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Il panorama della migrazione in Italia
In definitiva, il panorama della migrazione in Italia ci indica una popolazione giovane e in età riproduttiva, una sostenuta presenza femminile, una buona presenza di nuovi nati e minori figli di immigrati, che ci fa pensare ad una popolazione immigrata stabile e/o tendente alla stabilità. Questo è un fattore importante che deve farci prendere seriamente in considerazione la presenza di queste persone in tutti gli ambiti della vita sociale (lavoro, scuola, salute, diritti, cittadinanza), le loro esigenze e le loro richieste nonché i cambiamenti che l'incontro tra popolazioni, culture, abitudini diverse apportano sia per le comunità migranti che per quelle ospitanti. 1.2 Le cause del fenomeno migratorio Le determinanti del fenomeno migratorio, come insieme di fattori che concorrono alla nascita del progetto di emigrazione, per i flussi femminili in particolare, si individuano tre ordini di fattori di attrazione e che spingono ulteriormente ad.emigrare:- Il lavoro domestico, le donne sono spinte ad emigrare verso paesi come l'Italia, che ha sviluppato una forte domanda di manodopera tipicamente femminile nel lavoro domestico e di assistenza agli anziani o ammalati e che, per il ritardo istituzionale nello sviluppo di una cultura e di una risposta strutturale alle esigenze degli stessi, ha visto alimentarsi le richieste del settore;
- Il ricongiungimento familiare, il ruolo della famiglia nei processi migratori ha una centralità strategica dapprima nel paese d'origine, sia sostenendo il progetto migratorio di uno dei suoi membri, sia garantendo la conservazione del patrimonio culturale e identitario; il nucleo familiare d'origine è anche beneficiario delle rimesse economiche e, in questa prospettiva, assume una funzione regolatrice della durata dell'emigrazione. Molti soggetti immigrati pur essendo coniugati, risiedono nel nostro paese da soli e quindi la prospettiva futura prevede un
Lavoro e l'immigrazione per lavoro delle donne
A proposito delle motivazioni della permanenza in Italia, secondo il Dossier Statistico Caritas del 2001, il 40% delle donne è in possesso di un titolo di soggiorno per motivi di lavoro (36,9% lavoro dipendente; 3,1% lavoro autonomo) e il 44% di un permesso per motivi familiari. È interessante rilevare che gli ingressi in questi casi hanno interessato soprattutto mariti e figli minori di donne che soggiornavano nel paese da anni, inserite nel lavoro domestico e nei servizi in genere.
Per quanto riguarda l'inserimento lavorativo delle donne immigrate, per decenni le donne immigrate hanno sempre pensato di poter accedere esclusivamente a occupazioni legate ai servizi alla persona che venivano svolte presso famiglie, come conviventi a tempo pieno, e i cui rapporti diretti erano regolati dal contratto nazionale del commercio, sia pure nella sua applicazione più riduttiva.
Lavorare fisso presso una famiglia comporta delle deprivazioni sostanziali.
perdita di spazio fisico, psicologico ed emotivo, limitazioni radicali della libertà personale; spesso si passa da un ruolo attivo, riconosciuto, propulsore nella propria famiglia, ad un ruolo di subordinazione che implica automaticamente la negazione di una parte di sé.
Diventa lavoro quello che a casa era parte dei "compiti" delle donne, come accudire gli anziani, e questo necessita, da una parte, un minimo di investimento non soltanto professionale, per svolgere in maniera retribuita un'attività che nella propria esperienza appartiene alla sfera affettiva. Le strategie sono varie: ci si affeziona alla persona in cura facendo finta magari di assistere un familiare o un parente stretto; si prova a fare il proprio lavoro in modo distaccato, oppure ci si colloca in una posizione di eterna transitorietà, assumendo il lavoro come un passaggio, una parentesi in prospettiva di qualcosa di migliore.
