruiti.
- l'attesa è possibile grazie al sostegno della famiglia. Questo sappiamo che in Italia è un enorme problema perché i giovani non escono più di casa.
- Per ragioni culturali (lavoro manualmente/intellettuali) e strutturali (scarsa mobilità di carriera e ogni occupazione sempre per sempre)
- non con la popolazione
- Ma con la domanda di lavoro articolata per livelli professionali, che in Italia è orientata verso i livelli bassi molto più che nei paesi dell'Europa centrosettentrionale.
- tra i 30 e 59 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è sempre minore di quello dei non istruiti
- il vantaggio comparativo degli istruiti in Italia è più elevato di quello degli adulti istruiti.
- la scuola dura più a lungo e poi il periodo di attesa della prima occupazione è lungo.
- In Italia vi è una tradizionale separatezza istituzionale tra
(più persone istruite che posti di lavoro altamente qualificati, che è il caso dell'Italia) e sia inoltre necessario che gli istruiti non spiazzino i meno istruiti (perché se in un paese non ci sono molte possibilità di un lavoro qualificato, quelli istruiti possono rubare il lavoro a quelli meno istruiti). Se così fosse la disoccupazione intellettuale non esistesse ma in realtà è perché gli istruiti non spiazzano i meno istruiti. Questo quando succede:
Le resistenze e rinuncia alle aspettative è forte quando: l'occupazione non adeguata al titolo di studio=
Non solo dequalificazione professionale ma anche declassamento sociale. Questa situazione è presente in particolare in Italia:
Per misurare la disoccupazione intellettuale: è difficile, perché?
Il tasso di disoccupazione giovanile 16-24 anni dice poco sulle differenze legate al titolo di studio perché confronta diplomanti che sono nel Mondo del Lavoro da più anni dei laureati, e anche meno anni di chi ha solo la licenza media.
Consideriamo che i giovani con la licenza media entrano nel Mercato del lavoro a 15 anni, i diplomanti a 19. I laureati a 24, e consideriamo le probabilità che siano disoccupati nei 5 anni successivi.
Per ovviare a questi problemi si confronta quindi il tasso di disoccupazione all'ingresso nel mercato del lavoro per i giovani a seconda del titolo di studio. Vediamo quando si
istruiti il titolo di studio vale di più
Questo paradosso si fonda su un equivoco, per giudicare la rarità/eccesso di istruiti, bisogna metterli in relazione:
Ma cosa accade agli istruiti in età adulta?
Una volta superato la fase di ingresso, l'istruzione più elevata costituisce un vantaggio:
Giovani con il lavoro e permanenza in famiglia:
Lunga attesa del posto:
scuola e mondo del lavoro:
- percentuale di studenti che combinano scuola e occupazione in Italia: 2% scuola secondaria (molto dipende da background famigliare) e 14% università (molto dipende dall'indirizzo di studio) più nel centro-nord che nel sud, ove maggiore è la concorrenza di chi ha finito gli studi.
I lavoretti e il lavoro "per la vita":
- il limbo dei lavoretti durante la lunga attesa della prima occupazione, sono meno diffusi in mezzogiorno data la scarsa possibilità di lavoro e al centro-nord vi sono maggiore lavoro e anche in regola.
- l'effetto di addestramento è un vantaggio solo per pochi aver fatto un lavoretto, in Italia si pensa che chi ha lavorato durante l'università ha studiato poco.
- l'inserimento in reti di relazioni sociali che aiutano ad accedere a occupazioni "per la vita" dipendono ovviamente da quale relazione esiste tra mercato del lavoro precario e stabile, nel senso che dipende
ovviamente che lavoretto stai