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FARSI VEDERE NEGLI SCHERMI
Gli esseri umani che vivono in una società tendono a voler farsi notare,
avere visibilità che molto spesso viene mediata attraverso gli
schermi —>lo schermo possiede una sua identità, stabilità e influenza
su quello che viene trasmesso (Medium è il messaggio). Lo schermo fa
da cornice a ciò che trasmette come le cornici dei quadri, modello
culturale dettato dalla storia dell’arte antica.
Lo schermo è un format stabile e conosciuto da tutti, ma allo stesso
tempo da l’idea di poterlo attraversare (sul piano metaforico) entrando
in relazione con la società e con gli altri.
Comunicare con uno schermo personale è diverso rispetto allo schermo
del cinema per esempio e li consideriamo come parte della nostra vita
privata. Naturalmente i social network incrementano la possibilità di
usare lo schermo per essere in connessone con gli altri—> aiutano ad
esprimere la propria identità, ad affermarsi socialmente ecc.
L’importanza dello schermo ci deriva da una serie di dati che ci fanno
vedere l’importanza che le persone attribuiscono agli schermi per la
costruzione della propria identità—> questo strumento è
fondamentalmente utilizzato per comunicare con altri e cerchiamo un
riscontro, ci interessa che il medium sia efficace—> un esempio di
questo è cambiare la propria immagine profilo: attenzione che le
persone hanno sulla propria identità: come ci mostriamo agli altri;
identità costruita la meglio—> si può parlare pertanto di
SELF-BRANDING: le persona gestiscono nel “mercato sociale” la propria
identità: aspetti in comune con la gestione aziendale del brand. Le
marche usano la quota di mercato per verificare il proprio successo,
mentre le persone usano la posto della quota il numero di amici,
follower, ecc.—> ci consentono di sapere se otteniamo riscontri.
Compiamo un’azione simile a quella delle marche, cerchiamo un
feedback per vedere se la nostra comunicazione ha successo. Abbiamo
necessità di verificare che la comunicazione funzioni—> questa è la
“Micro-fama” che si diffonde all’interno della rete: non avendo le
stesse possibilità del divo le persone cercano di ottenere fama online, si
cerca di ottenere il maggio numero di fans possibile. Fama del divo
mediatico è simile a quello del divo cinematografico: mantenere la
fama nel tempo rinnovandosi, introducendo nuovi contenuti ecc.—> ciò
porta ad un impoverimento delle dimensioni umane (intimità,
interiorità): si tendono a sviluppare di più le relazioni sociali a scapito
della propria interiorità. In passa totali dimensioni dovevano essere
individuali, il mondo interiore era separato dal mondo esterno, sociale
e l’interiorità veniva salvaguardata—> regole, barriere e convenzioni,
ma oggi tutto ciò va in crisi a causa dello schermo e alla necessità che
abbiamo di manifestarci in maniera vistosa agli altri.—> vogliamo
ottenere dei riscontri sociali: ricerca di attenzione.
L’intimità e l’interiorità vengono spesso perciò utilizzate anche per far
audience—>alcune persone cercano di colpire mettendosi a nudo.
La confessione digitale:
Modello presente in molte forme della comunicazione—>(Nello Barile)
relazione tra la confessione mediatica e quella religiosa, ma non solo i
media contemporanei usano il modello della confessione: riprende la
riflessione di Michel Foucault—> fu il primo a codificare il modello della
confessione attraverso lo studio delle forme di come si esprimevano le
persone. Foucault parlò anche delle tecnologie del sé: riflessione da
soli, silenziosamente, riflettere sulle azioni compiute, scriversi lettere
autocritiche—>tentativo di purificarsi da soli (autocritica, auto-esame).
Ci sono casi in cui lo si fa anche con gli altri: si chiede perdono o di
essere perdonati per qualche errore che abbiamo fatto.
Tutti tentativi di purificarsi da qualcosa che è stato fatto.
Nel mondo digitale di oggi tutto ciò viene amplificato—> ansia di
controllo che ci spinge a controllare la nostra vita e di pulire la relazione
che abbiamo con gli altri: ansia di controllare documentare registrare
ecc.—> Esigenza fondamentale che abbiamo, ma il fatto che l’uso dello
schermo ci metta in connessione con gli altri ci mette anche in
condizione di controllare gli altri.
Nasce l’esigenza di rompere le barriere tradizionali che dividono il
pubblico e il privato e quindi le persone utilizzano i media per poter
condividere proprie riflessioni, la propria interiorità.
La confessione è un rituale nel quale vi è un rapporto di potere
(Foucault)—>c’è uno che ha più potere dell’altro: non si confessa senza
la presenza di un interlocutore superiore da cui recarsi perché ci ascolti,
valuti la confessione, ci dia la penitenza e ci liberi dal peccato
commesso: meccanismo che prevede un potere superiore che può
purificarci attraverso una serie di passaggi per ottenere la liberazione.