Nonostante alcune donne immigrate possiedano un titolo di scuola superiore,
la maggioranza di queste donne lavora come colf, o comunque in attività di servizio domestico di vario genere: pulizie familiari a ore, cooperativa di pulizie, di servizio alle persone, o collaboratrice domestica fissa. Anche quando è il ricongiungimento familiare a spingere all'emigrazione, il desiderio di entrare nel mercato del lavoro, trasforma rapidamente la migrazione familiare in migrazione di lavoro. Ma quali possibilità d'inserimento hanno le donne immigrate, sia rispetto agli immigrati maschi che rispetto alle donne autoctone? La popolazione immigrata in generale è concentrata più in alcuni settori occupazionali che in altri, ma i settori ad alta concentrazione di immigrati non coincidono necessariamente in tutti i paesi europei. Ovviamente, in tutti i paesi europei, la percentuale più bassa di stranieri è nell'amministrazione, un settore generalmente aperto soltanto ai nazionali. Gli immigrati si trovanopiù facilmente nella costruzione, nell’industria manifatturiera, nell’agricoltura, e, in generale, in lavori meno qualificati che quelli degli autoctoni.
Per quello che riguarda le donne, la loro posizione nel mercato del lavoro è generalmente peggiore che quella degli uomini: generalmente perché negli ultimi anni l’enorme precarietà delle condizioni lavorative degli immigrati, ha molto sfumato le differenze per genere rispetto ai processi di discriminazione, sfruttamento, esclusione.
Per quanto riguarda i livelli occupazionali tra le donne autoctone e le immigrate, la questione è controversa. Infatti il rapporto tra le donne autoctone e le immigrate sembra inferiore a quello tra gli autoctoni maschi e gli immigrati, a causa del generale svantaggio delle donne nel mercato del lavoro.
Come tendenza generale del mercato europeo, si corre il rischio di una polarizzazione tra persone altamente qualificate ed altre con competenze limitate o nulle:
questa polarizzazione è ancora più evidente per le donne; da un lato vi è un movimento delle donne europee verso professioni manageriali e altamente qualificate, dall'altro le donne immigrate sono confinate al fondo della scala economica. Il livello più basso dell'economia è rappresentato dall'economia informale, che significa lavoro precario. Alcune immigrate del Terzo Mondo acquisiscono uno status equiparabile all'"emancipazione", o almeno la possibilità di mantenersi in modo indipendente o di rendere migliore la vita materiale dei propri figli. Altre, meno fortunate, finiscono in mano a datori di lavoro criminali, che sequestrano loro il passaporto, le tengono segregate, le costringono a lavorare senza salario. Ma anche nei casi più normali, quando il datore fornendo prestazioni sessuali di lavoro si comporta correttamente e paga il salario dovuto nei tempi stabiliti, le immigrate ottengono la propria.Realizzazione materiale solo assumendo i ruoli domestici cui ormai le donne a medio e alto reddito autoctone hanno lasciato. I servizi che chiedono manodopera femminile immigrata sono di solito servizi a qualificazione scarsa o nulla e soprattutto il lavoro domestico, nel senso di servizi prestati a privati, ha tradizionalmente reclutato donne. E lavorando in Italia riescono a guadagnare 30-40 volte di più rispetto alla media del paese d'origine, garantendo una importante fonte di denaro per i loro parenti. Un'indagine realizzata nel 2000 dall'associazione Parsec per il Ministero per le pari Opportunità ha evidenziato che il 10% delle prostitute immigrate sono vittime del racket, costrette al mestiere sulla strada a seguito di minacce dirette anche ai parenti rimasti in patria. E come immigrate sono rese particolarmente vulnerabili dalla mancanza di familiarità con l'ambiente circostante, dalla loro condizione di lavoratrici senza documenti e dai
loro debiti con chi le ha aiutate a lasciare il paese d'origine. Secondo quanto stimato dalla ricerca, lo sfruttamento sessuale costituisce la terza voce di guadagno per la mafia a livello mondiale, dopo la droga e il traffico d'armi. Fonte Internet: http://www.dirittiumani.donne.aidos L'emigrazione per lavoro può, per questo motivo, essere completamente veicolata dalla famiglia d'origine che prende tutte le decisioni per l'emigrata. Gli emigranti diventano così il perno principale della strategia di sopravvivenza del nucleo parentale, eventualmente preparando il terreno per l'immigrazione di altri membri della famiglia. Si tratta del dovere morale di aiutare quei genitori e parenti che li hanno a loro volta mantenuti e allevati. Questo dovere si basa sulle regole di rispetto e cura per le generazioni anziane, che fondano l'impianto etnico. L'aumento della pressione che le donne esercitano sul