Il potere sta dalla parte di chi ascolta: si ha paura di chi ascolta e
cerchiamo delle conferme di come la confessione sia stata valutata,
accettata ecc.—> attraverso lo schermo sviluppiamo attenzione
costante ma ci impone una maniera di comportarci poichè si cerca di
sottostare a ciò che si pensa essere la volontà altrui. Anche nel caso dei
media noi non ci relazioniamo direttamente e la mediazione ha un
ruolo e ci impedisce di avere un feedback immediato oppure si ha un
feedback mediato dallo strumento poichè non avendo la persona
davanti viene meno per dire il linguaggio del corpo—> se la
comunicazione è mediata si hanno ritardi, semplificazioni del messaggio
(si perde il tono di voce per esempio), cambia il senso del messaggio
poichè manca il contatto diretto—> con lo schermo aumenta la
difficoltà a capire il feedback e ciò ci da una sensazione di ansia che fa si
che le persone si pongano nella condizione della confessione.
I social ci impongono una relazione col prossimo e un confronto,
attraverso questo insieme di strumenti noi conosciamo gli altri e gli altri
conoscono noi: reciprocità. Questa reciprocità è enfatizzata da questi
strumenti, possiamo comunicare di più così come gli altri possono
interagire di più coi nostri contenuti.—> più possibilità, ma più problemi
legati al flusso più intenso di comunicazione. Auto-comunicazione di
massa: ognuno può usare diversi strumenti per comunicare con gli altri
e avere un audience elevata—> tutti cercano visibilità attraverso
schermi. Questa visibilità ci porta a tener conto del giudizio degli altri e
ci impongono a tenere comportamenti che indeboliscono la forza e la
sicurezza del soggetto poichè è sempre sottoposto la confronto con gli
altri e al loro giudizio.
-Quindi un modello basato sulla confessione come quello che i media ci
impongono riduce la capacità di controllo sul soggetto: si attende
sempre una risposta e si è attenti a questa risposta.
SIMMEL, HABENMARS, LIPPMANN E MEYORWITZ
Georg Simmel: concetto di metropoli come medium, sociologo tedesco
testi importanti:
1. “la filosofia del denaro”
2. “la moda”—> la moda ha le caratteristiche tipiche della metropoli: è
effimera, discontinua e variabile.
3. “la metropoli e la vita dello spirito”
Il denaro produce un cambiamento nella mentalità degli individui, la
facoltà di attribuire un valore ad un oggetto induce le persone (‘800) ad
avere una propensione al calcolo—> ogni bene ha in se un valore
numerico che l’abitante della metropoli deve sempre tenere in
considerazione, deve sempre valutare l’economicità delle proprie
azioni. —> oggi la figura di una persona che si basa sempre sul calcolo è
il cinico—> senza connotazione negativa, il cinismo è uno stile di vita
nella metropoli, è uno degli stili di vita più adatti nella metropoli. Al
contrario della vita di provincia l’individuo nella metropoli è
continuamente sottoposto a degli shock, la metropoli fornisce un
continuo cambiamento nello scenario, produce discontinuità nella vita
delle persone. La vita di provincia è un continuum, quella della
metropoli è discontinua. Il cinico muta spesso le proprie opinioni,
strategie. Persona sentimentale e abitudinaria è un “tipo” provinciale,
non cinico; invece colui che muta opinioni e abitudini è un “tipo”
metropolitano—> due mentalità determinate dagli ambienti in cui si
vive. Quando si vive nella metropoli non si è più emotivi, ma
intellettuali poiché viene sollecitato l’intelletto: comportamenti
razionali.—> tutto ciò porta a parlare dell’effimero —> nella metropoli
tutto (opinioni, piaceri, concentrazione) dura poco.—> grandi
narrazioni sostituite dalle piccole narrazioni.—> la vita è cambiata e si è
anche accelerata.
La centralità dell’altro è un altro aspetto della metropoli, si cerca
conferma del proprio comportamento nello sguardo delle altre
persone. L’altro non serve più per sopravvivere: divisione del lavoro—>
oggi viviamo in una cultura individualista: l’altro non è più
indispensabile, però rendiamo importante il pensiero che gli altri si
fanno di noi.—> l’altro è centrale per la costruzione della propria
identità.
Jurgen Habermas: L’opinione pubblica: studioso tedesco della scuola di
Francoforte—> assistente di Adorno.
Testi:
1. “storia e critica dell’opinione pubblica”—> intesa come pubblicità:
per Habermars è pubblico tutto ciò che ha rilevanza politica—> Deriva
questa sua concezione dall’antichità: antica Grecia, nella distinzione tra
res pubblica e ambiente domestico—> i greci consideravano vera “vita”
la vita pubblica, il dialogo—> così Habermas si concentra sul confronto,
sul dialogo.—> tra persone che si trovano allo stesso livello, dialogo tra
pari che consente però di selezionare l eccellenze: Habermas idealizza
questo genere di società—> dove nasce l’opinione pubblica—> nasce
nell’600/700/800 grazie ai giornali diffusi dai borghesi—> diffusione
dell’opinione pubblica.&mdash